venerdì 11 dicembre 2015

"no se puede confiar en el imperialismo ni un tantito así, nada!"

da Cuba, un'isola che resiste
Le notizie con cui ci siamo svegliati la mattina del sette dicembre, mi hanno lasciato senza parole. Difficile trovare una spiegazione convincente per i risultati elettorali di Francia e Venezuela in cui le destre hanno stravinto. Ma una frase mi andavo ripetendo come un mantra, una frase che contiene una verità lampante: “non si può aver fiducia nell’imperialismo neanche un pochino così, niente (no se puede confiar en el imperialismo ni un tantito así, nada)”.
L’ha pronunciata un Ernesto Guevara furente e addolorato subito dopo aver saputo che la statua di Patrice Lumumba in Africa, era stata distrutta. Per il Che, il movimento di decolonizzazione dell’Africa era come una resurrezione degli sfruttati, l’ora della verità negli equilibri del mondo. Invece abbiamo dovuto assistere, in pochi anni, alla morte violenta di tutti i leaders che avevano incendiato quel continente, in Lumumba, in particolare, il Che aveva individuato un grande leader in grado di trasformare il Congo.
Quella frase del Che, pronunciata in anni lontani e in un altro contesto, mi sembra oggi l’unico commento possibile agli avvenimenti recenti.
Mancano pochi giorni al 17 dicembre, il giorno in cui ci si è illusi che la grande superpotenza imperialista, nella figura del suo primo presidente di origini africane, potesse trattare alla pari con uno storico combattente rivoluzionario alla guida della piccola Cuba, la più irritante spina nel fianco per il capitalismo, il neoliberismo, il neocolonialismo, l’imperialismo e per tutti gli ismi che alludono all’esclusione, al classismo, allo sfruttamento del ricco sul povero, del potente sull’indifeso. Ci si illudeva che aver riconosciuto il fallimento di una politica intimidatoria e punitiva portasse come conseguenza la sensatezza di un tavolo di negoziato senza pregiudizi e senza tranelli.
Per un attimo, abbiamo dimenticato quell’avvertimento del Che.
In questi mesi, il problema dei migranti cubani (ormai si parla di più di quattromila) ammassati in Costarica alle frontiere con Panama e Nicaragua, minaccia di diventare esplosivo; e mentre ci duole che questi cittadini (qual è la percentuale su 11 milioni di abitanti?) dimostrano di essere disposti ad affrontare le più crudeli odissee pur di mettere piede negli Stati Uniti e godere di tutti i privilegi di cui –unici al mondo- godono in quanto prova provata di quanto è duro vivere nell’”inferno” castrista; mentre ci duole questo triste spettacolo, ci chiediamo anche come sia possibile che i potenti Stati Uniti non mostrino la minima intenzione di mandare una nave, qualche aereo, una carovana di autobus, a raccogliere quei cubani scontenti e a portarli nella loro patria, generosa con chi fugge da una rivoluzione marxista. E ci chiediamo soprattutto come ci sia chi non veda la scandalosa ipocrisia della politica estera USA.
E’ di qualche settimana fa lo smacco elettorale della sinistra argentina, un paese che ha avuto il privilegio (a mio parere) di essere retto per una decina di anni prima da Néstor Kirchner e poi da Cristina Fernández. Contro le loro presidenze si è scatenata una offensiva finanziaria disgustosa, una campagna mediatica ipocrita.
Adesso in Venezuela, dopo tentativi di ogni genere, la destra ce l’ha fatta. Il prossimo in agenda, temo, sarà il Brasile di Dilma Roussef.
Così si cerca (con successo) di minare il cammino verso l’integrazione latinoamericana, una delle più grandi novità e speranze per il mondo in questi primi anni del terzo millennio. Il pericolo più grave per il controllo imperialista del mondo.
Quali che siano le colpe, gli errori, gli insuccessi di questi governi, è sconcertante constatare in che mari procellosi, instabili e insidiosi navighi l’utopia di un mondo dell’inclusione, della sovranità dei popoli, della non ingerenza, della giustizia e della uguaglianza.
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venerdì 30 ottobre 2015

Sabato 14 novembre ore 20:30


Ieri per l’ennesima volta la votazione sulla risoluzione presentata da Cuba all'assemblea Generale dell’ONU per la rimozione del blocco a Cuba ha visto una schiacciante maggioranza di voti a favore (191),  2 contrari (Stati Uniti e Israele), nessun astenuto o assente. La vittoria diplomatica dell’Avana con l’impressionante isolamento degli Stati Uniti e il recente disgelo diplomatico tra i due Paesi  non hanno modificato lo stato delle cose;
IL BLOCCO USA CONTRO CUBA, IL GENOCIDIO PIÙ LUNGO DELLA STORIA,  CONTINUA A ESSERE IN VIGORE.
Prosegue quindi da parte della nostra Associazione la campagna “ANTITUMORALI PEDIATRICI” per l’acquisto e l’invio sull’isola di farmaci tutt’ora soggetti al blocco commerciale.
Sabato 14 novembre ore 20:30
al Circolo “La Marina” a Cesano di Senigallia
Via Strada Settima, 60 (lato monte della rotatoria Bar Tabaccheria Uliassi)
CENA con il seguente menù:
•  Pappardelle al cinghiale (al sugo di pomodoro per i vegetariani)
•  Arista di maiale con patate, insalata
•  Dolce
•  Vino Lacrima o Verdicchio, acqua, e naturalmente Ron Cubano!
BALLO con spettacolo del gruppo cubano

“Beatriz Lopez & Achevere de Cuba”

Il ricavato della serata (al costo di € 20) sarà interamente devoluto all’acquisto dei farmaci, partecipiamo numerosi!!!

Per evitare sprechi siete pregati di prenotare entro VEN 13/11 telefonando ai seguenti nr:

Peppe 339/8242575 – Maurizio 333/3745938 – Albinella 333/3806715

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martedì 22 settembre 2015

Cuba abbraccia Papa Bergoglio.



di Fabrizio Casari dal sito altrenotizie
Un viaggio di pace in un mondo dove "la terza guerra mondiale avanza dispersa in mille rivoli e mille teatri". Un viaggio che predica la riconciliazione tra i diversi e che sceglie Cuba proprio in omaggio alla recente riapertura di dialogo e relazioni tra l’isola socialista e gli Stati Uniti. Proprio per questa sua connotazione, nella quale s’intrecciano il messaggio pastorale e quello politico, il viaggio nelle Americhe di Papa Bergoglio, primo Papa latinoamericano della storia, non poteva non cominciare da Cuba.
Che conosce oggi una nuova tappa delle relazioni con gli Stati Uniti grazie alla sua tenacia nel resistere senza cedimenti a più di 50 anni di blocco, ma che ha avuto proprio in Papa Bergoglio l’indiscusso regista del processo di riavvicinamento tra Washington e L’Avana. Un riavvicinamento - va detto - frutto anche della svolta che Obama ha ritenuto di voler dare nella seconda parte del suo mandato, quando ha deciso di sferrare l’affondo sulle più spinose ed intrise di ideologismo delle questioni di politica estera, tra le quali appunto Cuba, l’Iran e ora la Siria.
Dal suo arrivo a L’Avana, fino alla messa celebrata in una stracolma Plaza de la Revolucìòn, il Papa ha potuto misurare quanto affetto e quanto rispetto circondino la sua figura. In centinaia di migliaia hanno partecipato alla messa nella storica piazza delle mobilitazioni cubane, dove Bergoglio, affiancato dalle effigi del “Che” Guevara e dalla bandiera cubana, ha portato il suo messaggio evangelico e politico. Cattolici e non si sono mobilitati per farli sentire l’abbraccio dell’isola tutta. Perché Bergoglio si è presentato da amico di Cuba, senza rinunciare alla centralità del messaggio papale ma anche con l’intento di confermare il legame che da diversi anni vede la Chiesa cubana nel ruolo di interlocutrice attenta e collaborativa nei confronti del governo.
Il clamore politico-mediatico che accompagnò la visita di Papa Woytila nel 1998 non si è replicato. Bergoglio, del resto, non è arrivato a Cuba con le stimmate dell’alfiere dell’anticomunismo che caratterizzarono il papato di Woytila, bensì portando in regalo la preziosissima opera di mediazione che ha permesso la riapertura dei rapporti diplomatici tra L’Avana e Washington. Nel 1998, la visita del Papa polacco entusiasmò il main stream mediatico, che per la scarsa conoscenza di Cuba s’illuse di utilizzare Woytila come grimaldello per scardinare il sistema socialista. Non funzionò allora, non avrebbe senso oggi.
Ma anche in questo viaggio papale non sono mancati all'appello alcuni specialisti della fantasia travestiti da giornalisti, intenti a dipingere scenari inesistenti per sostenere speranze irrealizzabili; niente di nuovo o di strano, di aspiranti servitù il giornalismo è deposito inesauribile. Sono state enfatizzate le parole di Bergoglio circa il dover servire le persone e non le ideologie per proporle come critica papale non alla politica in generale, bensì al governo cubano.
Come se tutti gli altri governi del mondo non siano concepiti sulle ideologie, come se fosse pensabile che il custode della fede assegnasse alle ideologie la dimensione unificante dei popoli. Per la stessa raffinata logica è stata sostanzialmente cancellata la richiesta a Raul, appena sbarcato, di portare il suo saluto ed il segno del suo assoluto rispetto per Fidel Castro.
Eppure, questo viaggio rappresenta un salto in avanti proprio per il riconoscimento della leadership cubana. Se i viaggi di Woytila prima e di Ratzinger poi vollero significare la legittimità dell’interlocuzione con l’isola socialista, quello di Bergoglio appare anche come un riconoscimento diretto all’opera che Cuba svolge in favore della mediazione per la guerra civile in Colombia.
Non è stato certo casuale il passaggio dove, durante la predica in Plaza de la Revolucìòn, il Papa ha chiamato ad ogni sforzo per la fine del conflitto colombiano ed il fatto che i colloqui di pace tra guerriglia e governo abbiano la loro sede proprio a L’Avana, conferma il sostegno vaticano alla mediazione cubana, il suo riconoscimento di un ruolo determinante sulla scacchiera continentale.
Cuba, attraverso Raul e Fidel, ha voluto riaffermare quanto il processo di ristabilimento delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti non significhi l’abdicazione dei suoi principi o la rinuncia alle sue rivendicazioni. Restano importanti questioni sul terreno, prima fra tutte la piena accettazione della legittimità del sistema politico cubano. Non si tratta solo di parole: l’identità della Rivoluzione e lo sviluppo del Paese sono stati infatti perseguiti al prezzo di sacrifici immensi e migliaia di vittime.
I danni provocati da più di 50 anni di blocco economico e diplomatico, di terrorismo e ostilità politica, sono i temi sui quali Cuba non intende soprassedere, affinchè si possa scrivere la parola "fine" all'aggressione statunitense contro Cuba. Dunque, secondo i cubani, quanto avvenuto in circa 60 anni deve in qualche modo trovare posto nell’agenda politica sulla quale si costruirà il processo di riavvicinamento tra USA e Cuba.
Il Papa non ha ovviamente preso posizione sul tema, non gli compete e non rappresenta una priorità per la Chiesa di Roma. In questo senso le ovvie differenze tra il punto di vista della Revolucìòn e quello di San Pietro sono stati confermate, ma in un clima di reciproco rispetto e di affetto che suona comunque come un risultato decisamente positivo sia per Roma che per L’Avana.
L’altro obiettivo del viaggio di Bergoglio è quello di rilanciare, proprio da Cuba, teatro della sua vittoria diplomatica più recente, il ruolo della Chiesa di Roma quale interlocutore affidabile e credibile negli scenari internazionali più complessi.
In questo senso il viaggio del Papa assume un significato più politico di quello effettuato dai suoi predecessori e la tappa degli Stati Uniti, dove sia per la sua opera di mediazione tra Cuba e USA che per le sue innovazioni sul tema della famiglia, del sacerdozio e delle politiche sociali a sostegno degli ultimi, troverà gli oppositori che a Cuba non ha trovato.
Il viaggio negli USA sarà un banco di prova importante per imporre l’autorevolezza del ruolo che Bergoglio intende riaffermare, anche per il profilo del processo riformatore con il quale sta faticosamente tentando di cambiare l’immagine della Chiesa di Roma.
A metà degli anni ’70, rispondendo alla domanda di un giornalista su quale s’immaginava potesse essere il momento giusto per un riavvicinamento delle relazioni con gli Usa, Fidel Castro disse testualmente: “Quando ci saranno negli USA un presidente nero e come Papa un latinoamericano”.
Chissà se nel suo incontro con Bergoglio Fidel vorrà ricordargli quella che più di 40 anni fa era una intuizione, ma che a rileggerla oggi appare invece come una profezia.


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giovedì 3 settembre 2015

E' scomparso Giustino Di Celmo.



L’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba esprime il proprio cordoglio ai familiari per la scomparsa di Giustino Di Celmo, padre del giovane Fabio che il 4 settembre 1997 rimase ucciso a La Habana in uno dei numerosi attentati messi in atto dalla mafia cubano-americana.
Da quel giorno Giustino, già quasi ottantenne, si è impegnato con tutte le sue forze per ottenere giustizia. Nonostante l’anno successivo il mandante di quegli attentati, il terrorista Luis Posada Carriles, residente a Miami, abbia ammesso le sue responsabilità in un’intervista al quotidiano “The New York Times”, la giustizia degli Stati Uniti non ha mai fatto un solo passo per processare questo criminale, responsabile anche dell’abbattimento nel 1976 di un aereo civile cubano che ha causato la scomparsa di 73 persone.
C’è da considerare, molto amaramente, che anche la giustizia italiana e i vari Governi italiani che si sono succeduti in tutti questi anni sono rimasti praticamente immobili o latitanti di fronte alla morte di Fabio. Evidentemente in Italia ci sono cittadini di serie A e altri di serie B.
Giustino ci ha lasciato all’età di 94 anni. Non solo ha lottato fino all’ultimo per suo figlio, ma si è sempre battuto per far conoscere all’opinione pubblica l’esistenza a Miami di gruppi terroristici che pianificavano attentati contro Cuba.
Crediamo che il suo impegno, soprattutto per la continuità e per la solidarietà più volte espressa alla Rivoluzione cubana, debba essere un esempio per tutti noi.


Segreteria Nazionale
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba


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venerdì 10 luglio 2015

9/10/11 luglio al Forte Altavilla - Pietralacroce AN

Il Circolo "Sado Sadovski" sarà presente, come da tradizione, alla XXVII^ edizione della Festa per la Libertà dei Popoli.
Vi aspettiamo nei giorni 9-10-11 luglio al Forte Altavilla - Pietralacroce, Ancona.
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giovedì 9 luglio 2015

Fidel al premier greco.



Eccellentissimo Signor Alexis Tsipras, primo ministro della Grecia:
Mi congratulo con calore per la sua brillante vittoria politica, i cui particolari ho seguito dal canale TeleSur.
La Grecia è di famiglia tra i cubani. Ci insegnò la Filosofia, l'Arte e le Scienze delle antichità quando studiavamo a scuola e, con esse, la più complessa di tutte le attività umane: l'arte e la scienza della politica.
Il suo paese, soprattutto il suo coraggio nella congiuntura attuale, risveglia l'ammirazione tra i popoli latinoamericani e caraibici di questo emisfero, nel vedere come la Grecia, di fronte all'aggressione esterna, difende la sua identità e la sua cultura. Tanto meno dimenticano che un anno dopo l'attacco di Hitler alla Polonia, Mussolini ordinò alle sue truppe di invadere la Grecia, e questo valoroso paese si oppone all'aggressione e fece retrocedere gli invasori, reazione che obbligò lo spiegamento di unità blindate tedesche in direzione Grecia, sviandole dall'obiettivo iniziale.
Cuba conosce il valore e la capacità combattiva delle truppe russe, che unite alle forze del suo potente alleato, la Repubblica Popolare Cinese, e altre nazioni del Medio Oriente e dell'Asia, cercheranno sempre di evitare la guerra, ma mai permetteranno una qualsiasi aggressione militare senza una risposta contundente e devastatrice.
Nell'attuale situazione politica del pianeta, mentre la pace e la sopravvivenza della nostre specie pendono da un filo, ogni decisione, più che mai, deve essere attentamente elaborata e applicata, di modo che nessuno possa dubitare dell'onestà e della serietà con cui molti dei dirigenti più responsabili e seri lottano oggi per combattere contro le calamità che minacciano il mondo".
Auguriamo a lei, stimatissimo compañero Alexis Tsipras, il migliore dei successi.
Fraternamente, Fidel Castro Ruz


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martedì 7 luglio 2015

Raul Casto - Nicolás Maduro “Que viva Grecia!!”



da Telesur
Il popolo greco ha rifiutato i tagli sociali richiesti dall’Unione Europea
Il Presidente di Cuba, Raúl Castro, si è congratulato con il governo greco in seguito alla grande vittoria del ‘no’ nel referendum di domenica, secondo le informazioni riportate dal quotidiano Granma.
«Signor Primo Ministro: porgo sinceri 
complimenti per la vittoria del NO nel referendum tenutosi in Grecia il 5 luglio 2015» recita il testo inviato dal capo di stato cubano.
Raúl Castro inoltre ritiene che l’esito referendario «dimostra il sostegno della maggioranza del popolo greco alla coraggiosa politica del governo che Lei (Tsipras) presiede».





Anche il presidente venezuelano festeggia la vittoria del No in Grecia, “una vittoria contro il terrorismo del FMI. Una vittoria anche nostra”
In Grecia il No ha vinto, una vittoria consistenza di un popolo che ha detto No ad un’Europa senza giustizia sociale. Le donne e gli uomini di Grecia che hanno votato no vogliono una Europa democratica, solidaria, dei popoli, che rispetti tutti e tutte: quell’altra Europa che con la scelta del popolo greco può diventare possibile.
E l’eco del risultato epocale di questo referendum ha travalicato l’Europa arrivando fino in Venezuela dove, il presidente Nicolas Maduro, è stato raggiunto dalla notizia della vittoria del No in Grecia durante il suo discorso alla celebrazione annuale per l’Indipendenza del Venezuela.
E’ stata l’ambasciata venezuelana ad Atene ad informare il presidente che non ha trattenuto la gioia: “Que viva Grecia, que viva su primer ministro Alexis Tsipras! (Viva la Grecia e viva il suo primo ministro Alexis Tsipras)” ha gridato dal palco Maduro aggiungendo che quella greca è “una grande vittoria contro il terrorismo finanziario del Fondo Monetario Internazionale. Una vittoria irreversibile che il popolo greco merita di celebrare nelle sue piazze”. Una vittoria che per il capo di stato del Venezuela, “è da considerare come una nostra vittoria, ed anche di tutti i valorosi popoli dell’America Latina”.
Per Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea Nazionale venezuelana e secondo dirigente di Rivoluzionare Bolivariana, ciò che è accaduto in Grecia “sarà la scintilla che darà fuoco alla prateria. I popoli del mondo inizieranno a parlare con la voce della Grecia, del valore, della dignità di  un popolo”. Ed ha poi aggiunto: “ai dittatori della moneta, che vadano alla ricerca di un altro business per fare affari”.
Già lo scorso 30 giugno Maduro aveva incoraggiato Tsipras e il popolo greco a “rompere i lacci” con il Fondo monetario interazionale e “tirarci fuori dal giogo”. In quell’occasione aveva formalmente e ufficialmente espresso al premier ellenico e a tutto il popolo greco la solidarietà e il supporto del popolo bolivariano, ricordando che, durante il governo del suo mentore e predecessore, Hugo Chavez, il Venezuela “tagli i suoi lacci” con Fmi e fermò il processo di privatizzazione del paese.
“Non abbiamo paura, fratelli e sorelle di Grecia” aveva detto Maduro, “la via giusta è rompore con il capitale finanziario internazionale e con il Fmi, liberarsi dal giogo di chi pretende ingozzarsi con il sangue dei popoli, con il lavoro dei popoli, con la ricchezza dei paesi”. E il popolo greco non ha avuto paura.

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