lunedì 25 aprile 2011

Contro ogni fascismo, ieri, oggi, SEMPRE.

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sabato 23 aprile 2011

Il volto nuovo di Cuba


di Fabrizio Casari
Lo si può obiettivamente definire un Congresso straordinario quello che ha appena celebrato il Partito Comunista di Cuba. Straordinario perché straordinarie sono le misure che ha adottato e straordinario perché ha raccolto una sfida per il futuro che, piaccia o no, lontano dalle letture stereotipate e ignoranti che la stampa italiana propone, prefigura un’evoluzione autentica, profonda, del sistema socialista. Magari non sarà di moda, non catturerà gli elogi delle major della comunicazione, ma raccoglie e valorizza le istanze popolari del Paese: che, alla fine, è quello che conta.
Il Congresso si è tenuto in concomitanza con il 50esimo anniversario della fallita invasione mercenaria alla Baia dei porci e, forse, non poteva esserci data più simbolica per indicare una nuova fase. Cinquant’anni fa la resistenza popolare che ricacciò in mare i mercenari aprì la strada al carattere socialista della Rivoluzione e oggi, le misure adottate, sembrano voler ratificare per il futuro la medesima scelta.
L’indicazione che viene da questa terza fase della vita della Rivoluzione cubana è che si negoziano politiche e forme dell’organizzazione sociale, non i princìpi. Il disegno del nuovo corso cubano risiede fondamentalmente nell’adeguamento del progetto economico e sociale della Rivoluzione alle condizioni generali internazionali e interne. Proiettare il socialismo dalla storia passata e presente a quella futura è la scommessa e cambiare il modello per rafforzare il sistema è il modo di vincerla. Il preambolo del progetto è, infatti, la sua stessa sostanza: il sistema socialista si evolve per vincere. Si deve cambiare il modello per rivitalizzare il sistema e si deve mantenere il sistema per far vivere Cuba.
Il piano di riassetto economico dell’isola era stato ampiamente esposto dal documento che convocava il Congresso. Ne avevamo già scritto su Altrenotizie al momento della sua diffusione (http://www.altrenotizie.org/esteri/3595-cuba-socialismo-del-terzo-millennio.html). Averlo sottoposto al giudizio popolare in lungo e largo del Paese per cinque mesi ha prodotto diverse modifiche al testo originario, ma la sostanza dell’operazione politica è stata confermata. E qui, davvero, non si può non cogliere un elemento di merito sul piano della democrazia reale: sarebbe interessante verificare in quali dei paesi che si autocelebrano democratici (e magari accusano Cuba di non esserlo) i piani di riforme economiche sono sottoposti al vincolante vaglio popolare.

Questa è l’essenza delle riforme approvate e, in questo senso, esse aprono la strada al cambiamento compatibile. Compatibile, sì, perché sono riforme che partono non da teorie economiche astratte, ma che si misurano con la situazione concreta del Paese.
Nascono dall’individuazione dei bisogni e anche dei limiti sin qui palesati; si proiettano sull’esigenza di crescita interna in base alle necessità e alle possibilità concrete. Non hanno riferimenti dottrinari, dal deciso sapore teologico, sbertucciati da teorie universitarie; non obbediscono cioè ai modelli predefiniti - imperanti quanto fallimentari - ma, sfida nella sfida, propongono una “via cubana” per l’economia di Cuba.
Un modello adatto all’isola, cucito su misura delle esigenze interne, perché quello vigente è incompatibile con il quadro generale. Si vuole superare un’identità dogmatica - e in ultima analisi inefficace - che persisteva a dispetto delle profonde modificazioni nella realtà nella quale vive. Cuba ha scelto di adeguare e non di cancellare, di riformare e non di abdicare, di evolversi e non di cristallizzarsi.
La riforma del mercato del lavoro è certamente il fatto nuovo, che rompe schemi consolidati e apre scenari diversi da quelli ipotizzati fino a pochi anni orsono e determina comunque la necessità di formare diverse generazioni di cubani a un nuovo modello di sviluppo. L’intenzione chiara è quella di far funzionare ciò che non funziona, giacché l’inefficienza e la disorganizzazione diventano insopportabili in un’economia già prostrata dal blocco economico statunitense lungo più di cinquant’anni e che ha rappresentato l’impossibilità per Cuba di programmare la sua economia come qualunque altro paese del mondo.
L’economia pianificata e i rigidi piani quinquennali cedono ora progressivamente il posto a un’idea dinamica e d’aggiornamento costante del processo di crescita economica. Agricoltura, edilizia, trasporti, falegnameria, servizi generali alla cittadinanza e al turismo, sono le aree dove maggiormente verranno indirizzati gli sforzi di modernizzazione e trasformazione. Apertura alle piccole imprese, preferibilmente su base cooperativa ma non solo; cessione di sovranità dall’alto verso il basso nella regolamentazione della legge della domanda e dell’offerta, nell’obiettivo di ridisegnare la mappa dei bisogni della popolazione e del loro soddisfacimento; abolizione sostanziale del valore assistenziale del salario per trasformarlo in elemento di valore concreto rispetto all’opera sostenuta ed al valore sociale che essa rappresenta.
I passi sono diversi e gradualmente verranno effettuati. La restituzione della terra ai privati si prevede che impiegherà 130.000 nuovi contadini e saranno quasi 200.000 le licenze di commercio destinate alle piccole aziende, dove verranno allocati i circa 2 milioni di lavoratori (su un totale di 5) che usciranno dal settore pubblico per entrare in quello privato. Oltre a ciò, l’emersione legale delle attività fino a ieri svolte illegalmente, eliminerà il mercato parallelo esistente, dove tanto per le prestazioni come per i materiali si trova tutto quello che ufficialmente non c’è e che, alterando in profondità il dato ufficiale, produce ricadute fortemente negative per la pianificazione l’organizzazione del mercato interno. L’obiettivo finale è ridurre al minimo la distanza tra domanda di beni e servizi alla cittadinanza e la loro offerta.
Dallo sviluppo del settore privato, che si prevede possa portare al 40% del Pil nei prossimi cinque anni, giungeranno sia i risparmi derivanti dalla minore inefficienza, sia le risorse (sotto forma d’imposte) che verranno utilizzate per il mantenimento dello stato sociale, già di per se alleggerito dalla progressiva eliminazione delle forme generalizzate di sussidi che, pure se insufficienti, rappresentano comunque un macigno per l’economia del Paese.
La caratteristica storica principale del sistema cubano è stata, infatti, quella di riuscire a sostenere un livello di welfare state senza uguali al mondo. Al mantenimento di questo sono state dedicate risorse infinite e per questo sono state affrontate e sostenute difficoltà crescenti, nel convincimento che l’egualitarismo dovesse essere il tratto identitario del modello. Da oggi, alla luce dell’impossibilità di continuare a sostenere economicamente quel modello, ma nella volontà decisa di mantenere il sistema, si cambia.
La via scelta è quella della trasformazione di un’economia rigidamente ed esclusivamente statale, in un’economia mista (pubblica e privata) che generi il gettito fiscale per la copertura del welfare. Verrà aperta la strada ai capitali privati dall’estero, fondamentali per finanziare l’aggiornamento tecnologico e delle infrastrutture necessario a recuperare quote di produzione, tanto per l’export come per il consumo interno. Sarà lecito il profitto e la tassazione dello stesso, che servirà a dotare la fiscalità generale delle risorse finanziarie di cui ha bisogno per la gestione ordinaria e straordinaria del Paese.
Dove si potrà e dove si vorrà, i dipendenti di ieri potranno essere i soci di domani. Uguali opportunità e uguali diritti; valore del lavoro e quindi del salario sono i nuovi parametri di un’organizzazione sociale capace di proiettare il paese verso la stabilità economica. E questa che, insieme alla sovranità politica, garantisce l’indipendenza e lo sviluppo, sinonimi veri dell’uguaglianza tra tutti i cubani.
La riorganizzazione della società cubana è un altro dei passi verso una nuova Cuba. L’elemento “politico” più importante sembra quindi essere quello del ristabilimento dei ruoli nella società cubana. Si tratta di una trasformazione determinante, anche sotto l’aspetto della battaglia contro l’inefficienza e la corruzione, che sposta l’asse dell’equilibrio della società cubana su parametri diversi, ridisegnando la mappa delle forze sociali che agiscono nel tessuto del Paese.
La nuova articolazione delle forze sociali sull’isola sarà motore e misura del cambiamento. Le diverse componenti sulle quali si articola la società cubana avranno compiti diversi perché diverse sono le ragioni sociali su cui si fondano e avranno ruoli diversi perché diversi saranno i campi nei quali si cimenteranno. Quando Raul afferma che “bisogna togliere al partito le funzioni che non gli competono”, si capisce che la sovrapposizione e la mescolanza tra Partito e Stato é destinata a essere superata da una divisione chiara per ruoli diversi.
Il partito, infatti, perno centrale della direzione politica, viene sollevato dalla direzione della gestione amministrativa. Pur mantenendo il suo ruolo di collante sociale e politico, di luogo di elaborazione d’idee e proposte che però, sotto il profilo della gestione economica e amministrativa, sarà lo Stato a dover gestire.
In simultanea con la progressiva riduzione del peso del partito nella gestione amministrativa, emerge con evidenza il ruolo delle Forze Armate, che dall’inizio degli anni ’90 sono impegnate seriamente anche nelle attività economiche. Analisti improvvisati da un tanto al chilo, ritengono che in questo risieda la prova di un riassetto dei poteri funzionale al nuovo gruppo dirigente che ha nei militari il nuovo fulcro. Ma una simile lettura è come minimo superficiale, legata a un’interpretazione politicista e tutta avvitata sulle suggestioni eurocentriche dell’organizzazione sociopolitica. E’ invece opinione diffusa, a Cuba, che siano proprio quelle gestite dalle FAR le attività economiche più efficienti. Del resto é questa una caratteristica peculiare di Cuba, che anche qui si rivela Paese assolutamente diverso dagli altri.
E risulta chiaro come la difesa dell’indipendenza, della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale di Cuba passi anche dalla sua capacità di far evolvere la sua economia; l’indipendenza politica non è sufficiente se non c’è quella economica. Difendere il Paese dalle aggressioni esterne, quindi, deve accompagnarsi anche con la difesa del suo modello sociale ed economico dall’erosione costante, che potrebbe altrimenti generare fenomeni d’implosione interna non meno minacciosi dell’aggressione imperiale a stelle e strisce.
E’ qui che va collocata la nuova centralità delle FAR nel processo di rilancio dell’economia. Il recupero della capacità produttiva si fonda su una diversa organizzazione del mercato del lavoro e Cuba dovrà tornare a produrre per poter di nuovo esportare. Ma non potrebbe determinarsi una battaglia vincente contro l’assenza di disciplina lavorativa e per la gestione efficace delle risorse se l’interprete migliore di queste dinamiche fosse confinata nel suo esclusivo ruolo istituzionale. Sprechi, inefficienze e abusi possono essere fortemente ridotti proprio attraverso politiche premianti e calibrate sulle necessità del consumo interno oltre che da una disciplina maggiore. Le inefficienze e gli abusi, infatti, prosperano nell’illegalità, che dapprima trasforma i diritti in privilegi e poi i privilegi in diritti acquisiti.
L’egualitarismo assoluto, icona ideologica dell’apparenza, può diventare sostanza proprio nello smascheramento della diseguaglianza intrinseca e la denuncia della sua insopportabilità é condizione primaria per affermare l’uguaglianza nei fatti. I diritti sono collettivi, le responsabilità sono (anche) personali. Non più il livellamento salariale al netto di qualunque differenza nella responsabilità sociale dell’impiego; non più la garanzia di uno stipendio a prescindere dallo svolgimento delle mansioni per le quali quello stipendio si riceve. Le politiche salariali premianti saranno la base concettuale sulla quale restituire efficienza e disciplina lavorativa. Lo Stato dovrà riprogrammare quanto e cosa produrre e, quindi, la forza lavoro necessaria allo scopo. Affidare ai privati la produzione dei servizi destinati al consumo interno è un’utile primo passo verso la modernizzazione del Paese in un contesto di rinnovamento senza abiure.
Per chi quindi si affretta a dipingere la fine del socialismo, nascondendo nelle righe la sua personale aspirazione e per chi (dalla parte talmente opposta che finisce per congiungersi alla precedente) inorridisce di fronte al cambiamento che minerebbe l’essenza socialista dell’isola, si prevedono delusioni a raffica.
L’aspetto più netto della nuova identità socialista di Cuba è quello d’identificare l’esercizio della democrazia con un sistema valoriale che propone uguali diritti, uguali doveri e uguali responsabilità.
Che traccia il cammino collettivo intendendo la società non più come somma numerica d’individui forzatamente uguali e nella sostanza diversi, ma come dimensione armonica delle diverse individualità che nello sforzo comune diventa sostanziale uguaglianza, garantendo ognuno per garantire tutti e non più tutto a tutti a prescindere dal contributo di ognuno verso il bene comune.
Il nuovo obiettivo è raggiungere gli obiettivi. La nuova dottrina è l’abolizione delle dottrine. La riforma del modello sarà la base del rafforzamento del suo sistema. E’ un vento nuovo dal sapore antico quello che soffia sul Malecon. Il socialismo è entrato nel terzo millennio e, stando a ciò che si vede, non ha alcuna intenzione di uscirne.
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martedì 19 aprile 2011


Comunicato stampa dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba sull’articolo della giornalista Diana Alfieri pubblicato sul quotidiano "Il Giornale" del 15 aprile 2011, in merito alle celebrazioni del 50° anniversario della fondazione dell’Associazione Nazionalele di Amicizia Italia-Cuba e della vittoria del popolo cubano contro l’invasione di Playa Giron.


L’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba celebra orgogliosamente i suoi primi 50 anni di solidarietà con la Rivoluzione cubana e non si sorprende nel leggere l’articolo della signorina Diana Alfieri che ripropone fedelmente il clichè di un giornalismo cortigiano, prezzolato e senza nessuna etica professionale.
L’articolo apparso sul quotidiano “Il Giornale” è con tutta evidenza scritto con livore e furore ideologico probabilmente per compensare il vuoto di contenuto che lo
contraddistingue. Comunque, visto che l’articolo è anche offensivo, vorremmo ricordare alla “signorina giornalista” un paio di cose che le sfuggono, forse (speriamo) a causa della sua giovane età. Quando si cita un cognome, vedi nel titolo “… tra gli ospiti la Faranda…”, dovrebbe essere citato anche il nome per non creare confusione tra i lettori, visto che tale cognome è riconducibile, se non lo si spiega, ad una nota persona condannata in passato per azioni terroristiche, che nulla ha a che vedere con l’Avvocatessa Tecla Faranda.
In merito alla seconda ospite del convegno, la dr.ssa Silvia Baraldini, la giornalista dovrebbe ricordare alcune cose ai lettori del quotidiano sul quale scrive. Silvia Baraldini ha scontato molti anni in un carcere di massima sicurezza degli Stati Uniti non per aver fatto evadere un terrorista, bensì per non aver dichiarato chi erano coloro che commisero l’azione criminosa di cui è stata ingiustamente accusata. Mettere poi in discussione la salute della Signora Baraldini è un atto vigliacco e prepotente, cosa della quale l’autrice dell’articolo dovrebbe vergognarsi. Inoltre è bene ricordare alla “giornalista” che concorsero all’estradizione di Silvia Baraldini diverse concause, non per ultima la strage del Cermis (20 morti causati dall’idiozia di un pilota USA su un aereo militare statunitense), per la quale il nostro Paese non ha potuto/saputo fare giustizia.
Ed ora veniamo alle celebrazioni.
L’Associazione Italia-Cuba nasce nel 1961 quando gli USA aggredirono
militarmente la giovane rivoluzione guidata dai “barbudos” che avevano
cacciato il dittatore Fulgencio Batista che tanta morte e miseria
aveva provocato nell’isola con il beneplacito dei governi statunitensi
dell’epoca. Ricordiamo alla signorina che ci furono manifestazioni di
appoggio e solidarietà con la giovane rivoluzione in tutta la nostra
penisola e che proprio a Milano venne ucciso per mano della
polizia lo studente Giovanni Ardizzone. A Cuba Giovanni Ardizzone
è molto amato e ricordato: a lui da molto tempo è dedicata la
Facoltà Universitaria di Medicina ospitata presso l’ospedale dell'Isola
della Gioventù, ed una sua foto è esposta nell’aula magna di Nueva
Gerona.
La CGIL di Milano come tante altre organizzazioni sindacali del
nostro paese ha contatti da molti anni con la CTC, il sindacato cubano,
che fa parte della O.I.L., (Organizzazione Internazionale del Lavoro).
Pertanto c’è poco da essere sorpresi per i rapporti che ha il più
grande sindacato italiano visto che da molti anni questo è impegnato
in progetti di solidarietà nel sud dell’isola.
La giornalista si prende gioco anche del rappresentante del governo
cubano in Italia, la Signora Ambasciatrice Carina Soto Aguero,
ci chiediamo se usa lo stesso stile quando si rivolge ad altri
ambasciatori di altri paesi. “…. Non ti curar di loro ma guarda e passa…..” scriveva Dante Alighieri perché effettivamente la Rivoluzione Cubana ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà la storia, il presente e
il futuro, mentre i mediocri continueranno a raccontare menzogne allora
come ora.
L’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba esprime tutta
la sua solidarietà al Segretario della Camera del Lavoro di Milano
Onorio Rosati per il vile attacco giornalistico a lui rivolto per
aver deciso di ospitare i festeggiamenti del 50° anniversario della
vittoria di Playa Giron e della fondazione dell’Ass.ne Italia-Cuba.
La nostra Associazione nel compiere mezzo secolo di vita riafferma il
suo impegno nel difendere la Rivoluzione cubana che continua nella
costruzione di una società socialista, avanzando nello sviluppo e
nell'aggiornamento del modello economico da seguire,e consolidando
le conquiste raggiunte ---

Segreteria Nazionale della Associaziazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba --
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domenica 17 aprile 2011

Resteremo umani ....Ciao Vik


La cosa che principalmente accomuna Cuba e Palestina, è la manipolazione e censura dei mezzi d’informazione occidentale che portano come grave conseguenza l’effetto dell’isolamento e della non denuncia delle violazioni, violenze, attacchi terroristici e soprusi a cui sono sottoposti, ormai da anni ed anni, il popolo cubano ed il popolo palestinese, a causa dello strapotere espansionistico ed imperialistico degli Stati Uniti d’America, che a loro volta, finanziano ed appoggiano anche Israele, nel caso specifico della Palestina.
A Cuba innumerevoli attacchi sono stati perpetrati dai gruppi terroristi cubano americani finanziati dal governo degli Stati Uniti. Tutti i paesi occidentali , con il loro silenzio, sono complici di questa politica aggressiva statunitense. Le persone che la stampa presenta come “dissidenti” politici sono invece mercenari finanziati dagli USA per rovesciare lo stato cubano e creare instabilità nel popolo cubano.
Nel caso della Palestina sono in corso innumerevoli aggressioni di Israele sul popolo palestinese, non si tratta di un occupazione ma di uno sterminio di un intera popolazione e di una guerra impari, fatta di bombardamenti con bombe al fosforo bianco, per es. come accade a Gaza, in cui spesso le vittime sono bambini palestinesi. I coloni e l’esercito israeliani si impossessano delle terre, delle case, dei luoghi di culto dei palestinesi, distruggono, incendiano ed uccidono sotto gli occhi di tutto il mondo, con il tacito consenso della stampa che non denuncia i gravi crimini commessi e mostra Israele come uno stato che si difende invece da attacchi palestinesi che vengono falsamente dipinti come terroristici.

Vogliamo ricordare Vittorio Arrigoni il pacifista anti-imperialista ucciso ieri con le sue stesse parole, tratte dal blog guerrillaradio.iobloggo.com su cui ha continuato a scrivere fino al momento di esser rapito:

“Guerriglia alla prigionia dell'Informazione. Contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile. La brama di Verità prima di ogni anelito, l'abrasiva denuncia, verso la dissoluzione di ogni soluzione precostituita, L'infanticidio di ogni certezza indotta. La polvere nera della coercizione entro le narici di una crisi di rigetto. L'abbuffata di un pasto nudo, crudo amaro quanto basta per non poter esser digerito”.
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