giovedì 7 agosto 2014

USAID - Umanitari double face.


Di Geraldina Colotti, il manifesto 06.8.2014
Secondo un’inchiesta dell’Associated Press, l’Agenzia sta­tu­ni­tense per lo svi­luppo internazio­nale (Usaid) ha inviato a Cuba gio­vani agenti sotto coper­tura, appa­ren­te­mente impe­gnati in pro­grammi sani­tari e di aiuto allo svi­luppo. Il loro com­pito era invece quello di reclu­tare «dis­si­denti» da impie­gare nella pro­pa­ganda anti­go­ver­na­tiva e nelle azioni destabilizzanti.
Gio­vani pro­ve­nienti dal Vene­zuela, dal Costa Rica e dal Perù, inviati a «pro­muo­vere la demo­cra­zia», come ha ammesso la Usaid (orga­ni­smo stret­ta­mente legato alla Cia) in un comu­ni­cato. Uno dei tanti pro­getti finan­ziati ogni anno dal con­gresso Usa con milioni di dol­lari, e nel caso spe­ci­fico giu­sti­fi­cato con un pro­gramma sulla pre­ven­zione dell’Hiv: «un obiet­tivo secon­da­rio», ha ammesso l’Agenzia Usa, negando però che si sia trat­tato di un «pro­gramma segreto» per quanto «discreto». E la con­gres­si­sta repub­bli­cana Ileana Ros Lehtinen, rap­pre­sen­tante della Flo­rida e accesa anti­cu­bana, ha dichia­rato: «Che l’Usaid stia pren­dendo misure per pro­muo­vere la demo­cra­zia a Cuba non è un segreto.
Dob­biamo man­te­nere la pres­sione sul regime castri­sta e con­ti­nuare ad appog­giare il popolo cubano, che ogni giorno subi­sce l’oppressione». Nes­sun com­mento, invece, dal governo Usa.
Agenti adde­strati alla buona, secondo l’inchiesta Ap, con solo trenta minuti di raccomandazioni su come aggi­rare i con­trolli sull’isola: con­tando sul fatto che «per quanto non vi sia cer­tezza totale, le auto­rità cer­che­ranno solo di inti­mo­rirti, per­ché il governo cubano pre­fe­ri­sce evi­tare pub­bli­cità nega­tiva dei media all’estero, e non ha con­ve­nienza a col­pire uno stra­niero». In tutto, una decina di ragazzi e ragazze, che — secondo Ap — hanno per­ce­pito un sala­rio di 5,41 dol­lari l’ora più il viaggio.
Un’attività che è andata avanti anche dopo la sco­perta di Alan Gross, il con­trac­tor della Usaid arre­stato all’Avana nel 2009 e con­dan­nato a 15 anni per atti­vità desta­bi­liz­zanti. Un dete­nuto non pro­prio al cen­tro delle prio­rità Usa, secondo quanto ha recen­te­mente denunciato egli stesso. Il governo cubano lo lasce­rebbe andare per ripor­tare a casa i suoi agenti, arre­stati il 12 set­tem­bre 1998 dall’Fbi, pro­ces­sati e con­dan­nati all’ergastolo o a lunghis­sime pene negli Usa ben­ché stes­sero svol­gendo atti­vità di pre­ven­zione fra gli antica­stri­sti di Miami (i Cin­que cubani).
Finora, però, nulla si è mosso, nono­stante le sol­le­ci­ta­zioni inviate a Obama dagli atti­vi­sti inter­na­zio­nali per chie­dere un suo inter­vento.
Nell’aprile scorso, Ap ha rive­lato l’esistenza di un’altra rete ever­siva orga­niz­zata con­tro l’isola dalla Usaid: il pro­getto Zun­Zu­neo, una sorta di twit­ter, il cui scopo era quello di diffon­dersi tra i gio­vani cubani per spin­gerli «alla dis­si­denza». Zun­Zu­neo era diretto da imprese di fac­ciata basate all’estero e finan­ziato da ban­che stra­niere. Dopo aver atti­rato i gio­vani su temi di loro inte­resse, dalla musica allo sport all’intrattenimento, Zun­Zu­neo inviava altro genere di sol­le­ci­ta­zioni, in vista di pro­muo­vere azioni con­tro il governo.
Nel secolo scorso, l’ossessione di Washing­ton con­tro la pic­cola isola, ali­men­tata dalle mafie anti­cu­bane di Miami, ha lasciato una scia di san­gue ma non ha rag­giunto l’obiettivo di far cadere il governo cubano: nono­stante le mici­diali pres­sioni eco­no­mi­che impo­ste attra­verso il blo­queo. Negli ultimi anni, i pro­getti del Pen­ta­gono e delle sue agen­zie sembrano volti soprat­tutto alla con­qui­sta dei set­tori gio­va­nili, come ha spie­gato al maniesto Raul Capote, agente dop­pio cubano reclu­tato dalla Cia. A lui, gio­vane scrit­tore e diri­gente sin­da­cale, è stato chie­sto di «indi­riz­zare» il pen­siero e la cul­tura in un senso più accettabile per il capi­ta­li­smo occi­den­tale. Capote e altri agenti doppi sono stati «bruciati» nel momento in cui le richie­ste della Cia si sono spo­state sull’organizzazione di fatti violenti. Ancora una volta, non c’è stata nes­suna sol­le­va­zione popo­lare con­tro il governo.
E oggi, dopo il cam­bio di regi­stro poli­tico avve­nuto in gran parte dell’America latina, le agen­zie di sicu­rezza Usa non hanno vita facile nel con­ti­nente: tan­to­meno dopo le rivelazioni dell’ex agente della Cia, Edward Sno­w­den, e del Data­gate. Le agen­zie per la sicu­rezza Usa — ha spie­gato Sno­w­den — spia­vano ille­gal­mente tutto il con­ti­nente e gestivano anche diverse posta­zioni clan­de­stine da cui orga­niz­zare ope­ra­zioni sotto coper­tura. Da allora, sono state cac­ciate insieme alle loro Ong-paravento: dalla Boli­via di Evo Mora­les, dall’Ecuador di Rafael Cor­rea, dal Vene­zuela di Nico­las Maduro.

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