domenica 17 luglio 2011
Capitalismo, scenari sempre più cupi.
Da fonti “ufficiali” si conferma che i salari degli operai americani sono in calo dal 2007 (e la classe media piange su un reddito sostanzialmente fermo dal 1973) e questo avrebbe dato ultimamente qualche vantaggio ai profitti societari, in regime di monopolio del sistema. Se un guadagno c’è stato, non ha certamente incentivato gli investimenti ma la tesaurizzazione. Lo stesso vale per l’Europa e il Giappone, mentre — con le meningi sotto sforzo… — persino gli esperti del capitale cominciano ad ammettere che la crisi avrebbe avuto inizio fin dagli anni Settanta ed a causa della tendenziale caduta dei saggi di profitto, come da noi — vetero marxisti — sempre sostenuto.
Ovunque la “domanda” di merci si è forzatamente spenta:soddisfare i bisogni essenziali di miliardi di esser umani non è sicuramente in testa alle preoccupazioni del capitale! I redditi dei salariati e dei pensionati sono in calo, l’occupazione è in molti casi sottoccupazione; la spesa pubblica è in piena crisi, ovunque si taglia e si suona la fanfara di “sudore, sacrifici e sangue” per chi finora non ha conosciuto — in dosi più o meno sopportabili — altro che un simile trattamento. Oggi, ecco la novità!, il tutto sarebbe da “rafforzare”…
Inutile, al di là e al di qua dell’Oceano, il ricorso alle aste truccate di prodotti tossici, o i tentativi di nascondere i cumuli di immondizia finanziaria imbrogliando l’opinione pubblica con gli annunci di fantomatiche nuove regole di trasparenza. Mentre le borse alternano periodi di stasi a periodi in cui divampano falò di centinaia di miliardi di dollari o di euro, la crescita industriale è sempre in frenata e il “panico economico” serpeggia ormai quotidianamente alternandosi, sottovoce, al famoso ritornello: “Tutto va bene, madama la marchesa”. E si piange, a cominciare dagli Usa, attorno ad una produttività dichiarata in stallo, illudendosi che una sua eventuale ripresa possa portare ad un aumento dell’occupazione e dei consumi. Siamo a livelli di imbecillità, o meglio di gangsterismo economico senza precedenti. Persino l’ottimismo dei capitalisti cinesi comincia a venir meno di fronte all’allarme inflazione e ad un rallentamento dei ritmi di crescita.
Per il capitalismo USA, come detto sopra, con un deficit della bilancia commerciale ormai oltre i 50 miliardi di dollari e le sue esportazioni dichiarate “non sufficientemente competitive”, le cose non vanno meglio. In particolare pesano, anche per l’Europa e il Giappone, le importazioni dei barili di petrolio (miliardi dollari che incrementano le riserve valutarie dei paesi produttori e affamatori di masse in miseria) mentre Washington è sempre in polemica con Pechino per una rivalutazione dello yuan, al momento solo frazionale. La disoccupazione mondiale è alle stelle: siamo in presenza di un trend, riguardante in modo specifico la disoccupazione giovanile mondiale, che si traduce in un continuo peggioramento dei livelli di vita, sia presenti che in prospettiva, per una generazione perduta di ragazzi. Proletari, innanzitutto, ma con forti ripercussioni anche nelle classi medie. In questi cupi scenari, il nostro lavoro va intensificato e condotto con una chiara e precisa indicazione: rafforzare la formazione dell’indispensabile partito politico della classe operaia e del proletariato intero. Per il programma del comunismo, oggi di estrema attualità contro il dilagante imbarbarimento economico e sociale.
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