domenica 27 ottobre 2013

Camilo, l'héroe sonriente.

Omaggio a Camilo Cienfuegos nell'anniversario della sua scomparsa, héroe sonriente perché nelle tante fotografie e ritratti appare sempre sorridente e gioviale, è forse l'unico eroe più popolare di Ernesto "Che" Guevara a Cuba. Camilo era un uomo del popolo, un habanero doc, di umili origini, nato nel quartiere popolare di l'Avana vecchia e lì tra quella gente rimane per antonomasia il più grande ed indimenticato eroe cubano di tutti i tempi (più del Che e dello stesso Josè Martì). Mentre Che Guevara ha avuto un'indiscutibile "internazionalizzazione" della sua figura, del suo pensiero, delle sue idee, Camilo Cienfuegos ha attecchito popolarmente, è rimasto un eroe su scala nazionale: la imagen del pueblo. Ogni guerrigliero latino americano potrebbe facilmente riconoscersi nella sua figura. Alto, bruno, magro perennemente mostratoci con una barba bruna ed un cappello a metà strada tra il cow-boy statunitense ed il guajiro caraibico e con gli occhi protesi ad una genuina risata. Aveva ventiquattro anni quando giunge in Messico per partecipare alla spedizione del Granma. E' un'età che corrisponde a quella media dei suoi compagni: Camilo è più giovane di Fidel e del Che, ma più vecchio di Raul Castro e di Frank Paìs. Due anni più tardi, trasformato in barbuto e in leggendario capo guerrigliero, entrerà all'Avana alla testa delle colonne dell'esercito ribelle, al fianco del Che. All'inizio Camilo Cienfuegos è un giovane come tanti altri, mosso dal patriottismo e dallo spirito di avventura. La lotta farà di lui un leader. Certi particolari sulla sua biografia e gli aneddoti che corrono sul suo conto ci dicono però qualche cosa di più. Un mattino all'alba, poco dopo il golpe di Fulgencio Batista, in casa dei genitori, con i quali all'epoca Camilo viveva, era comparso un cane randagio e Camilo lo aveva adottato, come prima altri cani, battezzandolo Fulgencio: gli era parso che fosse il nome più adatto per un bastardo. Gli è che, in quella casa, la politica era pane quotidiano. Il padre di Camilo, Ramòn, uno spagnolo, era stato attivista sindacale della Uniòn de Operarios Sastres (Unione dei lavoratori di sartoria) e qualche anno prima aveva pubblicato un manifesto dal titolo incendiario La rivoluciòn rusa si extenderà por el mundo (La rivoluzione russa si estenderà a tutto il mondo). In seguito, durante la guerra civile spagnola, Camilo, ancora bambino, aveva spesso accompagnato il padre durante le sue collette per la raccolta di fondi.Buon narratore, amante degli animali, audace e pronto ad affrontare qualsiasi rischio, animato da un profondo senso dell'amicizia, Camilo mancava però di una virtù: la disciplina. All'epoca, tuttavia, poteva sostituirla con lo spirito d'avventura. Operaio come suo padre, un giorno aveva deciso di andare negli Stati Uniti. Lì aveva fatto i lavori più svariati, nessuno dei quali stabile. Fu proprio in quel periodo che Camilo sviluppò un grande senso dell'ironia e dell'autoironia, iniziò a firmare le sue missive ai familiari ed agli amici con un sarcastico "K100", che in spagnolo si pronuncia "Ca Cien". Ma un bel giorno il cubano emigrato avverte "un gelo da spaccare il cuore a chiunque", e ritorna in patria. La distanza gli ha permesso di rendersi conto ,dei mutamenti intervenuti. E' partito con Batista al potere; tornato, ritrovava ancora Batista al suo posto: con la differenza che l'ex sergente ha ormai dato fondo a tutti i suoi trucchi demagogici, mostrando apertamente il ceffo del dittatore. "Sono certo, - scrive Camilo a un amico nel 1956 - che se tu fossi a Cuba resteresti sbalordito delle cose che qui avvengono. I soprusi sono tali, che solo chi ne é testimone può convincersi della loro realtà". La lotta per le strade, le manifestazioni che nelle città si sono trasformate in aperta protesta lo coinvolgono, e Camilo finisce una volta in carcere e un'altra all'ospedale. In quel torno di tempo, gli capita un'esperienza che non dimenticherà mai più, e la riferisce in una sua lettera: "Fu quando il mio vecchio, travolto dalla tensione e dall'emozione, levò la benda macchiata di sangue con cui mi aveva tamponato la ferita, e disse: "E' il sangue di mio figlio, ma é sangue versato per la rivoluzione". Il padre e il figlio, che un tempo avevano raccolto, fianco a fianco, fondi per la guerra civile spagnola, avrebbero ancora proceduto assieme. La tradizione rivoluzionaria non era andata perduta: al pari di tanti altri giovani cubani della sua generazione, Camilo si era assunto la responsabilità di portarla avanti. Fu scelto come ultimo (o forse penultimo) membro della spedizione del "Granma" da Fidel Castro. Camilo sarà poi tra i pochissimi sopravvissuti all'imboscata batistiana di Alegria del Pio e si distinguerà per le sue notevoli doti di coraggio e abnegazione alla causa della guerriglia sulla Sierra Maestra così da essere nominato Comandante di una delle più importanti colonne della guerriglia che libereranno la regione centrale dell'isola caraibica. L'eroe sorridente esprimerà il suo più alto capolavoro a Yaguacay, nel versante nord della parte centrale di Cuba, dove al comando di un manipolo di uomini costringerà alla resa lo stratega batistiano Jabon Lee ed i suoi soldati asserragliati nel famoso "cuartel". Questa superlativa azione congiuntamente con la straordinaria impresa di Che Guevara a Santa Clara costringerà Batista alla capitolazione definitiva e determinerà quindi l'ingresso vittorioso dei barbudos ad ovest sino a l'Avana. Non gli fu però concesso di partecipare a lungo, dopo la vittoria sulla dittatura, alla costruzione della sua nuova patria. Il 28 ottobre 1959, a soli 27 anni, Camilo Cienfuegos morì mentre tornava su di un piccolo aereo da Camaguey dove era andato per sedare una rivolta guidata da Hubert Matos. L'aereo incappò in un fortunale e scomparve in mare. Il suo cadavere non venne mai trovato e ancora oggi, il 28 ottobre, in ogni parte di Cuba la gente va in riva al mare o su un fiume e vi getta "una flora para Camilo", un fiore per Camilo. Ma egli continua a vivere nella memoria di un popolo che si riconosce pienamente in colui che, semplice lavoratore, fu esaltato dalla rivoluzione a capo leggendario di un popolo che ha fatto proprio il motto: "C'é stato un Camilo, ci saranno molti Camilo". Addirittura Che Guevara chiamerà uno dei suoi figli Camilo. A Yaguacay oggi vi è uno stupendo monumento dedicato all'eroe sorridente, proprio di fronte al mitico "cuartel" e sotto la statua bronzea di Camilo è situato un museo dedicato all'eroe habanero. In questo museo sono contenuti molti reperti e documenti, sicuramente quelli più interessanti sono costituiti dalla corrispondenza tra Che Guevara e Camilo, dove emerge un grande rispetto reciproco e soprattutto l'aspetto ironico ed ottimista di Camilo che unico tra i baburdos poteva permettersi di sfottere il severissimo comandante Guevara firmandosi con degli "tu eterno chicharron" [chicharron - cicciolino, è un termine confidenziale usato per carinerie intime tra innamorati Ndt].
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martedì 22 ottobre 2013

In viaggio, per porre fine all'embargo Usa

di Roberto Livi 1200 miliardi di $: è il costo del «blocco» che, rinnovato da Obama, dura da 50 anni. Il contrasto, anche economico, ora c'è: i 180mila viaggi di cubani nel mondo, grazie alla riforma di Raúl Castro e i ritorni dei cubanoamericani Eduardo Fabio è un piccolo mulatto, un anno compiuto da poco, steso su un lettino del Cardiocentro pediatrico William Soler dell'Avana. Respira da un tubo di ossigeno e sul petto ha i sensori che ne misurano i dati cardiaci. È stato operato da poco per un difetto cardiaco, associato alla Sindrome di Down. Piccolo, malato, non sa di essere un nemico del più grande impero, gli Stati Uniti, che dal 1962 hanno decretato un blocco economico-finanziario contro Cuba, che rende difficile e molto costoso reperire materiale medico per curare casi come il suo: tra maggio 2012 e aprile 2013, il governo cubano ha dovuto pagare un extra di 39 milioni di dollari per procurarsi medicamenti, vaccini e materiale sanitario aggirando l'embargo. Di fronte al corpicino di Eduardo Fabio si erge dunque una montagna di denaro, quasi 1200 miliardi di dollari, quasi mille miliardi di euro, una trentina di finanziarie. È l'ammontare dei danni per Cuba del cinquantennale embargo, rinnovato nel settembre 2012 dal presidente Obama. Nella valutazione dei danni, espressa di fronte ai giornalisti riuniti in una sala dell'ospedale William Soler, il viceministro degli Esteri, Abelardo Moreno ha messo in luce come nel 2009, al momento di insediarsi, Obama avesse annunciato una nuova politica verso l'Avana. E come, cinque anni dopo, non solo abbia mantenuto il blocco economico, ma in alcune sfere economico-finanziarie lo abbia reso più duro. I dati forniti da Moreno fanno parte del documento - si può consultare in internet in www.cubavsbloqueo.cu - che Cuba presenterà tra una ventina di giorni all'Assemblea dell'Onu per chiedere una risoluzione di condanna del blocco economico statunitense. E come capita ormai dal 1992, l'Avana avrà l'appoggio della quasi totalità dei Paesi membri (l'anno scorso 188 paesi hanno appoggiato la risoluzione di Cuba e tre, Usa, Israele e isole Palau, hanno votato contro). L'embargo prevede infatti sanzioni degli Stati Uniti verso imprese e istituti finanziari, non solo statunitensi ma anche internazionali, che accettino di commerciare o avere rapporti con Cuba. Tra gennaio e settembre di quest'anno gli Usa hanno obbligato trenta compagnie, nordamericane e straniere, a pagare 2.446 milioni di dollari per aver avuto relazioni con l'Avana. Con che diritto?, si è chiesto Moreno, visto che Washington sta violando anche le norme dell'Organizzazione mondiale del commercio (Omc). Questo è l'inizio del post. E questo è il resto. Leggi tutto...

venerdì 11 ottobre 2013

Letture per lottare

E questo è il resto.
Care e cari tutti, vi invito a partecipare alla rassegna "Letture per Lottare" che avrà inizio il 19 ottobre e si concluderà il 21 novembre 2013. Sono quattro incontri con autorevoli scrittori che presenteranno i loro libri trattando argomenti importanti ai quali pensiamo sia doveroso dare spazio e voce. Il primo di questi incontri si svolgerà sabato 19 ottobre alle ore 18.00 presso il centro sociale l'Incontro in Via Tessitori a Jesi. (zona Campo Boario) Il fotografo e scrittore Pino Bertelli presenterà i suoi libri "In direzione ostinata e contraria" e "Osare la speranza" realizzati insieme a Don Andrea Gallo, con delle proiezioni del suo lavoro fotografico. Sarà l'occasione per ricordare il prete di strada "angelicamente anarchico" con la testimonianza diretta di Pino "dottore in niente, giornalista, fotografo di strada, filmaker, critico di cinema e fotografia" legato da una grande amicizia e condivisione di ideali a Don Gallo. Vi aspetto! Eleonora
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