sabato 25 dicembre 2010

BUON 2011.


AUGURI DI UN 2011 RIVOLUZIONARIO!
Italia-Cuba Senigallia.
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lunedì 20 dicembre 2010

Riflessioni di Fidel - 16 dicembre 2010.


Le menzogne di Clinton
(DA CUBADEBATE)
Realmente mi dispiace doverlo smentire. Oggi è ormai un uomo d’aspetto bonaccione dedicato al legato storico, come se la storia dell’impero e anche di qualcosa più importante: il destino dell’umanità fosse garantito, al di là di alcune decine di anni senza che in Corea, Iran o qualsiasi altro punto dil conflitti, scoppi una guerra nucleare.
Come si conosce, l’Organizzazione delle Nazioni Unite lo ha designato suo "inviato speciale" in Haiti.
Clinton ? Certo, è stato Presidente degli Stati Uniti dopo George H. W. Bush e prima di George W. Bush; per ridicole gelosie politiche impedì che l’ex presidente Carter partecipasse ai negoziati sulla migrazione con Cuba; ha promosso la Legge Helms-Burton e fu complice delle azioni della Fondazione Cubano-Americana contro la nostraPatria.
Su questa condotta esistono fin troppi testimoni, ma non per questo lo prendiamo troppo sul serio, nè eravamo ostili alle sue attività attorno alla missione che per ovvie ragioni gli ha assegnato la ONU.
Cooperiamo con questo paese da molti anni in vari campi, soprattutto nella formazione di medici e nella prestazione di servizi alla sua popolazione e Clinton non ci molestava per niente. Se gli interessava ottenere qualche successo, non vedevamo ragioni per ostacolare la nostra cooperazione in un terreno così sensibile come Haiti. È arrivato l’inaspettato terremoto che tanta morte e distruzione ha provocato, e poi l’epidemia.
Alcuni giorni fa, c’è stata una riunione realizzata nella capitale dominicana sulla ricostruzione di Haiti ha complicato le cose. Circa 80 persone, tra le quali vari ambasciatori rappresentanti dei donanti di più di 100 milioni di dollari, numerosi membri della Fondazione Clinton del governo degli Stati Uniti e di quello di Haiti vi hanno partecipato.
Poche persone hanno parlato, tra queste l’ambasciatore del Venezuela, perchè è uno dei donanti più importanti, che ha espresso brevemente chiare e sentite parole.
Quasi tutto il tempo lo ha utilizzato Clinton, in un incontro che è cominciato alle 17.30 ed è terminato a mezzanotte. Lì c’era, come invitato di pietra, l’ambasciatore di Cuba, su richiesta di Haiti e di Santo Domingo. Non gli si è concesso il diritto di dire una parola, ma solo l’essere testimone di un evento che non ha risolto assolutamente nulla.
Si supponeva che l’incontro sarebbe durato anche il giorno dopo. Ma niente di tutto questo è avvenuto.
La riunione in Repubblica Dominicana è stata una manovra d’inganno. L’indignazione degli haitiani era assolutamente giustificata. Il paese distrutto dal terremoto, avvenuto da quasi un anno, in realtà è stato abbandonato alla sua sorte.
Oggi, giovedì 16 dicembre, un dispaccio dell’agenzia nordamericana di notizie AP, ha pubblicato quanto segue:
"L’ex presidente Bill Clinton ha dichiarato la sua fiducia a proposito dello sforzo di ricostruzione di Haiti, durante una visita di un giorno, nel mezzo di disordini civili, un male endemico ed una crisi politica inestricabile”.
"L’inviato speciale della ONU ad Haiti è andato nell’afflitto paese il giorno dopo in cui la commissione di ricostruzione interina, di cui divide la presidenza, è stata obbligata a svolgere una riunione nella vicina Repubblica Dominicana per la violenza che è scoppiata dopo le disputate elezioni presidenziali del 28 novembre”.
"Clinton ha visitato una clinica specializzata per pazienti contagiati dal colera amministrata da "Medici senza Frontiere", dove sono state assistite 100.000 persone colpite dall’epidemia che è scoppiata in ottobre. Poi ha visitato la principale base di pacificazione della ONU, per sostenere riunioni con funzionari haitiani e internazionali.
Nella riunione del giorno precedente erano stati approvati progetti per 430 milioni di dollari. Ma la cosa più notevole sono state le espressioni d’indignazione per il lento rimo della ricostruzione e per una lettera invita da frustrati membri haitiani che affermano d’essere emarginati dalle decisioni e lamentano che i progetti approvati non contribuiscono alla ricostruzione di Haiti nè allo sviluppo a lungo tempo”.
Va osservato quello che Clinton, secondo il dispaccio, ha aggiunto poi in una conferenza stampa:
“Condivido la loro frustrazione”.
"... centinaia di migliaia di haitiani avranno una casa l’anno prossimo e molti altri smetteranno di vivere sotto le tende da campo in cui vivono circa un milione di persone dal terremoto del 12 gennaio”.
“Senza dubbio queste promesse erano state fatte prima [...] Sono stati consegnati solamente 897 milioni di dollari degli aiuti promessi dei più di 5.700 milioni de dollari per il 2010-11."
Gli 897 milioni di cui si parla non si vedono da nessuna parte.
Costituisce inoltre un’assoluta mancanza di rispetto alla verità affermare che in una clinica gestita da "Medici senza frontiere" sono state assistite 100.000 persone.
Una dichiarazione alla stampa della dottoressa Lea Guido, rappresentante della OPS-OMS ad Haiti, ha informato oggi che il numero dei contagiati sino all’11 dicembre era di 104.918 persone, una cifra realmente senza precedenti, che non potevano essere assistiti in una clinica di “Medici senza Frontiere”.
È evidente, e gli consta al signor Clinton, che Europa, Stati Uniti e Canada sottraggono medici, infermiere, terapisti per la riabilitazione ed altri tecnici della salute ai paesi dei Carabi, e mancano del personale necessario per compiere questi compiti, salvo onorevoli eccezioni.
Ovviamente, Clinton con le sue menzogne pretende d’ignorare il lavoro dei più di mille medici, infermiere e tecnici cubani e latinoamericani che stanno sopportando il peso principale della battaglia per eliminare l’epidemia, nell’unica forma possibile, che è penetrando sino ai più appartati angoli del paese. La metà dei quasi 10 milioni di abitanti vive nelle aree rurali.
Un così elevato numero di persone in queste condizioni non si poteva assistere senza l’appoggio dell’eminente latinoamericana che rappresenta la OPS-OMS in Cuba e ad Haiti.
Il nostro paese si è impegnato a mobilitare il personale umano necessario per compiere questo nobile compito.
Come lei ha indicato, le risorse umane che Cuba sta inviando, si stanno dirigendo in questi momenti nelle zone più isolate di questa nazione e questo è molto opportuno.
Stanno già arrivando e presto starà là il personale necessario.
Nel giorno di ieri la Brigata Medica Cubana ha assistito 931 pazienti, con due morti, per un tasso di mortalità, in questo giorno, dello 0,2%.

Fidel Castro Ruz
16 Dicembre del 2010
Ore 21.14
(Traduzione Gioia Minuti)
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lunedì 8 novembre 2010

Documento politico conclusivo del X° Congresso Nazionale dell’Associazione di Amicizia Italia-Cuba.


Valutato anche il contributo dei Circoli, il X Congresso dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba, riunito a Milano il 30-31 ottobre e 1° novembre 2010 approva i documenti congressuali e la relazione del presidente.
Il Congresso ritiene necessario contrastare la campagna denigratoria contro Cuba sulle vicende del cosiddetto “dissenso” e sui provvedimenti relativi al riassetto dell’economia cubana. Allo stesso tempo denuncia il silenzio sull’ennesima condanna del blocco e sull’illegale detenzione dei Cinque patrioti cubani, condannata il 27 maggio 2005 da una sentenza del Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulle Detenzioni Arbitrarie.
La Rivoluzione cubana è riuscita a costruire un avvenire per il proprio popolo e tuttora rappresenta un punto di riferimento per nuove forme di aggregazione e di integrazione tra i popoli latinoamericani – come l’ALBA – per i processi di emancipazione dei paesi del Terzo Mondo e per tutti coloro che nel mondo operano per una qualità della vita più equa e più a misura d’uomo.
L’Associazione si identifica nel pensiero di José Martí che “Patria è Umanità”, che ha accompagnato la solidarietà cubana verso i popoli del Terzo Mondo.

Dopo oltre 50 anni dalla sua vittoria la Rivoluzione cubana è ancora viva, presente e sempre meno isolata nella lotta per un mondo migliore anticapitalista e antimperialista.
Nel 2004 Cuba e Venezuela avevano dato vita all’ALBA (Alternativa Bolivariana per le Americhe), un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi dell’America Latina e i paesi caraibici, a cui con il passar del tempo si sono affiancate altre strutture organizzative. Dopo lunghe trattative è stata fondato il “Banco du Sur” con lo scopo di finanziare quei progetti congiunti di sviluppo tra diversi paesi dell’America Latina (Cuba, Bolivia, Venezuela, Ecuador e altri) che richiedono ingenti investimenti, primi fra tutti quelli relativi al mercato energetico e delle materie prime per una loro gestione pubblica e non legata alle varie multinazionali.
Il MERCOSUR, accordo di sostegno commerciale creato per ridurre gli squilibri tra i paesi dell’America latina e caraibica, è ormai una realtà con cui l’economia mondiale si deve confrontare.
Questo processo, che sta cercando di far avanzare un nuovo tipo di economia, è frutto di continui e ripetuti attacchi imperialisti.
Il colpo di Stato in Honduras – oltre a 7 basi statunitensi nel narco-Stato della Colombia, 9 basi a Panama, 2 nelle Antille Olandesi, Haiti occupata e trasformata in base militare a due passi da Cuba, operazioni di secessione innescate facendo leva su settori reazionari in Nicaragua, Ecuador, Paraguay, provocazioni contro il Venezuela con l’invasione del suo spazio aereo - è frutto della cospirazione imperialista per combattere e distruggere la costruzione di un modello di giustizia sociale, uguaglianza, salvaguardia dell’ambiente, sovranità nazionale, solidarietà tra i popoli che sta avvenendo nell’America Latina e tutto questo nel silenzio o nella demonizzazione dei media mondiali.
E’ un silenzio che abbiamo la responsabilità storica di rompere. L’avanzata dei popoli dell’America Latina è la garanzia di una possibile e indispensabile sconfitta del capitalismo, dei suoi genocidi ed ecocidi.
I media commerciali di tutto il mondo, europei e italiani compresi, si sono sistematicamente dedicati a demonizzare i Governi democratici di Cuba, Venezuela e Bolivia. Riguardo all’Ecuador i disinformatori sono al lavoro presentando il tentato golpe come un semplice conflitto sindacale sfuggito di mano.
L’America Latina è il continente del futuro perché è una regione unita. Il popolo di Cuba e Fidel sono la rivoluzione e il futuro dell’America Latina è integrazione, salute, educazione, giustizia, case, pace, democrazia. E’ socialismo, che Cuba difende e sviluppa.
Cuba è stata giudicata positivamente dall’UNESCO, dalla FAO, dall’UNICEF, dall’OMS e dall’UNISIDA per la sua politica su educazione, salute, rispetto per l’ambiente, ma tutto questo non appare nella stampa internazionale, priva di etica e pronta a pubblicare notizie false o parziali. La stessa stampa non scrive mai che Cuba è costretta a combattere una guerra non dichiarata da più di 50 anni, condotta dalla nazione più potente al mondo, ma nonostante questo Cuba è riuscita a costruire una propria economia, ha aiutato decine di nazioni bisognose, ha assistito migliaia di persone con le sue missioni internazionaliste, ha permesso a migliaia di ragazzi di famiglie povere, anche degli Stati Uniti, di studiare nelle sue università.
Cuba è dalle parte dei popoli che si vogliono riprendere la storia, che vogliono una vita più dignitosa e che stanno ridando un senso a valori che in Europa, in Italia e in tutto il mondo stanno scomparendo: uguaglianza e giustizia sociale.
Noi stiamo con Cuba e con la sua Rivoluzione.
L’Associazione promuove iniziative di solidarietà con i popoli in lotta per l’autodeterminazione e per il riconoscimento dei loro diritti.

Il Congresso chiede alla Unione Europea di eliminare la Posizione Comune in coerenza con il voto espresso all’ONU sul blocco.
Chiede al Governo italiano - a fronte dell’ennesima votazione da parte dell’ONU sul blocco economico, commerciale e finanziario a Cuba, con voto contrario solo da parte di Stati Uniti e Israele – la coerenza su questo suo voto, portando avanti in sedi nazionali ed europee atti e iniziative per il superamento di questa illegale misura.
Siamo contro le guerre e il terrorismo internazionale di Stato, condanniamo ogni atto di violenza e azioni terroristiche finalizzate al rovesciamento di governi democratici, condanniamo le ingiustizie e le diseguaglianze esistenti. Chiediamo la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite eliminando il diritto di veto, al fine di garantire la pari dignità tra i popoli e i governi. E’ indispensabile la soluzione politica, e non militare, dei contrasti tra le nazioni.
Auspica che il Governo italiano si faccia promotore della richiesta di estradizione in Italia del terrorista Luis Posada Carriles, reo confesso e responsabile degli attentati a Cuba nel 1997 contro strutture alberghiere, in cui è stato ucciso il nostro connazionale Fabio Di Celmo.
Nel rispetto della legalità internazionale chiediamo e lavoriamo per:
- rispetto alla sovranità e autodeterminazione di Cuba
- la fine del blocco economico, commerciale e finanziario
- liberazione dei Cinque patrioti detenuti illegalmente negli Stati Uniti
- la restituzione della Base di Guantánamo usurpata da oltre un secolo.

Riguardo all’attività della nostra Associazione dobbiamo recuperare e sviluppare i rapporti con la società reale. La visibilità della nostra Associazione è dovuta alle iniziative che promuove; pertanto è necessario costruire una rete di rapporti con associazioni, partiti, sindacati, istituzioni e mondo dell’informazione che ne favoriscano il riconoscimento quale soggetto che, operando nel campo della Promozione Sociale, è parte importante del tessuto democratico nazionale.
In base a quanto appena esposto, il Congresso assume l’impegno per un’adeguata presenza dell’Associazione all’iniziativa di “Genova 2011”, incaricando il nuovo Direttivo Nazionale sulle modalità di partecipazione e di organizzazione.

Per tutto questo occorre che i Coordinamenti Regionali riprendano il ruolo politico per cui sono stati costituiti:
- garantire l’integrazione fra i Circoli a livello regionale, nel rispetto degli obiettivi nazionali;
- supportare la nascita e lo sviluppo dei Circoli;
- curare politicamente i contatti con le istituzioni locali e regionali
- mantenere i rapporti politici con le province cubane gemellate
- promuovere iniziative politiche di solidarietà.
I Circoli sono l’elemento base dell’Associazione, per questo vanno sostenuti e motivati dal Coordinamento Regionale o dal Nazionale nelle regioni prive di Coordinamento, anche con corsi di formazione sulla conduzione amministrativa. In quest’ottica anche la nostra rivista El Moncada può riservare un maggior spazio alle loro attività.
Proponiamo, nell’arco di tempo tra due Congressi, la realizzazione di assemblee che coinvolgano tutti i Circoli, o almeno quelli di più regioni limitrofe, per lo scambio di informazioni ed esperienze.
Un compito dei Circoli deve essere anche quello di lavorare per avvicinare i giovani all’Associazione, promovendo ad esempio le brigate di lavoro, in modo che attraverso una conoscenza di Cuba diretta possano poi diventare nostri attivisti.
Dato che i punti deboli dell’Associazione sono la scarsa presenza al Sud e la scarsa presenza di giovani militanti, il Congresso invita i nuovi organismi dirigenti a creare gruppi di lavoro che si occupino di questi aspetti.
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giovedì 28 ottobre 2010

La solitudine del governo nordamericano e la vittoria di Cuba.


L’ONU ha ratificato oggi per la 19esima volta (!), il rifiuto mondiale all'embargo imposto dagli Stati Uniti contro Cuba da quasi mezzo secolo e l’isolamento di Washington nel mantenere questo assedio. La solitudine del governo nordamericano è stata messa in evidenza durante le votazioni – all’Assemblea Generale - della risoluzione chiamata “Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba”.
L’organo principale dell’ONU ha ripudiato la continuazione del blocco con 187 voti a favore, 2 contrari (USA e Israele) e 3 astensioni (Isole Marshall, Micronesia e Palau).
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mercoledì 27 ottobre 2010

Giovanni Ardizzone 22 anni, assassinato dalla polizia.


ll 27 ottobre 1962, nel periodo della Crisi dei Missili, durante una grande e pacifica manifestazione organizzata a Milano dalla CGIL a favore della pace nel mondo e contro un possibile attacco da parte degli Stati Uniti a Cuba con armi nucleari, una jeep della polizia uccise il giovane studente di medicina Giovanni Ardizzone.

L’assurda morte di questo ragazzo di 22 anni provocò uno sdegno immenso in tutta Italia e due giorni dopo, lunedì 29 ottobre, i lavoratori di tutte le fabbriche dell’area di Milano proclamarono uno sciopero generale in segno di protesta, raggiungendo in molti casi il 100% di astensioni dal lavoro.

Da quel giorno sono trascorsi 48 anni, ma crediamo che la memoria di questo avvenimento a difesa della pace nel mondo non debba andar persa.

Facciamo appello alla cittadinanza a partecipare a una semplice cerimonia di commemorazione mercoledì 27 ottobre - alle ore 18.00 nel luogo in cui cadde Giovanni Ardizzone, in Via Giuseppe Mengoni - angolo Via Carlo Cattaneo, dove sarà deposto un omaggio floreale.

Sempre mercoledì 27, alle ore 21.00, Giovanni Ardizzone verrà ricordato in un incontro presso la sala Buozzi della Camera del Lavoro Metropolitana di Milano – Corso Porta Vittoria, 43.

ANPI Milano
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
CGIL Milano
Coordinamento di Associazioni - Memoria Antifascista
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lunedì 11 ottobre 2010

GRACIAS POR LA SOLIDARIDAD!



Sabato 9 ottobre, subito dopo l’assemblea dei nostri iscritti, si è svolta una cena a sostegno della campagna per l’acquisto e l’invio a Cuba dell’Actinomicina-D (info: http://www.italia-cuba.it/).
La risposta a questa ennesima ingiusta privazione che l’embargo economico USA impone alla popolazione civile cubana non ha tardato a farsi sentire, infatti il Circolo ARCI Capanna di Senigallia che ha ospitato la cena era stracolmo di persone venute per offrire la loro solidarietà.
La serata si è svolta in un allegro clima di festa, accompagnata dai succulenti manicaretti di Franco e Maurizio.
Al termine della cena Peppe ha organizzato l’ormai tradizionale “riffa” il cui intero ricavato, come per la cena, è stato devoluto al nazionale per l’acquisto del farmaco (da un primo rapido conteggio invieremo una cifra vicina ai 500 €).
Vogliamo ringraziare tutti quelli che hanno partecipato all’iniziativa e quelli che, pur non potendo intervenire ci hanno comunicato il loro sostegno. E’ stata l’ennesima dimostrazione di quanto siano ancora sensibili e presenti tante persone delle nostre città e paesi.
Tra gli impegni presi dal neo-eletto direttivo, che ha riconfermato Albinella come segretaria, da segnalare la prosecuzione del progetto “reti informatiche” alla cui realizzazione il Circolo di Senigallia partecipa da diversi anni e soprattutto dare nuovo impulso all’attività politica per rompere il muro di gomma dell’informazione mainstream su Cuba.

Il direttivo del Circolo “Sado Sadovski” di Senigallia.
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giovedì 7 ottobre 2010


Il circolo “Sado Sadovski” di Senigallia dell’Associazione di amicizia Italia-Cuba aderisce alla giornata di lotta indetta dalla FIOM e sarà a Roma sabato 16 ottobre.

Il lavoro, come la sanità e l’istruzione, è un diritto e un “Bene Comune”. Oggi è specchio della crisi che abbraccia la sfera economica, la stessa democrazia e minaccia gravemente la pace. Difendere questi beni comuni vuol dire sottrarli dalla logica del mercato e dello sviluppo basato sulla crescita infinita che sta portando l’intero pianeta sull’orlo del collasso.
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domenica 3 ottobre 2010

Embargo ‘elettorale’ contro Cuba?



Il Presidente Obama ha deciso di continuare con il blocco economico, commerciale e finanziario contro Cuba fino al 14 settembre 2011.
L’embargo americano contro Cuba, che dura da quasi mezzo secolo, è che ha comportato secondo alcune stime attendibili danni per più di 100 miliardi di dollari, oltre che a danneggiare pesantemente lo sviluppo produttivo ed economico con ricadute pesantissime dal punto di vista sociale , nella vita di tutti i giorni si è tradotto nella mancanza di carta nelle scuole, di medicinali, materiale sanitario , apparecchiature mediche e petrolio attraverso il quale garantire una sufficiente produzione alimentare (es. latte, carne, cereali, ecc…).
Crediamo che valga la pena ricordare che, ogni anno a partire dal 1992, Assemblea generale delle Nazioni Unite ha condannato l’embargo contro Cuba in quanto violazione del diritto internazionale. L’ultima volta è accaduto il 28 ottobre 2009, con 187 voti favorevoli, 3 contrari (USA, Israele e Palau) e 2 astensioni (Micronesia e Isole Marshall).
Dato che Obama nel 2008 ha vinto in Florida, e persino a Miami, senza l’aiuto (come accadde per Bush jr., ma anche per Clinton), dei gruppi di destra della Fondazione cubano-americana di Miami, non è che poteva rompere questa continuità, in linea con la distensione e le aperture che vi sono state in questo periodo sia attraverso l’intervento diplomatico della Santa Sede e del Governo spagnolo?
Come ha scritto Gianni Minà, esprimendo la sua opinione su un’altro tema (“L’odissea dei cinque cubani che smascherarono il terrorismo Usa” ), che ha suscitato qualche dibattito: “Sarebbe semplice per lui (Obama, NdR) dimostrare che la politica estera del suo governo non è condizionata dai terroristi della Fondazione cubano-americana di Miami” (681 attentati , 3478 persone assassinate e 2000 feriti – solo negli ultimi anni).
Più che “uno sforzo per aiutare i cubani nel loro desiderio di determinare liberamente il futuro del loro Paese”, come spesso amano ricordare i funzionari USA interpellati sull’embargo, la decisione di Obama di proseguire con la politica estera dei suoi predecessori potrebbe sembrare il tentativo di recuperare i voti di cui in questo momento ha disperatamente bisogno in vista delle elezioni di Middle Term (novembre).
Se così fosse, per cinico calcolo elettorale, avrebbero buona luce tutti coloro che hanno criticato il Presidente americano per la sua ambiguità, dando una volta un colpo alla botte e una volta un colpo al cerchio. Linea che nel tempo ha comportato delle la defezione di molti che nel 2008 sperando in un maggiore cambiamento.
Sul tema rapporti con Cuba, un sondaggio della CNN/Opinion Reseach Corporation effettuato nell’aprile 2009 – durante i primi 100 giorni - evidenziava che il 64% degli americani considerava necessario togliere le limitazioni di viaggio verso Cuba, e il 71% era favorevole alla ripresa di rapporti diplomatici, con la consapevolezza probabilmente che nel frattempo 15 Paesi Americani avevano già provveduto a normalizzare le proprie relazioni con Cuba.
Vale anche la pena sottolineare che lo Stato caraibico è l’unico paese al mondo ancora soggetto alle sanzioni della Legge contro il Commercio con il Nemico, dopo che nel 2008 l’amministrazione di George W. Bush aveva optato per non rinnovare l’applicazione di tali misure alla Corea del Nord.

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venerdì 24 settembre 2010

Contra el bloqueo


Contribuiamo alla campagna promossa dal direttivo nazionale per l’acquisto e l’invio a Cuba dell’ Actinomicina D, farmaco indispensabile per il trattamento medico di gravi patologie. Pochi mesi fa infatti la ditta messicana che produce il farmaco è stata acquistata da una multinazionale nord-americana ed ora, il criminale blocco economico che gli Usa da quasi cinquant’anni impongono a Cuba, impedisce la vendita diretta dell’ Actinomicina D agli ospedali dell’isola (info: http://www.italia-cuba.it/).
Invitiamo quindi tutte le persone che amano Cuba e che trovano odiosa questa sanzione che vigliaccamente colpisce la parte più debole della popolazione civile a partecipare

Sabato 9 ottobre 2010 ore 20:30

c/o Circolo ARCI CAPANNA
in via G. Di Vittorio 4 – SENIGALLIA (tel. 071 7926579)

CENA con il seguente menù:
• Antipasto
• Bucatini all’amatriciana (al pomodoro e basilico per i vegetariani)
• Affettati, formaggio pecorino e verdure gratinate
• Dolce de Marcella
• Vino, Acqua, Caffè e naturalmente Ron Cubano!

Il costo della cena è di € 15,00 ed il ricavato sarà
interamente devoluto all’acquisto del farmaco.

Partecipiamo numerosi!!! Invieremo le immagini e un resoconto della serata a periodico dell’Associazione Italia-Cuba chiedendone la pubblicazione . Gracias a todos!

Per la buona riuscita dell’iniziativa prenotate telefonando o inviando SMS ai seguenti nr:
Peppe 339/8242575 – Maurizio 333/3745938 – Bruno 328/8237299
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domenica 19 settembre 2010

La CTC analizza i cambi proposti dal governo in materia di occupazione.


La Rivoluzione cubana compie 52 anni di vittoriosa esistenza, ed oggi è più che mai viva ed inalterabile nella Direzione della nazione e nel nostro popolo la volontà e la determinazione di continuare la costruzione del socialismo, avanzare nello sviluppo e l’aggiornamento del modello economico che dobbiamo seguire, consolidando le conquiste raggiunte.
La Direzione del Governo ha lavorato all’elaborazione di misure che garantiscono ed implementano i cambi che risulta necessario ed improrogabile inserire nell’economia e nella società, per trasformare e rendere più efficiente l’attuale processo produttivo e lavorativo.
Cuba deve urgentemente avanzare economicamente, organizzare meglio la produzione, potenziare le riserve di produttività ed elevarla, migliorare a disciplina e l’efficienza e ciò è solamente possibile raggiungerlo attraverso il lavoro degno e consacrato del nostro popolo. Oggi, il dovere dei cubani è di lavorare e farlo bene, con serietà e responsabilità, raggiungere un uso più efficiente delle risorse di cui disponiamo per soddisfare le nostre necessità.

In corrispondenza con il processo di aggiornamento del modello economico e le proiezioni dell’economia per il periodo 2011-2015, si prevede nelle Linee Guida per l’anno prossimo, la riduzione di oltre 500.000 lavoratori nel settore statale e parallelamente il loro incremento nel settore non statale. Il calendario per la sua esecuzione è concepito dagli organismi ed imprese fino al primo trimestre del 2011.
Per il movimento sindacale e i lavoratori è un compito importante prestare la massima attenzione alla riduzione del personale, il processo di disponibilità di lavoro e di impiego, e raggiungere un adeguato utilizzo delle risorse umane. È noto che l’eccesso di personale supera il milione di persone nei settori preventivati ed impresari.
Il nostro Stato non può né deve continuare a mantenere imprese ed entità produttive di servizi fornite di organici gonfiati, e perdite che erodono l’economia, risultano controproducenti, generano cattive abitudini e deformano la condotta dei lavoratori. È necessario elevare la produzione e la qualità dei servizi, ridurre le spese sociali ed eliminare indebite gratuità legate agli impieghi, sussidi eccessivi, lo studio come fonte di impiego e il pre-pensionamento.
Il successo del processo che sta per cominciare dipenderà dalla direzione che, dal movimento sindacale e sotto la direzione del Partito, i dirigenti sindacali daranno alle azioni che si devono intraprendere, e dal consenso sociale che raggiungeremo in merito alla pertinenza economica e politica di questo passo. Tali misure di disponibilità lavorativa mirano ad identificare i posti di lavoro che non risultano indispensabili e a re-ubicarli in altri luoghi, dove necessario e possibile, o a ri-orientare i lavoratori.
Per il trattamento lavorativo dei lavoratori che risultino disponibili in una entità o posto di lavoro, si amplia e si diversifica l’attuale orizzonte di opzioni con nuove forme di relazioni contrattuali non statali come alternativa di impiego, tra le quali ci sono l’affitto, l’usufrutto, le cooperative ed il lavoro nel settore privato, verso dove si muoveranno centinaia di migliaia di lavoratori nei prossimi anni.
Al settore statale sarà possibile emigrare solo coprendo gli impieghi imprescindibili, nei lavori storicamente in deficit di forza di lavoro, come nel caso degli agricoltori, lavoratori dell’edilizia, maestri, poliziotti, operai ed altri.
Il paese sta eseguendo in diversi settori un importante processo di investimenti, nel campo del petrolio, l’edilizia, la biotecnologia, l’industria farmaceutica ed il turismo, sta promuovendo altre produzioni di beni e aumenterà l’esportazione di servizi che genereranno altre fonti di impiego.
Questi cambi nella politica di impiego si implementeranno in maniera graduale e progressiva, si inizieranno immediatamente e per la loto magnitudine ed incidenza, abbracceranno tutti i settori.
Tutto questo processo si effettuerà su basi e norme nuove e verrà modificato l’attuale trattamento lavorativo e salariale per i disponibili e gli interrotti (lavoratori resisi disponibili NdT), poiché non sarà più possibile applicare la formula della protezione o del sussidio attraverso salari a tempo indefinito. Nell’identificazione, trasferimento e ubicazione verso altri lavori avrà un ruolo importane l’attitudine e la disposizione personale dell’interessato.
La definizione di chi coprirà gli impieghi disponibili in ogni gruppo di lavoro si applicherà prendendo in considerazione l’idoneità dimostrata.
Una questione di grande importanza è costituita dal salario. Bisogna rinnovare il principio di distribuzione socialista, perché lo stipendio dipende dalla quantità e qualità del lavoro apportato. I sistemi di pagamento per risultato, applicati in centri di lavoro con organici organizzati meglio continueranno ad essere la via per elevare la produttività e quindi, le entrate dei lavoratori.
Favorire che l’organizzazione sindacale ad ogni livello di direzione contribuisca al compimento di tale politica garantirà la continuità della costruzione del socialismo cubano, applicando il concetto di Rivoluzione a partire dal senso del momento storico, e di cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.
La CTC ed i sindacati sono impegnati in tale processo e vigileranno sulla stretta osservanza ed applicazione del principio di idoneità mirata a determinare il diritto di occupare un posto di lavoro, così come per quello della trasparenza in ciò che si deve realizzare.
Il sindacato deve agire nel suo settore con un alto livello di esigenza e per mantenere il controllo sistematico della marcia di tale processo, dal suo inizio alla sua conclusione, adottare le misure che gli corrispondono e mantenere informati i suoi organismi superiori e la CTC.
L’unità dei lavoratori cubani e del nostro popolo è stata la chiave per realizzare la gigantesca opera edificata dalla Rivoluzione e nelle trasformazioni che adesso intraprenderemo, continuerà ad essere la nostra più importante arma strategica.
Segretariato Nazionale della CTC

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sabato 18 settembre 2010

Libertà per i cinque cubani. Un appello di star Usa a Obama.


Stimato presidente Obama,
Noi, attori e artisti statunitensi, le chiediamo di rivedere il caso di Gerardo Herandez, Ramon Labañino, René Gonzalez, Antonio Guerrero e Fernando Gonzalez, conosciuti come «i 5 cubani», e di concedere loro la libertà immediata. Siamo costernati dal fatto che «i 5 cubani», che non hanno commesso crimini contro gli Usa né mai costituito una minaccia per la nostra sicurezza nazionale, siano detenuti da 12 anni. I «5» sorvegliavano le attività di gruppi violenti dell'esilio cubano di Miami, attività che hanno provocato la morte di migliaia di cubani. Stavano solo proteggendo il loro paese da futuri atti terroristici.
Presidente Obama, s'immagini se quel terrorismo si fosse diretto contro gli Usa. Ci chiediamo: che sarebbe successo se prima dell'11 settembre un pugno di americani si fosse infiltrato nei gruppi criminali per allertare gli Usa su quell'attacco imminente? Staremmo qui, come ora, a diffamarli per le loro azioni? Il nostro governo è responsabile di agire con un doppio standard. Mentre «i 5 cubani» restano in prigione, ci sono dei veri terroristi - come Luis Posada Carriles e Orlando Bosh, responsabili dell'attentato a un aereo cubano in cui morirono 73 persone - che godono di asilo e impunità negli Stati uniti.
Stimato presidente, nel dodicesimo anniversario dell'arresto dei «5 cubani», facciamo appello al suo senso della giustizia e rispettosamente le chiediamo che, riesaminati i fatti e considerato il lungo tempo passato in prigione, conceda ai «5 cubani» una «clemenza esecutiva» per tornare al loro paese e alle loro famiglie. E che intanto conceda il visto a Adriana Perez e Olga Salanueva pe poter visitare i loro mariti, Gerardo Hernandez e René Gonzalez.
Sinceramente, Danny Glover, Elliott Gould, Ry Cooder, Susan Sarandon, Pete Seeger, Martin Sheen, Oliver Stone ( e altre 16 firme) Leggi tutto...

mercoledì 15 settembre 2010

Intervista a Mariela Castro, la nipote della Revolucion.


«GLI EUROPEI CI CREDONO CRETINI?» da “il manifesto” del 12/09/10.

«Molti, giornalisti ma non solo, arrivano a Cuba e pretendono di dirci subito cosa dobbiamo fare e cosa no».
Intervista a Mariela Castro, la figlia del presidente Raúl. Che dice di «non essere d'accordo» con lo zio Fidel quando si assume tutta la responsabilità della persecuzione degli omosessuali negli anni '60
Mariela Castro è la battagliera figlia di Raúl e la nipote di Fidel. Da anni conduce la lotta per i diritti degli omosessuali a Cuba, lotta non facile in un paese e in una regione in cui il machismo è ancora parte della cultura dominante («i compagni machisti rivoluzionari», li chiama). Ma come figlia dell'attuale presidente e nipote di un «líder máximo» sempre sulla breccia, è anche molto di più e, dalla sua posizione privilegiata, con lei si può parlare di tutto, tutto ciò che riguarda Cuba, piccolo-grande paese che suscita grandi amori e odi mortali. Insieme ortodossa (come nel giudizio canonica sui dissidenti) ed eterodossa («in molti casi sono anch'io una dissidente»), non risparmia le critiche al paese guidato da suo padre e suo zio e non nasconde i problemi.
Estremamente comunicativa e sfoggiando sempre un forte senso dell'humor, è stata l'ospite d'onore nella festa dell'Amca, l'associazione Assistenza medica per il Centro America fondata e guidata dal professore Franco Cavalli, oncologo e compagno svizzero ticinese, che la settimana scorsa ha celebrato i suoi 25 anni di cooperazione a Bellinzona. Dove l'abbiamo incontrata.
Fidel ha fatto autocritica e si è assunto la responsabilità della persecuzione degli omosessuali negli anni '60. Tu hai detto che sei d'accordo con lui, perché?
Lo capisco e lo rispetto. Però credo che bisogna partire da un fatto: che l'omofobia è un dato culturale molto antico e non solo a Cuba. In tutto il mondo le culture dominanti fino a oggi sono state profondamente omofobiche e Cuba in quel momento riproduceva quel processo storico, radicatissimo anche nella cultura cubana. Soprattutto nella cultura spagnola e africana. Quindi si può capire che a quei tempi la gente e anche i leader considerassero gli omosessuali dei malati mentali da curare, degli immorali e dei perversi come diceva la chiesa. Fidel riproduceva ciò che aveva appreso come parte di quella stessa cultura. Allora erano poche le voci che dissentivano: la Federazione delle donne cubane, qualche intellettuale come Haydée Santamaría e Alfredo Guevara. Per questo io dico che Fidel non deve sentirsi il colpevole per l'omofobia di quegli anni. Sono convinta che se avesse avuto un'informazione più completa su questo tema e non fosse stato educato dentro una cultura omofobica, avrebbe detto basta con le discriminazioni. Lui, come líder máximo, si assume la responsabilità politica per non essersi occupato anche dell'omofobia e averla fermata.
Resta comunque una macchia della rivoluzione cubana...
Una macchia. E sai perché? Perché una rivoluzione il cui obiettivo principale è conquistare, imporre la giustizia sociale non può permettersi di creare nuove forme di discriminazione. Per questo è contraddittorio che nella rivoluzione cubana da un lato si lotti per conquiste così importanti nel campo della giustizia sociale e dei diritti umani e dall'altro mantengano dei fattori di esclusione e discriminazione come in questo caso. Ecco perché, con tanti altri cubani, mi sono impegnata in questo lavoro.
Credi che questa macchia sia stata cancellata ora?
Io non so se si possa dire che sia stata cancellata. So che sto lavorando per cancellarla, e credo che dopo il lavoro che abbiamo fatto in tutti questi anni, quantomeno la società cubana sta discutendo il tema.
Altro tema. L'inatteso ritorno in scena di Fidel. Non credi che questo possa aggiungere un problema nel processo di riforme annunciato come inevitabile e urgente da tuo padre, visto che Fidel e Raúl non sempre hanno avuto le stesse posizioni su diversi temi?
Guarda, non so fino a che punto sia sempre stato tutto determinato da Fidel. A volte credevo che ci fossero cose deciase da lui poi mi è capitato di ascoltare aneddoti anche famigliari che dicono non fosse esattamente così. Comunque io credo che sia ottimo che Fidel sia tornato. Primo perchè lui continua a essere il líder máximo. Ci saranno contraddizioni? Benvengano, la storia è fatta sulle contraddizioni.
Quindi non credi alla lettura di molti «cubanologi» per cui il ritorno di Fidel ha creato tensioni fra lui e Raúl, o addirittura che sia tornato per dare uno altolà alle riforme annunciate da tuo padre?
Non credo proprio. Perché lui, da quando ha cominciato a riprendersi, ha partecipato sempre ai dibattiti e alle proposte, è stato sempre consultato. Non credo che il suo ritorno abbia creato più tensioni di quelle che ci sono state sempre nel gruppo dirigente della rivoluzione. Tensioni naturali fra punti di vista diversi. L'ha detto anche mio padre, in pubblico e in privato.
Le riforme avviate da Raúl sono sufficenti per la crisi economica del paese o dovrebbero essere più radicali e rapide?
Sono solo l'inizio. Richiedono tempo e sistematicità per poter calibrare i cambiamenti, senza ritardi e senza burocratismi.
... ma la burocrazia a Cuba...
... è pesantissima, un ostacolo. E' un problema da risolvere e il popolo lo ha posto con forza. Non mi piace dirlo io, ma sono stati alcuni politologi cubani ad affermate che la burocrazia a Cuba è quanto di più contro-rivoluzionario ci sia. Anch'io credo che sia un grandissimo ostacolo al processo socialista cubano. Non possiamo riprodurre la stessa burocrazia dei paesi ex-socialisti. Il popolo deve presentare il conto ai burocrati. E lo sta facendo.
È un fatto visibile a (quasi) tutti che a Cuba, nonostante le conquiste della rivoluzione, la gran maggioranza della gente vive male. Quanto dovranno aspettare ancora i cubani, dopo 50 anni, per poter sperare di vivere meglio, senza gli affanni e le angustie quotidiane?
Io lo direi in un altro modo. Direi che la gran maggioranza o in generale la popolazione cubana è insieme soddisfatta e insoddisfatta rispetto alla rivoluzione, ha necessità risolte e irrisolte. Il vincolo con la rivoluzione è profondo nella maggioranza della popolazione, ma è innegabile che ci siano forti contraddizioni. Cuba è un paese povero ma la povertà è «equitativa», un paese che in certi campi ha raggiunto livelli di sviluppo importanti, paragonabili a quelli dei paesi ricchi. Ma ha ancora molti problemi irrisolti, specie a livello della vita quotidiana, che, chi più chi meno, toccano tutti. Ci sono cose buone, altre da migliorare e altre da creare. Per questo stiamo discutendo.
Però sono passati 50 anni...
Ma 50 anni molto difficili. Abbiamo dovuto spendere tutte le nostre energie per difenderci dal terrorismo di stato (e che stato!), e qualsiasi progetto in situazione di difesa trova enormi difficoltà per avanzare e porta in superfice tendenze schematiche e dogmatiche anziché liberare altre idee più interessanti che pure c'erano.
I problemi cubani sono solo dovuti all'assedio di 50 anni e al blocco Usa?
No, per niente. È un contesto, non un solo fattore. L'ostilità esterna ma non solo. C'era gente che proponeva idee nuove e altra che voleva imporre la stessa strada degli altri paesi del blocco socialista. Sono stati 50 anni difficili ma che ci hanno insegnato molto. E guarda che il popolo ha appreso la lezione perché sta facendo proposte molto interessanti. Che per fortuna adesso si tengono più in consderazione di prima.
Il problema più grave è quello della doppia economia, del doppio salario che rischia di avere effetti sociali perversi...
Li ha già creati. Dagli anni '90 quando si creò la doppia economia e la doppia moneta - che fu indispensabile perché ci ritrovammo soli e non saremmo sopravissuti - sono sorte diseguaglianze, non classi ma strati sociali diversi. Ma si sarebbe dovuto uscire da tempo da questi meccanismi, le decisioni però hanno tardato a venire. Io non sono economista e non so dire come si possa fare. So solo che si sta cercando di rafforzare l'istituzionalità del paese.
I dissidenti. Un problema che crea altri problemi. Noi a sinistra diciamo che il dissenso è il cuore della democrazia...
Anch'io lo penso. Senza dissenso non possiamo avanzare come società...
Come è possibile che a Cuba non si trovi la strada per rompere l'equiparazione automatica e schematica dissenso-tradimento, dissidenti-mercenari?
A Cuba tu puoi dissentire senza essere considerato un traditore. Io per esempio spesso dissento, anche da mio padre. Un discorso diverso è quello sui mercenari. Sono pagati.
In Europa, per alcuni, anche a sinistra, Cuba è diventata un'ossessione. Critiche, critiche, solo critiche...
Cuba è diventata il nemico di moda. Quando un nemico diventa di moda i giornali non parlano che di lui, fino a quando ne trovano un altro. In Europa Cuba è diventata un cliché noiosissimo. Che barba. Se trovassero argomenti interessanti saremmo anche noi interessati a partecipare. Se dicessero la verità ci metterebbero in difficoltà, invece mescolano alcune piccole verità con molte menzogne. Uno degli argomenti fissi è che a Cuba non c'è un'opposizione. Il fatto è che non c'è un'opposizione autentica. Il giorno che ci fosse un'opposizione autentica, che rispondesse davvero agli interessi del popolo meglio del governo, vedresti che il popolo andrebbe sicuramente verso l'opposizione. Ma finora non c'è. Pensate che il popolo sia tonto? Noi abbiamo bisogno di nemici più liberi, autentici e creativi per perché ci sia un dibattito vero. In tanti, giornalisti e no, arrivano a Cuba a dirci cosa dobbiamo fare. Credono che noi siamo cretini e non capiamo quello che sta capitando qui, quello che stiamo vivendo, quali sono i nostri problemi?

di Maurizio Matteuzzi.

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mercoledì 8 settembre 2010

A PUGNO CHIUSO - OSIMO (Campocavallo) 8-9-10-11-12 settembre


Il Circolo "Sado Sadovski" sarà presente, come da tradizione, al XII Festival Comunista Antimperialista organizzato dai compagni della L.U.P.O. di Osimo(http://www.luposimo.org/).
Vi aspettiamo nei giorni 8-9-10-11 e 12 settembre nell'area attrezzata di Campocavallo. Leggi tutto...

venerdì 3 settembre 2010

INTERVISTA A FIDEL.


*Pubblicato su La Jornada di Città del Messico del 30 e 31 agosto
©La Jornada-il manifesto

E' stato 4 anni dibattendosi fra la vita e la morte. Entrando e uscendo dalla sala operatoria, intubato, alimentato attraverso le vene e i cateteri e perdendo di frequente conoscenza...
«La mia malattia non è nessun segreto di stato» avrebbe detto poco prima che essa provocasse la crisi e l'obbligasse a «fare quel che doveva fare»: delegare le sue funzioni di presidente del Consiglio di stato (la presidenza della repubblica) e, di conseguenza, di comandante in capo delle forze armate di Cuba.
«Non posso più continuare», ammise allora - come rivela in questa prima intervista a un organo di stampa straniero da allora -. Si rassegnò al passaggio delle consegne e si mise nelle mani dei medici.Questo è l'inizio del post.
Lo choc scosse tutto il paese e gli amici di fuori: fece cullare speranze revansciste ai suoi detrattori e mise in stato d'allarme il poderoso vicino del nord. Era il 31 luglio del 2006 quando fu resa pubblica, in via ufficiale, la lettera di rinuncia del massimo leader della rivoluzione cubana.
Quel che non aveva potuto in 50 anni il suo più mortale nemico (blocco, guerre, attentati), era riuscito a una malattia di cui nessuno sapeva niente e si speculava di tutto. Una malattia che per il regime, lui l'accettasse o meno, doveva diventare «segreto di stato».
Oggi fanno una quarantina di giorni dalla definitiva riapparizione di Fidel Castro in pubblico, almeno senza il rischio apparente di una ricaduta. In un clima disteso e quando tutto fa pensare che la tormenta sia passata, l'uomo più importante della rivoluzione cubana si mostra vivace e brillante, per quanto non domini del tutto il movimento delle gambe.
Durante le cinque ore che è durata l'intervista - colazione inclusa - con La Jornada (di cui questa è una parte, ndt), Fidel ha toccato i temi più diversi, anche se alcuni lo ossessionano in modo particolare. Permette che gli si domandi di tutto - per quanto sia lui quello che fa più domande - e ripassa per la prima volta e con dolorosa franchezza alcuni dei momenti della crisi di salute sofferta negli ultimi quattro anni.
«A un certo punto ero morto», rivela con sorprendente tranquillità. Non chiama per nome la diverticolite patita né parla delle emorragie che costrinsero gli specialisti dello staff medico a operarlo in molte occasioni, col rischio di morire ogni volta. Ma si sofferma a lungo, invece, sul racconto della sofferenza vissuta. E non mostra alcuna inibizione in definire quella tappa dolorosa come «un calvario».
«Ormai non volevo più vivere. Mi sono domandato più volte se quella gente (i suoi medici) mi avrebbe costretto a vivere in simili condizioni o mi avrebbe permesso di morire... Alla fine sopravvissi ma in condizioni fisiche penose. Arrivai a pesare poco più di 50 chili».
«Sessantasei chili», precisa Dalia, la sua inseparabile compagna che assiste alla conversazione. Sono presenti solo lei, due dei suoi medici e un altro paio dei suoi collaboratori più stretti.
«Immaginati, un tipo della mia statura che pesa solo 66 chili. Oggi sono già fra gli 85 e gli 86, e questa mattina sono riusciti a fare 600 passi da solo, senza bastone e senza aiuto. Voglio dirti che ti trovi davanti a una specie di re-su-sci-ta-to», sostiene con un certo orgoglio.
E quand'è resuscitato, comandante, cosa ha trovato?, gli chiedo.
«Un mondo di matti... Un mondo che appare ogni giorno in televisione, nei giornali e che nessuno capisce, però che non mi sarei voluto perdere per niente al mondo», sorride divertito.
Il compito di accumulazione informativa quotidiana di questo sopravissuto comincia da quando si sveglia. A una velocità di lettura impressionante, divora libri; si legge fra 200 e 300 articoli d'informazione al giorno; è attentissimo alle nuove tecnologie della comunicazione; è affascinato da Whikileaks, «la gola profonda di Internet», divenuta famosa per la diffusione di più di 90 mila documenti militari realtivi all'Afghanistan, su cui questo nuovo "navigante" sta lavorando.
«Ti rendi conto di cosa significa questo - mi dice -? Internet ha messo nelle nostre mani la possibilità di comunicare con il mondo. Sono finiti i segreti, o almeno così sembrerebbe. Ci troviamo davanti a un "giornalismo investigativo ad alta tecnologia», come lo chiama il New York Times, e alla portata di tutti. Ci troviamo davanti all'arma più poderosa che sia mai esistita, che è la comunicazione - continua -. Il potere della comunicazione è stato, e sta, nelle mani dell'impero e di ambiziosi gruppi privati che hanno usato e abusato d'esso.Per questo i media hanno fabbricato il potere che oggi ostentano»,
L'ascolto e non posso fare a meno di pensare a Chomski...
Articoli sulla manipolazione da parte dei poderosi gruppi imprenditoriali locali o regionali, i loro complotti per insediare e rovesciare governi o personaggi della politica, o sulla "tirannia" esercitata dall' "impero" attraverso le transnazionali sono ora alla portata di tutti i mortali.
Ma non di Cuba, che dispone solo di un'entrata di Internet per tutto il paese, comparabile a quella che ha un qualsiasi hotel Hilton o Sheraton. Questa è la ragione per cui a Cuba connettersi è un'impresa disperata. La navigazione in rete è come si facesse in camera lenta.
Perché tutto questo?, chiedo.
«Per il rifiuto secco degli Stati uniti a dare a Cuba l'accesso a Internet attraverso uno dei cavi sottomarini in fibra ottica che passano vicino alle nostre coste. Cuba si è vista obbligata, quindi, a prendere il segnale da un satellite, ciò che rende il servizio assai più caro per il governo cubano e impedisce di disporre di una banda più larga che consenta l'accesso a molti più usuari e a una velocità normale nel resto del mondo, con la banda larga».
Per questa ragione il governo cubano dà priorità, per la connessione, non a chi può permettersi di pagare il costo del servizio ma a chi ne ha più bisogno: medici, accademici, giornalisti, professionisti, quadri del governo e club di Internet di uso sociale. Non si può fare di più. Però, secondo Fidel, Cuba potrà risolvere presto questa situazione.
Si riferisce alla conclusione dei lavori per il posizionamento del cavo sottomarino che parte dal porto di La Guaira, in Venezuela, e arriva nelle vicinanze di Santiago di Cuba. Con questi lavori, portati avanti dal governo di Hugo Chávez, l'isola potrà disporre della banda larga e della possibilità di ampliare il servizio.
Per quanto non ci sia niente in lui che denoti segni di fastidio, credo che a Fidel non piacerà la domanda che gli sto per fare: comandante, tutto il fascino della rivoluzione cubana, i riconoscimenti, la solidarietà di una buona parte dell'intellettualità universale, il successo di fronte al blocco Usa, insomma, tutto questo è finito nella spazzatura a causa della persecuzione degli omosessuali a Cuba.
Fidel non si sottrae al tema. Non nega né respinge l'affermazione. Chiede solo un po' di tempo per ricordare, dice, come e quando si diffusero i pregiudizi nelle file rivoluzionarie.
Cinque decenni fa, e a causa dell'omofobia, a Cuba furono emarginati gli omossessuali e molti furono spediti a campi di lavoro militari-agricoli, accusati di essere contr-rivoluzionari.
«Sì - ricorda -, sono stati momenti di una grande ingiustizia, una grande ingiustizia - ripete con enfasi -, chiunque l'abbia commessa. Sto cercando di precisare la mia responsabilità in tutto questo perché, oltretutto, personalmente io non ho questo tipo di pregiudizi».
E' noto che fra i suoi migliori e più vecchi amici ci sono omosessuali. Però allora perché venne fuori questo odio contro i diversi? Lui pensa che tutto fu il risultato di una reazione spontanea fra le file rivolizionarie, che veniva dalla tradizione. Nella Cuba di prima non erano solo i neri a essere discriminati: anche le donne e, ovviamente, gli omosessuali...
«Sì, sì, però non nella Cuba dalla nuova etica di cui erano tanto orgogliosi erano i rivoluzionari di dentro e di fuori...»
Chi fu quindi il responsabile diretto o indiretto del fatto che non si mise un freno a quel che stava succedendo nella società cubana? Il partito? Perché quello fu il momento in cui il Pc cubano non mise nel suo statuto la proibizione di discriminare a seconda dei propri orientamenti sessuali.
«No - dice Fidel -. Se qualcuno è responsabile sono io... E' sicuro che in quei momenti non potevo occuparmi del problema... Ero immerso, principalmente, nella crisi di ottobre, nella guerra, nelle questioni politiche...»
Ma questo, comandante, divenne un serio e grave problema politico...
«Capisco, non gli sapemmo dare il giusto valore... i sabotaggi sistematici, gli attacchi armati si susseguivano senza soste, avevamo tanti e tanto terribili problemi, problemi di vita o di morte che non gli prestanno la sufficiente attenzione».
Dopo diventò molto difficile difendere la rivoluzione, la sua immagine si era deteriorata per sempre in certi settori, specie in Europa.
«Capisco, capisco - ripete -, era giusto...».
La persecuzione degli omosessuali poteva esserci in qualsiasi posto ma non nella Cuba rivoluzionaria, gli dico.
«Capisco, è come quando è il santo a peccare, vero? Non è lo stesso che quando pecca il peccatore, no?»
Fidel abbozza un sorriso e poi torna serio: «Guarda, renditi conto di come erano i nostri giorni in quei primi mesi della rivoluzione: la guerra con gli yankees, il problema delle armi e, quasi contemporaneamente, gli attentati contro di me... Sfuggire alla Cia, che comprava tanti traditori, a volte fra la gente a noi più vicina, non era cosa da poco. Però, in definitiva, se bisogna assumere la responsabilità, assumo la mia. Io non getto la colpa su altri».
Lamenta solo di non aver corretto allora quegli errori. Oggi tuttavia il problema viene affrontato. Sotto lo slogan "La omosessualità non è un pericolo, la omofobia sì» si è celebrato di recente in molte città del paese la terza Giornata cubana in occasione del Giorno mondiale contro la omofobia. E Mariela Castro, una sociologa di 47 anni - figlia del presidente Raúl Castro - dirige il Centro nazionale di educazione sessuale (Cenesex), un'istituzione che - dice lei - è riuscita a migliorare l'immagine di Cuba dopo gli errori degli anni '60.
«Siamo qui noi cubane e cubani per continuare a lottare per l'inclusione, perché questa sia la lotta di tutte e tutti, per il bene di tutte e tutti», ha detto Mariela Castro inaugurando la Giornata, scortata da transessuali che inalberavano una bandiera cubana e l'altra multicolore del movimento gay. Oggi a Cuba la linea sull'omosessualità include iniziative come il cambio d'identità dei transessuali o le unioni civili fra persone dello stesso sesso. Dagli anni '90, nell'isola l'omosessualità è depenalizzata, per quanto non siano cessati del tutto i casi di persecuzione da parte della polizia. E dal 2008 si praticano operazioni gratuite per il cambio di sesso.
Passiamo al pranzo che condividiamo con sua moglie, Dalia Soto del Valle. Da quella terrazza virtuale in cui si colloca per guardare e analizzare il mondo, la vita, Fidel fa un brindisi a un mondo del futuro con una sola patria.
«Cos'è questa storia che uno è spagnolo, un altro inglese, altri africani? E che alcuni possiedano più di altri? Il mondo del futuro dovrà essere comune, e i diritti degli esseri umani dovranno venire prima dei diritti individuali... E sarà un mondo ricco, dove i diritti saranno uguali per tutti».
Come si arriverà a questo mondo, comandante?
«Educando, educando e creando amore e fiducia».
E questo è il resto.
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lunedì 9 agosto 2010

BENTORNATO FIDEL!



L'intervento di Fidel alla sessione straordinaria dell'assemblea nazionale del "Poder Popular"

clicca qui sotto per vedere il video.
cubainformacion.tv
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venerdì 6 agosto 2010

Riceviamo dal direttivo nazionale e con sollievo pubblichiamo una notizia che riguarda Gerardo, uno dei 5 eroi cubani detenuti illegalmente ormai da quasi 12 anni nelle carceri USA. LIBERTA' PER I CINQUE - VOLVERAN !

Per: Comitato Direttivo Nazionale, Comitato Garanzia,Coordinatori Regionali ed a tutti i Circoli

Cari compagni,
vi comunico la buona notizia che Gerardo è stato tolto dal "buco" e trasferito nella sua cella "normale".
Sospendete pertanto il vostro dissenso riguardo a questa situazione, ma vi invito a continuare ogni tipo di iniziativa fino ad arrivare alla definitiva liberazione dei Cinque compagni cubani.

Sergio Marinoni
Presidente

Gerardo Hernández non è più nel buco - da Prensa Latina.

Nel bel mezzo di un'intensa campagna condotta dai suoi avvocati e da migliaia di sostenitori in tutto il mondo, le autorità degli Stati Uniti hanno oggi liberato Gerardo Hernández Nordelo, uno dei cinque eroi, da giorni in isolamento in una cella di punizione.

Il Comitato Nazionale per la Liberazione dei Cinque cubani negli Stati Uniti ha riportato la notizia, in un comunicato stampa, per dire che i sostenitori hanno inviato migliaia di e-mail al Bureau of Prisons per chiedere la sua liberazione.
Leonard Weinglass, uno degli avvocati di Gerardo, lo ha visitato questo fine settimana con il collega avvocato Peter Schey.
Martedì scorso egli ha descritto a Gloria La Riva (del Comitato Nazionale per la Liberazione dei Cinque) le condizioni spaventose e crudeli a cui era sottoposto Gerardo.
"Gerardo è di buon umore, ma in realtà è sofferente. In un clima di oltre 100 gradi (Fahrenheit pari a circa 38° Celsius...ndt) , l'aria era così soffocante che Gerardo giaceva sul pavimento inalando l'aria che scorreva sotto la porta", ha detto l'avvocato.
Non ha potuto prendere le medicine per la pressione sanguigna come prescrittegli dal medico per il caldo intenso. Non ha potuto usare la doccia perché era acqua bollente. Weinglass ha segnalato che le lenzuola che gli sono state date erano sporche e ha dovuto lavarle nel lavandino.
L'avvocato ha detto che la difesa ha inviato una lettera di cinque pagine al carcere con tutte le violazioni commesse mettendolo in isolamento. Leggi tutto...

sabato 31 luglio 2010

Gerardo ritorna in cella di isolamento.


È stato di nuovo incarcerato nel buco, nonostante i suoi accertati problemi fisici . Oltre tre mesi senza assistenza medica.
Lino Lubén Pérez
Ricardo Alarcón, Presidente dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare ha denunciato l’ennesimo isolamento al quale è stato sottoposto Gerardo Hernández Nordelo, uno dei cinque antiterroristi cubani ingiustamente detenuti negli Stati Uniti.
Hernández Nordelo è di nuovo nel buco dal 21 luglio e sono stati inutili i tentativi di Cuba di contattare le autorità della prigione ed il Dipartimento di Stato cercando di chiarire la situazione, ha avvertito Alarcón nelle dichiarazioni rese alla stampa nel Palazzo delle Convenzioni dell’Avana.
Alarcón ha considerato il fatto in termini molto gravi, dato che Gerardo si trova in una cella piccola, di due metri per uno, che condivide con un altro prigioniero, e dove non c’è ventilazione, perché si deve respirare in un piccolo orifizio al di sopra della parete.
Il Governo statunitense sa che Gerardo ha problemi fisici per i quali ha richiesto di essere visitato fin da aprile da un medico, cosa che gli è stata concessa solo il 20 luglio, quando gli sono stati diagnosticati problemi che richiedono cure mediche.
Apparentemente è un problema con un batterio che, stando al dottore, starebbe circolando tra la popolazione del carcere, e che ha anche presentato casi gravi. Non sappiamo, tuttavia, se questa sia la condizione di Gerardo, poiché non gli sono state fatte le analisi appropriate, e lui è stato condotto nel buco il giorno dopo della visita, ha spiegato il medico.
Ha anche aggiunto che Gerardo presenta alterazioni della pressione arteriosa, cosa comprensibile poiché – pur essendo un uomo giovane, che ha appena compiuto 45 anni – è confinato in condizioni difficili da quasi 12, anche se si è sempre dimostrato fermo.
Ci preoccupa la sua mancanza di salute – e soprattutto di visite specialistiche – aggravata nel buco perché la temperatura nella prigione supera i 35 gradi Celsius, ha informato.
La situazione che stiamo denunciando è grave. Stiamo seguendo i fatti sperando che cessino oggi stesso o domani. Stiamo cercando di trovare ogni via possibile di soluzione, e siamo in contatto con i suoi avvocati, ma se non la troveremo, l’Assemblea Nazionale dovrà pronunciarsi.
Da quando ce ne siamo resi conto, in via extra-ufficiale, abbiamo cominciato a inviare reclami alle autorità statunitensi ma non abbiamo ricevuto risposte che ci abbiano chiarito la vicenda, ed il perché della misura, ha spiegato.
Recentemente Isabel, la sorella di Gerardo, lo aveva visto e aveva potuto comprovare le condizioni nelle quali si trovava: era arrivato alla visita con le mani ed i piedi incatenati e avevano parlato per telefono attraverso un muro di vetro.
Non abbiamo nessuna informazione e ci chiama all’attenzione che Gerardo sia stato citato da vari ufficiali del Buró Federale di Indagini, che sono andati alla prigione e che hanno avuto un ruolo nella vicenda del suo isolamento. Evidentemente non è un’azione che viene dalla prigione, ha ribadito.
È curioso che sia la terza volta in questa ingiusta detenzione dei nostri Cinque Eroi, che portano Gerardo nel buco, sempre quando si fanno le procedure per l’appello.
Lui dovrebbe stare lavorando con i suoi avvocati sul suo habeas corpus, e questo il Governo degli USA lo sa, ha precisato Alarcón.
In questo momento, Gerardo non può comunicare con i suoi avvocati, ne per corrispondenza ne per telefono, è totalmente isolato e – per colmo – con condizioni di salute che mettono in pericolo la sua intergità fisica, della quale il Governo statunitense è interamente responsabile.
Alarcón ha reso l’intervista a rappresentanti della stampa accreditata al V periodo ordinario di sessioni dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, le cui 12 Commissioni di lavoro continuano oggi le proprie riunioni.

(Traduzione Granma Int) Leggi tutto...

giovedì 15 luglio 2010

Festa dei popoli - Ancona Forte Altavilla 15-16-17 luglio


Il Circolo di Senigallia sarà presente con un proprio stand al Forte Altavilla. In quest'occasione verrà promossa una campagna di sensibilizzazione sul caso dei 5 cubani reclusi ormai da 12 anni nelle carceri USA per aver combattuto il terrorismo.
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lunedì 28 giugno 2010

Appello internazionale.



Honduras, 29 giugno 2009 - 29 giugno 2010.

In occasione del 1° Anniversario della Resistenza, uniamoci al

Cammino della Rifondazione dell’Honduras

Il Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (FNRP) rappresenta gli interessi di tutto un popolo, che persiste nella lotta contro l'attuale regime repressivo mascherato da democrazia. La Resistenza cresce quotidianamente e si estende attraverso tutto il territorio nazionale, coordinando le diverse agende politiche e sociali in un solo progetto unitario, col quale si è cominciato ad erigere i pilastri su cui si costruirà una nuova società in Honduras.

Dopo colpo di stato del 28 giugno 2009 è crollato il già indebolito Stato di Diritto, ed il piccolo gruppo imprenditoriale che aveva sequestrato il legittimo presidente delle e degli honduregni si è mantenuto al potere grazie alla violenza delle forze repressive (Polizia Nazionale e Forze Armate dell’Honduras), assassinando, pestando, catturando, violentando ed obbligando all'esilio centinaia di honduregni ed honduregne. I “golpisti” che destituirono Manuel Zelaya Rosales, sono gli stessi che ora esibiscono Porfirio Lobo, come fantoccio, per continuare a consolidare il loro regime di violenza.

Ciò che i criminali non s’aspettavano è l'enorme coraggio del popolo honduregno, che ora è deciso a lottare fino alla fine. La Resistenza si fonda sulla costruzione del Potere Popolare dalla base e sulla partecipazione diretta di tutti i settori, alla costruzione di una proposta politica che dia risposte alla grave crisi che vive il paese.

Andiamo verso la Costituente per creare l’ambito legale che ci permetta, come popolo organizzato, di riprendere il destino della nostra patria e strapparla dalle mani meschine del piccolo gruppo che mantiene il governo in stato di sequestro.

I popoli del mondo hanno seguito da vicino la nascita della resistenza ed il suo consolidamento. Ora siamo ad una nuova dimostrazione di forza con la presentazione di oltre un milione di Dichiarazioni Sovrane, con cui, come cittadine e cittadini, ignoriamo questo governo illegale e privo di legittimità ed invitiamo la popolazione a convocare una nuova Assemblea Nazionale Costituente.

Questo 28 giugno compiamo il nostro primo anniversario come Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (FNRP), ma non lo facciamo ricordando l'assalto alla democrazia da parte dei golpisti, al contrario celebreremo la nascita della vera democrazia popolare, che ha iniziato il suo percorso verso la rifondazione dello Stato e la costruzione di un futuro giusto, paritariamente, per tutti e tutte.

La Resistenza honduregna invita tutti i popoli del mondo a prender parte a questo progetto rifondatore e rivoluzionario, a seguirlo da vicino e ad unirsi alla celebrazione del primo anno di cammino verso la vittoria

V’invitiamo a visitare la nostra pagina ufficiale: www.resistenciahonduras.net per conoscere da vicino le distinte attività che si svolgeranno, scaricare i vari documenti ufficiali e informativi, fare voi stessi una convocazione in questa data di resistenza, che non è solo nostra, ma di tutti i popoli del mondo in lotta.

Il Fronte Nazionale di Resistenza invita tutte le persone, organizzazioni o gruppi di compagni e compagne solidali col popolo dell’Honduras, ad accompagnarci con attività politiche di pressione contro il regime.

Questo 28 giugno nessuna voce rimarrà inascoltata ed ogni presidio, corteo, comunicato, forum o riunione a sostegno di noi honduregni ed honduregne, che invaderemo in massa le strade, si sommerà alla forza che oggi sta costruendo nel nostro territorio il vero Potere Popolare.

Ringraziamo in anticipo per tutte le azioni che svolgerete, e vi offriamo i nostri contatti per stringere legami e permettere a tutto il popolo honduregno di sapere che non siamo soli né sole, che tutto il mondo lotta con l’Honduras in questa trincea di giustizia e dignità.

Un abbraccio solidale in Resistenza, Compagne e Compagni internazionalisti.

Commissione Internazionale (CI) - Fronte Nazionale di Resistenza Popolare

ci_coordinacion@resistenciahonduras.net

Honduras, Centro America

Contatti:

Betty Matamoros, Coordinatrice CI: bmflores2009@yahoo.com

Dirian Pereira: dirianbeatrizpereira@yahoo.com

Gerardo Torres: unita1984@hotmail.com
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lunedì 21 giugno 2010

2^ Festa Nazionale dell' A.N.P.I. Ancona 24-25-26-27 giugno.


Il Circolo 'S.Sadovski' di Senigallia sarà presente con il proprio banchetto il 24-25-26 e 27 giugno ad Ancona alla Mole Vanvitelliana dove si svolgerà la 2^ festa nazionale dell' A.N.P.I.
In questa importante manifestazione presenteremo una mostra fotografica dedicata a Gino Donè Paro, il partigiano italiano imbarcato sul Granma intitolata "il partigiano dei due mondi".Vi aspettiamo.
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giovedì 10 giugno 2010

Sabato 19 giugno 2010.


PRESSO IL CIRCOLO OPERAIO “GERMONTARI – ARCI”
VIA COLLEVERDE, 2 ANCONA (ZONA GRAZIE)
ORE 18:00 DIBATTITO

“AMERICA LATINA, MOVIMENTI DI MASSA ED ORGANIZZAZIONI DI CLASSE”

INTERVENGONO:
LIDIA MANGANI – ASSOCIAZIONE MARX XXI
GIAMPIERO PELAGALLI – DIRETTIVO REGIONALE CGIL
ENZO DI BRANGO – DIRETTORE RIVISTA “NUESTRA AMERICA”
EDOARDO MENTRASTI – COORDINATORE REGIONALE SEL
RODOLFO DAL PANE – RESPONSABILE PROGETTO RETI INFORMATICHE DELL’ASSOCIAZIONE DI AMICIZIA ITALIA-CUBA

ORE 20:30 CENA LATINOAMERICANA
PICADILLO HABANERO (carne trita con spezie e peperoni)
ARROZ CON PUERCO (riso con arrosto di maiale)
FRIJOLES NEGROS (fagioli neri)
POSTRE DE COCCO (dolce di cocco)
PAN-VINO-AGUA Y RON
MUSICA LATINOAMERICANA

CONTRIBUTO CENA 20.00 euro
PER I VEGETARIANI COMUNICARLO ALLA PRENOTAZIONE
INFO E PRENOTAZIONI: 333/3745938 - 339 8242575 - 335 423701
LE PRENOTAZIONI SI POSSONO EFFETTUARE ANCHE TRAMITE MAIL
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lunedì 31 maggio 2010

dalle ore 11 a ROMA, V.le del Policlinico 131.


da FULVIO GRIMALDI riceviamo e pubblichiamo quanto segue:

Cari amici e compagni, il dado è tratto. Ho ascoltato il suggerimento della maggioranza di voi, che consiglia l'incatenamento piuttosto che lo sciopero della fame, per ora, e mi troverò in catene sotto Liberazione, Viale del Policlinico 131, Roma, il 31 maggio dalle ore 11.00. Chi vorrà venirmi a trovare è grandemente il benvenuto. Qui in calce c'è la lettera che ho mandato ai direttori e alle agenzie che hanno firmato l'appello della FNSI contro la legge-bavaglio. Vi aspetto!

AI DIRETTORI DEI GIORNALI E DELLE AGENZIE CHE HANNO FIRMATO L’APPELLO DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA CONTRO LA “LEGGE BAVAGLIO”

LIBERTA’ D’ESPRESSIONE: DAL 31 MAGGIO, ORE 11, IL GIORNALISTA FULVIO GRIMALDI SI INCATENA SOTTO LA SEDE DI “LIBERAZIONE” , ROMA, VIALE DEL POLICLINICO 131,


Cari Direttori,
siete impegnati in questi giorni contro la famigerata legge sulle intercettazioni, detta “legge-bavaglio”, che intende inibire ai mezzi d’informazione di svolgere il loro diritto di cronaca e che così pone un limite anticostituzionale alla libertà d’espressione e di stampa.
Vi potrà interessare, in questo contesto, che il quotidiano del PRC “Liberazione” ha anticipato nel 2003 questa legga liberticida e persiste tuttora nel medesimo atteggiamento, nonostante il conclamato cambio di linea politica successivo alla fine della segretaria Bertinotti.
Giornalista professionista dal 1970, nel maggio 2003, collaboratore a contratto dal 1999 di Liberazione con una rubrica fissa, “Mondocane” e con reportages sulle situazioni di conflitto in varie parti del mondo, venni licenziato su due piedi, con interruzione immediata del rapporto contrattuale, comunicatami unicamente con una telefonata dell’amministratore Belisario, per aver pubblicato un articolo su Cuba che risultava non gradito all’allora segretario Bertinotti. Alla mia richiesta di una comunicazione ufficiale scritta, con le motivazioni del provvedimento, non venne data risposta. Alle proteste di migliaia di lettori, iscritti e dirigenti del partito, la direzione del giornale e lo stesso Bertinotti risposero con giustificazioni assolutamente false: non mi sarei attenuto al tema ambientalista affidatomi. Un assurdo, alla luce di cinque anni di articoli che di tutto trattavano, oltreché di ambiente, dalla guerra nei Balcani, ai conflitti in Palestina e in Iraq.
Mi rivolsi alla magistratura del lavoro e ottenni che in primo grado il giornale venisse condannato a pagarmi le retribuzioni dovute e a risarcirmi il danno morale, di immagine, professionale ed economico, con 100.000 euro. In appello, con Bertinotti presidente della Camera, tale sentenza venne contro ogni consuetudine giurisprudenziale rovesciata nel suo contrario e “Liberazione” pretende ora il pagamento di quella somma, di cui non dispongo, e mi ha già fatto pervenire il precetto esecutivo, pena il pignoramento dei miei beni. Tutto questo porta al soffocamento di una voce che da oltre mezzo secolo ha potuto esprimersi liberamente su testate come la BBC, Paese Sera, Giorni Vie Nuove, Il manifesto, Nouvel Observateur, The Middle East, L’Espresso, La Repubblica, il Tg1 e il Tg3. In questi ultimi due telegiornali ricorderete forse che svolsi un lavoro, risultato assai popolare, di giornalista ambientalista e inviato di guerra.
Il PRC e “Liberazione” allora sostenevano la lotta in difesa dell’Art.18 e oggi sono impegnati in prima linea nella difesa della libertà di stampa e di espressione minacciati dal provvedimento legislativo attualmente in discussione in Parlamento. E’ paradossale che, su questo sfondo, il partito e il giornale insistano nell’imporre a un collega, di nulla colpevole, ma vittima di un inequivocabile abuso, una sentenza e un’ inaccettabile punizione finanziaria che concretizzano proprio quella censura che oggi si combatte. Dov’è la coerenza? Vi sarei grato per un’attenzione a questa vicenda nelle vostre pubblicazioni. Da lunedì 31 maggio, ore 11, intendo incatenarmi sotto la sede di Liberazione.
Fulvio Grimaldi
visionando@virgilio.it
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domenica 23 maggio 2010

10 mila pazienti curati con il farmaco cubano


CubaDebate.cu
Più di 10mila pazienti di dieci di paesi, compresa Cuba, sono stati curati con successo con il “Heberprot-P”, farmaco studiato e prodotto nell’Isola, lider mondiale del trattamento delle ulcere del piede diabetico.
Il Dottor Héctor Álvarez, direttore dell’ Instituto de Angiología y Cirugía Vascular, ha dichiarato che questo farmaco facilita la chiusura delle lesioni e permette la diminuzione di amputazioni nella maggioranza dei casi, salvando – così – arti che prima erano condannati alla mutilazione.
Tra i paesi che usano il Heberprot-P, sviluppato dal Centro de Ingeniería Genética y Biotecnología, figurano Venezuela, Argentina, México, República Dominicana, Serbia, Libia, Tunisia e Algeria.
In quest’ultimo il Dottor Álvarez ha annunciato che comincerà prossimamente un programma nazionale; un gruppo di esperti cubani partiranno per questo paese..
Del totale dei pazienti curati con successo da questo farmaco, circa 3mila sono cubani.
“Heberprot-P” è uno dei risultati scientifici rilevanti della Nazione nel 2009 nel campo della biotecnologia e prodotti farmaceutici, insieme a vaccini tetravalenti e pentavalenti, nuove formulazioni dell’interferone Alfa e Gamma, anticorpi monoclonali e altro.
A livello mondiale le lesioni del piede diabetico rappresentano un grave problema di salute e si calcola che nel 2025 saranno circa 300 milioni le persone malate di questa infermità cronica, che provoca un alto numero di decessi e una elevata percentuale di amputazioni. Leggi tutto...

sabato 15 maggio 2010

Brigata internazionale di lavoro volontario "José Martí " 2010.



Che cos’è la brigata internazionale di lavoro volontario
José Martí a Cuba?

È una vacanza? È volontariato? È un’attività di conoscenza? È un’esperienza di vita comunitaria?
È tutto questo, e molto altro.
Innanzitutto, è una brigata, cioè, molto semplicemente, è un gruppo di persone.
Una brigata è formata da persone di ogni tipo e ogni età, dagli adolescenti agli anziani, da persone che viaggiano a Cuba per la prima volta, a persone che la frequentano da anni, da persone che conoscono molto bene il panorama politico mondiale a persone che hanno appena iniziato ad accostarsi a temi come quelli che vengono sviluppati nel programma realizzato dall’ICAP (Instituto Cubano de Amistad con los Pueblos). È un’esperienza di vera condivisione, vera solidarietà, e vera conoscenza dell’organizzazione e del socialismo cubano.
Sono possibili prese di posizione discusse all’interno della brigata, sulla base di documenti politici, normalmente redatti dal capobrigata, aventi come obiettivo la solidarietà con Cuba e l’informazione corretta sulla sua situazione socioeconomica.

La brigata è internazionale.
Conta numerose delegazioni provenienti da vari Paesi d’Europa. L’ultima in particolare (luglio 2009) ha visto la partecipazione di 19 nazioni europee ed è stata contemporanea alla Brigata di Puerto Rico, per un totale di oltre 250 volontari oltre al personale dell’organizzazione ICAP.
Ciò significa che dalla colazione al lavoro (nei campi e/o negli edifici pubblici da ristrutturare come scuole, ospedali o altro), dai dibattiti, alle serate di svago, tutto è una girandola di lingue, idee, usi, lineamenti, racconti diversi.
La brigata è una brigata di lavoro.
Per quanto riguarda le giornate lavorative l’esperienza, è unica e forse indescrivibile, faticosa e appagante.
Seppur limitato, si tratta di un aiuto alle cooperative cubane simbolico ma concreto: il lavoro è lavoro vero e, per questo, lavoro che insegna.
Il lavoro della brigata è lavoro volontario.
Chi sceglie il lavoro volontario non fa una scelta a caso. Sceglie di usare il suo tempo e la sua energia per fare qualcosa di piccolo ma pur sempre prezioso, per se stesso e allo stesso tempo per qualcun altro.
In particolare partecipare ad una brigata a Cuba significa lavorare per un popolo costretto a condizioni difficilissime dal blocco economico imposto dagli USA ormai da 50 anni. E che, ciononostante, resta un popolo brillante, ribelle e giusto.
Il Campamento Julio Antonio Mella, che ospita orgogliosamente le brigate come questa, non offre solo la possibilità di passare un periodo in un posto meraviglioso e in maniera anticonvenzionale e interessantissima, ma dà anche la possibilità di sperimentare che si può vivere in modo diverso dal nostro, in cui spesso ci troviamo immersi nella ricchezza, nell’ipocrisia, nell’indolenza e nella carenza di valori e ideali.
La brigata permette di comprendere le difficoltà di un mondo diverso, lontano, vittima dell’ingiustizia, ma che è comunque capace di accogliere, comprendere a sua volta, e farti sentire importante.
La brigata è anche tanto divertimento.
I momenti di attività lavorative e informative (conferenze, documentari, incontri con autorità visite, etc.) si alternano a spazi dedicati allo svago: musica dal vivo, teatro, cinema, mare, escursioni, ballo, “fiesta” e chi più ne ha più ne metta.
La stanchezza degli impegni quotidiani non diminuisce la voglia di divertirsi e stare insieme.
Ovviamente ogni forma di sballo e droga è bandita.
PER INFO E CURIOSITA’:
promozionebrigata@libero.it
italiacuba.senig@gmail.com Leggi tutto...

giovedì 6 maggio 2010

Nuovo corrispondente da Cuba del quotidiano 'il manifesto'.


C'è il nostro uomo all'Avana: amici sempre, ciechi mai.
di Maurizio Matteuzzi

Con questo articolo, Roberto Livi comincia il suo lavoro di nostro corrispondente da Cuba.
Il compagno Roberto Livi cominciò la sua carriera giornalistica (e politica) molti anni fa al manifesto. Il fatto che adesso ritorni a scrivere per questo giornale dall'Avana ha un forte significato simbolico.
Noi siamo convinti, e l'abbiamo scritto più volte su questo giornale, che non ci sarebbe mai stata la rinascita - che qualcuno arriva a chiamare rinascimento - dell'America latina di questo primo decennio del secolo XXI se non ci fosse stata, in tutta la seconda metà del '900, la Cuba rivoluzionaria e castrista a offrire una straordinaria prova di resistenza e dignità.
Da 51 anni e da 11 presidenti degli Stati uniti Cuba resiste con successo alla «ossessione» anti-castrista di Washington (e Miami) e ai suoi incessanti tentativi di destabilizzazione, con l'unica eccezione (fallita) di Jimmy Carter e la debole disponibilità di Obama.
Ma Cuba è di fronte a scelte difficili e non più rinviabili, lo riconoscono anche i cubani e l'ha ripetuto più volte in questi due anni lo stesso presidente Raúl. Scelte drammatiche (e non tutte legate al criminale e grottesco blocco Usa che asfissia l'isola ribelle da quasi 50 anni), scelte decisive per il futuro della rivoluzione e delle sue conquiste sociali, che si annunciano dolorose e dovranno essere prese senza più l'ombrello protettivo che il carisma di Fidel garantiva.
Nei prossimi mesi e anni Cuba sarà ancora - e sempre di più - in prima pagina. Per questo è essenziale che un giornale come il manifesto abbia un occhio attento e sempre acceso «dal di dentro».
Ringraziamo il governo cubano e l'ambasciata di Cuba in Italia per la possibilità che ci hanno dato, accreditando Roberto Livi come corrispondente, di seguire l'evolversi della situazione da vicino e con continuità, evitandoci la pena di dover «interpretare» le notizie da e su Cuba quasi sempre provenienti - salvo rare e onorevoli eccezioni - da fonti e media (generalmente basati negli Usa o in Spagna) per nulla disinteressati e obiettivi, notizie poi riprese e rilanciate come fossero oro colato dai media (e dai politici) italiani.
Scrivendo da e su Cuba noi, al contrario degli altri, non pretendiamo di essere obiettivi. Perché, come ci ha insegnato qualcuno, l'obiettività non esiste e bisogna diffidare da chi la millanta.
Il manifesto è sempre stato e vuole continuare a essere amico di Cuba e della rivoluzione cubana, specie ora che si trova di fronte a dei nodi spinosi da sciogliere.
Partendo da questa amicizia e solidarietà scriveremo da e su Cuba cercando ogni giorno di smascherare le calunnie tendenziose e i luoghi comuni grossolani che quasi sempre accompagnano le informazioni sull'isola. Senza però chiudere gli occhi o tacere le critiche che di volta in volta riterremo giusto rivolgere agli amici e compagni cubani. Amici sempre, ciechi e incondizionali mai: l'incondizionalità non è nella natura e nella storia del manifesto.
È con questo spirito e questa garanzia che il manifesto e Roberto Livi si apprestano a vivere la stimolante avventura che comincia oggi.


I consumi della Revolucion.
di Roberto Livi

L'appuntamento è alle 5,30 del mattino al Barrio chino, il quartiere cinese nel cuore di Avana centro. È sabato primo maggio, la capitale caraibica esce dal sonno irrequieta al rumore degli autobus cinesi Yu tong, di vecchie e scassate corriere riciclate, di grossi camion che percorrono la città per convogliare centinaia di migliaia di persone a piazza della Revolucion. Lo slogan è «tutti uniti, per Cuba, Fidel e Raul e contro l'interferenza degli Usa e dei loro lacché dell'Unione europea e dei mercenari interni». Una sorta di chiamata alle armi.Il mio gruppo di tai chi quan è composto in gran parte di donne, cinquanta-sessantenni, madri e nonne, che ci tengono a partecipare alla sfilata assieme agli altri allievi e maestri della scuola di arti marziali cinesi (sulle pareti del piazzale in cui si svolgono gli allenamenti vi è la scritta vita e salute, armi della Rivoluzione).
Figlie della rivoluzione, sono disposte a una levataccia e a lunghe camminate sotto il sole per sostenerla. Il primo maggio con Fidel è parte dei ricordi, dall'infanzia alla maturità. Anche al presidente Raul non vogliono far mancare l'appoggio.L'intenzione di difendere la Rivoluzione rimane, ma l'umore è ben diverso dal passato. Non sfileranno di fronte al palco di Raul e delle autorità ballando (come nel 1968 quando cantavano rivolte a Fidel somos socialistas bailantes, bailantes), ma preoccupate per il presente ancor più che per il futuro, che si presenta comunque incerto. Sfilano assieme alle decine e decine di migliaia di persone che rappresentano il popolo dell'Avana e più in generale di Cuba, dagli studenti e insegnanti della scuola ai lavoratori della sanità che testimoniano le grandi conquiste della Rivoluzione, ai rappresentanti delle brigate di medici e maestri che lavorano in molti paesi dell'America latina, dagli sportivi e artisti ai lavoratori delle varie corporazione e imprese statali, fino ai reparti ordinati e compatti delle Forze armate rivoluzionarie, gli uomini di Raul, salutati dal presidente con uno sventolio del cappello di paglia.Dal presidente, i cubani non si attendono solo i richiami a unirsi per difendere Cuba dai nuovi tentativi di destabilizzazione provenienti dal potente vicino nordamericano che, questa volta «assieme all'Ue e ai mercenari interni», agita «strumentalmente» il tema dei diritti umani. Né le lodi alla rivoluzione. Quello che vogliono sentire da Raul sono parole che annuncino un cambio por lo mejor, misure che assicurino una vita migliore, ovvero salari che permettano di arrivare alla fine del mese, aperture al lavoro particular (privato) o a cooperative nel settore dei servizi e dell'alimentazione oltre che nell'agricoltura, la possibilità di andare liberamente all'estero. Nei grandi temi, il socialismo cubano - sanità e scuola gratuite, assistenza ai più poveri - per loro va bene. Libertà di espressione, di associazione politica, insomma la questione dei diritti umani, è più materia di mugugno che di esigenze reali. Il vero, e potenzialmente pericoloso, fattore di preoccupazione e malcontento - anche fra i giovani che più guardano agli standard occidentali - è di natura economica.Come dar loro torto: i prezzi aumentano, i prodotti di largo consumo sempre più difficili da trovare. La crisi economica è drammatica, le finanze statali sono al lumicino e le esigenze sono enormi, visto che Cuba importa quasi il 70% di quello che consuma. Patate e fagioli scarseggiano, una libbra (circa mezzo chilo) di riso è passata da 3,5 a 8 pesos (da 18 a 40 centesimi di euro per uno stipendio medio che si aggira sui 15-18 euro al mese), la carne di manzo è un lusso per pochi. La libreta de abastecimiento, che assicura a ogni cubano una serie di prodotti alimentari di base quasi gratuiti, non basta che per un paio di settimane al massimo. La gente lucha e inventa, ovvero si arrangia per arrivare alla fine del mese. Tutti sinonimi di appropriarsi dei beni dello stato, venderli sottobanco, corrompere e essere corrotti. Insomma vi è una grande massa di gente che si vede costretta a muoversi nell'illegalità, a giustificare ruberie col fatto che bisogna arrangiarsi. E spesso a praticarle sono capi, ispettori e via dicendo.Non si tratta di una denuncia fatta dall'opposizione, per altro assai ridotta e fortemente condizionata economicamente da enti governativi nordamericani. Il quadro sopra esposto appare ogni venerdì nelle pagine dedicate alle lettere al direttore di Granma, l'organo del partito comunista. E con altrettanta frequenza nelle lettere a Juventud rebelde. Ne citiamo alcune: «Dinamizzare il modello economico per salvare il modello (socialista, ndr) sociale», scrive A. Orama Munero (Granma del 16 aprile). «Lo Stato deve stimolare le forze produttive, liberarsi dei carichi eccessivi che non può controllare, soprattutto l'egualitarismo (salariale, ndr)» che «frena le forze produttive». «La Rivoluzione ha convertito la maggioranza dei mezzi di produzione in proprietà sociale. Cambiare questa situazione sarebbe un errore», afferma M.C. Aledo Roller (Granma del 9 aprile). Però «se vi fossero molti più calzolai, muratori, carpentieri tassisti, e la lista può essere infinita, che lavorano per se stessi e producono beni e servizi senza sfruttare ed essere sfruttati.. questo non significherebbe che stiamo tornando al capitalismo» . «I cambi creano resistenza» nella burocrazia del partito-stato: «È necessario un cambio nella sfera economica, di questo nessuno dubita. Soprattutto nella produzione di alimenti il popolo chiede risultati, cibo. Raul Castro l'ha detto chiaro che si tratta di una questione di sicurezza nazionale: mettiamo fine alla corruzione, all'assenteismo, alla burocrazia... affrontiamo i nostri problemi e il nostro Socialismo continuerà a essere un esempio per tutto il mondo» (R. Garcia Macìa, Granma del 30 aprile). Fin dalla sua nomina a nuovo presidente, il 24 febbraio 2008, Raul Castro ha dimostrato che il suo stile di governo è improntato al pragmatismo. Ha eliminato proibizioni assurde (possesso di cellulari e computer, affitto di auto, possibilità di ospitarsi in alberghi, di gestire taxi privati..), ha criticato l'egualitarismo, affermando che non vi sarebbe stata uguaglianza di salari, ma uguaglianza di opportunità, e ha avviato una grande redistribuzione delle terre incolte dello Stato, della quale hanno beneficiato centomila famiglie.Poco a poco è iniziata a emergere la Cuba reale, al di là della propaganda. E il quadro era critico, come quello esposto dalle lettere al Granma. Per affrontarla, il nuovo presidente sembra volersi muovere sulla base di riforme che riducano i «benefici per tutti» (la libreta de abastecimiento, i comedores obreros) e aumentino il reddito a chi produce (eliminazione del tetto salariale, possibilità di un secondo lavoro, distribuzione di terre). Solo che si tratta di un progetto non completamente (e chiaramente) delineato e che incontra difficoltà (se non opposizione) nell'elefantesca burocrazia, nell'abitudine al lavoro garantito (mentre Raul ha affermato che vi è un milione di posti di lavoro improduttivi). In questo modo i tagli avanzano più in fretta della crescita dei salari, secondo il sindacalista Salvador Valdés. La crisi economica globale e la scarsità di liquidità finanziaria dello Stato ha poi reso necessaria una sorta di congelamento dei debiti esteri (alla fine dell'anno scorso era stato saldato un terzo del debito estero) con conseguenti tagli negli investimenti esteri nel Paese e nell'importazione di beni.Dunque le riforme vi sono state. Ma la percezione della gran parte dei cubani è che non siano sufficienti. Che il più resti da fare. La gran parte dei cubani chiede «cambiamenti attuati con urgenza», ha ribadito giorni fa anche la massima autorità della chiesa cubana, il cardinale Jaime Ortega. Per l'arcivescovo dell'Avana, a Cuba esiste un «consenso nazionale» sulla necessità di cambiamenti. E il fatto che si ritardino «produce impazienza e malessere nella popolazione». Le mie compagne di tai chi, come la gran parte dei manifestanti, dopo la lunga attesa e la sfilata ritornano a casa sudate e stanche, ma anche più allegre. Alle richieste di Raul e della Rivoluzione hanno risposto ancora una volta: presente! Senza la retorica che troppo di frequente abita nei media ufficiali hanno dimostrato di voler difendere «le conquiste del socialismo», il fatto che i loro figli «sono diventati medici senza spendere un centesimo», che possono dirsi orgogliose di abitare un paese che non si piega, «non si mette in ginocchio di fronte alle pressioni esterne», come recitavano gli slogan in piazza della Rivoluzione. Ora però chiedono a Raul di ascoltare la loro voce, le loro speranze ed esigenze di cambiamenti.
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