martedì 22 marzo 2011

Comunicato stampa dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia - Cuba



“ Quando l’ipocrisia comincia a essere di pessima qualità, è ora di incominciare a dire la verità.” Bertolt Brecht

Non siamo mai stati dalla parte del colonnello Gheddafi e, per il nostro modo di pensare, non lo saremo mai.
Ma non siamo mai stati né mai lo saremo dalla parte di chi, facendosi scudo con la propria ipocrisia, vuol far credere di avere a cuore la protezione della vita del popolo libico: meschini interessi economici per il dominio del petrolio mascherati da preoccupazione per i diritti umani.
La recente storia ci ha insegnato che coloro che oggi si ergono a portabandiera dei diritti dei popoli sono gli stessi che per anni hanno massacrato civili in tutto il mondo. Dal sostegno a tutte le dittature nell’America Latina agli eccidi perpetrati contro il popolo palestinese. Dai bombardamenti indiscriminati sulle città irakene alle stragi di innocenti civili in Afghanistan. E la lista potrebbe continuare.
Eppure, ad esempio, esistono risoluzioni delle Nazioni Unite che nessuno dei nostri governanti ha mai chiesto fossero rispettate: di condanna per l’occupazione dei territori palestinesi; di condanna (diciannove risoluzioni) per l’illegale blocco a Cuba; contro i paesi che ospitano o sostengono i terroristi. Per quale motivo?
Ai nostri governanti piace molto riempirsi la bocca con la parola pace. Ricordiamo loro che il primo passo per avere la pace nel mondo è quello della non-ingerenza nei fatti interni di una nazione e il secondo è quello di utilizzare i propri eserciti solo per difendere i confini nazionali, a meno che non vi sia una richiesta di aiuto da parte di un governo legittimo.

Segreteria Nazionale
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
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martedì 15 marzo 2011

Libertà per i cinque con Silvia Baraldini.


di Marcello Pesarini
“I cinque compagni possono essere liberati come fu per me. Una pressione continua, convinta, da parte dei compagni e dei democratici di tutto il mondo può influenzare il governo USA: non provarci sarebbe sbagliato”. Dalle parole di Silvia Baraldini, all’assemblea organizzata da Italia-Cuba ad Ancona per la liberazione dei 5 cubani detenuti nelle prigioni USA dal 12 settembre 1998 con l’accusa di spionaggio, quando stavano cercando di sventare gli attentati dei cubani anticastristi viventi negli USA, ricaviamo una conferma della necessità di unire cuore e ragione nel nostro impegno.
L’iniziativa, introdotta dalla presentazione di Albina Caldarelli, segretaria del circolo di Senigallia, entra con le sue parole nella “Isla”: i gemellaggi tra i coordinamenti regionali dell’associazione e le province cubane sono testimonianze di cooperazione nelle quali gli aiuti per superare il “bloqueo” permettono ad uno dei sistemi sanitari più avanzati e capillari del mondo di continuare nel suo servizio verso la popolazione cubana, ma anche verso i cooperanti. Giulia Torbidoni, collaboratrice del Manifesto, introduce Silvia ricordando come lei sia stata una delle prime vittime, sempre negli USA, della legislazione Rico nata contro le trame mafiose, durante la sua militanza rivoluzionaria. Ora è lei, la donna condannata ingiustamente a 43 anni di carcere duro nel 1983, tornata a finire di scontare la sua pena in Italia solo nel 1999, e liberata grazie all’indulto nel 2006, che si emoziona parlando di Assata Shakur, la militante nera alla cui liberazione aveva contribuito, a ringraziare quella donna, perché con le sue azioni ha reso utili e significative anche quelle di Silvia. Nell’emozione del suo racconto trova spazio la condanna alla stupidità delle istituzioni totali come le carceri, che se indirizzate solo ad annullare il detenuto non solo sono incostituzionali ( vedi art.27, rieducazione) ma non rispondono neanche al bisogno sempre più indotto di sicurezza. Si collega alla situzione marchigiana Marcello Pesarini dell’Osservatorio marchigiano sulle carceri, citando la scuola di approfondimento aperta da Ristretti Orizzonti e leggendo un brano di Graziano Scialpi, detenuto morto recentemente, spesso accusato di simulazione. Silvia risponde alle domande di chi si chiede perché mai gli USA siano considerati in Italia come patria della democrazia, e le fa eco Roberto Mancini, capogruppo di Partecipazione a Senigallia, insegnante fra gli insegnanti che difendono e vogliono riproporre la scuola pubblica come investimento verso le nuove generazioni e verso la democrazia: la libertà e la dignità non si mettono sulla bilancia con nulla, sono intoccabili. Proseguono i racconti, gli scambi di regali, anche la sciarpa dell’associazione polisportiva Assata Shakur da anni attiva in Ancona nell’antirazzismo, le domande irrisolte, i salti di generazione, ma lei si alza, prima di dare spazio alla cena sociale, e ci ricorda: il 5 di ogni mese scrivete alla Casa Bianca per chiedere la liberazione di Ramon, Renè, Fernando, Gerardo, Antonio, perché se gli USA vedono che il movimento non è episodico ne possono tenere conto. Lo dovremmo fare per le cose a cui teniamo di più in questo momento: essere costanti e, quando non va bene, interrogarci sul perché. Grazie, Silvia. Leggi tutto...

giovedì 10 marzo 2011

13 anni d'ingiustizia!


Silvia Baraldini ad Ancona per parlare dei 5 cubani imprigionati da 13 anni negli Usa
Sabato 12 marzo, alle 18, al circolo Germontari l’incontro con l’attivista italiana


Silvia Baraldini ad Ancona. Sabato prossimo, 12 marzo, alle ore 18, l’attivista italiana per i diritti civili dei neri, studiosa ed esperta del continente americano, sarà al circolo operaio Germontari – Arci (via colle verde, 2 – zona Grazie), per parlare della vicenda dei 5 cubani antiterroristi, da tredici anni rinchiusi ingiustamente nelle prigioni statunitensi. L’iniziativa è stata organizzata dal circolo “Sado Sadovski” di Senigallia dell’Associazione nazionale di amicizia Italia – Cuba e sarà l’occasione per parlare, a partire dalla vicenda dei 5 cubani e di Silvia Baraldini, di carcere e ingiusta detenzione.

La vicenda inizia nel 1998 quando 5 cittadini cubani vengono incarcerati negli Usa con l’accusa di cospirazione. I cinque si trovavano a Miami per monitorare le attività dei gruppi terroristi che risiedono e operano dalla Florida contro l’isola delle Antille. Nel 2005 la storia dei cubani viene esaminata da un Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite che, a conclusione delle indagini, definisce la loro detenzione “arbitraria e in contrasto con l’articolo 14 della Convenzione internazionale dei diritti civili e politici della quale fa parte gli Stati Uniti”. Non solo. Secondo l’Onu, il processo con cui sono stati condannati non si è svolto “con le norme del processo giusto” e, quindi, il governo degli Usa deve “adottare i mezzi necessari per porre rimedio a questa situazione”. L’anno seguente, anche la Corte d’Appello di Atlanta ha chiesto l’annullamento del processo del 1998. Ad oggi, però, i 5 cubani sono ancora imprigionati negli Stati Uniti.

Una vicenda, quella dei 5 cubani, che si accosta a quella di Silvia Baraldini. Membro del partito rivoluzionario delle Black Panther Party che lottava per i diritti civili dei neri, fu condannata nel 1983 a 43 anni di reclusione per concorso in evasione, associazione sovversiva e ingiuria al tribunale per non avere denunciato gli altri membri del movimento comunista “19 maggio” di cui faceva parte.
Una pena considerata da molti sproporzionata e ingiusta. Alla Baraldini, inoltre, venne applicata la legge Rico, usata nei casi di mafia, che prevedeva di fare scontare a una singola persona le accuse contestate all’intero gruppo di appartenenza.
Dopo 16 anni di carcere negli Stati Uniti, nel 1999 Silvia Baraldini è tornata in Italia grazie all’impegno dell’allora ministro di Grazia e Giustizia Oliviero Diliberto. Nel 2006, per effetto dell’indulto, è stata scarcerata, anticipando di 2 anni l’uscita di prigione.

Dunque, l’ingiusta detenzione sarà al centro dell’incontro di sabato pomeriggio. Tema a cui si aggiungerà la riflessione sull’attuale situazione delle carceri italiane, tra sovraffollamento e difficoltà di garantire i diritti fondamentali ai detenuti.
All’incontro interverranno anche Roberto Mancini, capogruppo di Partecipazione al Comune di Senigallia e Marcello Pesarini dell’Osservatorio permanente sulle carceri.

La serata si concluderà con una cena (€ 20) il cui ricavato andrà a sostegno della campagna di informazione sul caso dei 5 cubani. (Info e prenotazioni ai numeri 333 3806715 – 335 423701 – 339 8242575 – 333 3745938)
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domenica 6 marzo 2011

E' scomparso Alberto Granado.


Nel 1951 Alberto Granado, con l'amico Ernesto Guevara, salì su una vecchia moto e partì per un viaggio attraverso l'America latina che avrebbe segnato il destino di entrambi, mettendoli di fronte al degrado e alla miseria di tanta parte della popolazione. Al loro ritorno, Ernesto avrebbe imboccato la strada dell'impegno rivoluzionario e Alberto si sarebbe dedicato alla cura dei lebbrosi. Si ritrovano nel 1961 nella Cuba conquistata da Fidel Castro, dove il comandante Che Guevara si era ormai stabilito. All'invito del compagno, Alberto lasciò il suo lavoro all'università di Caracas e si trasferì nell'isola, dove aprì una scuola di medicina e partecipò con entusiasmo alla costruzione di una nuova società.
Alberto Granado è scomparso oggi all'Avana all'età di 88 anni.
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mercoledì 2 marzo 2011

Le affermazioni di Vendola viste da una cubana in italia


di Lioneisy Savon
Pensavo di scrivere anch'io un post sull'argomento, ma vedo che sono stata anticipata e la cosa non può che farmi piacere. Quindi diffondo sotto, sperando di fare cosa gradita, il comunicato dell'Associazione Italia-Cuba, che commenta in modo particolarmente chiaro e deciso le ultime parole di Niki Vendola su Cuba. Ciò che mi preoccupa, e lo ritengo piuttosto allarmante per il futuro della democrazia italiana, è che se uno come Vendola, che è una persona onesta, intelligente e che stimo, la pensa così su Cuba, non oso immaginare come la pensino tutti quei politici italiani che non stimo affatto.

Lasciatemi quindi rivolgere alcune parole a loro, a quei politici e intellettuali italiani, specie di sinistra, che a volte con troppa leggerezza criticano Cuba. Smettetela di guardarci dall'alto in basso, chi è costretto a difendersi quotidianamente dagli attacchi di un gigante come quello statunitenste, non ha tante frecce al proprio arco e fa di necessità virtù. C'è molto ma molto di peggio al mondo contro cui scagliarsi. Informatevi prima di parlare. Se c'è un paese dove pace, libertà e indipendenza sono fattivamente perseguite e difese con le unghie e i denti, quella è Cuba. E' molto facile, quanto immorale, con i vostri canoni e cannoni di giudizio da salotto, sparare a zero su un paese autarchico che pur nelle difficoltà e ostacoli artificiali a cui è continuamente e sadicamente sottoposto dall'esterno, sopravvive con dignità. I cubani, se andiamo in profondità, sono più liberi di molti italiani. La vostra è il più delle volte una falsa ricchezza e di conseguenza una falsa libertà. Noi siamo poveri ma generosi, solidali e onesti. Noi che, nonostante un embargo economico che dura da 40 anni, stiamo in piedi grazie all'orgoglio combattivo e imperterrito del nostro Lider Maximo e del nostro multietnico popolo creolo.

Comunicato stampa dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba in risposta alle affermazioni di Nichi Vendola su Cuba


In alcuni quotidiani del 28 febbraio 2011 sono stati pubblicati stralci dell’intervento di Nichi Vendola alla Convention (sic!) di SEL al Palatenda di Roma. In uno di questi passaggi sono riportate le seguenti parole: “Io che ho amato il volto del Che dico che libertà e democrazia sono temi che devono valere anche per Cuba, se non ora, quando?”.

Dispiace constatare, una volta ancora, che un politico di professione, per di più di sinistra, dimostri una così scarsa conoscenza riguardo a questi due concetti, quando si parla di Cuba.

Il popolo cubano ha conquistato la propria libertà il 1° gennaio 1959, dopo una lotta di trent’anni contro il colonialismo spagnolo, poi di altri sessant’anni contro i governi o i dittatori imposti dagli Stati Uniti.

Il sistema democratico cubano ha il suo fondamento nella Costituzione della Repubblica di Cuba, approvata il 15 febbraio 1976 attraverso un referendum - con voto libero, uguale, diretto e segreto - dal 97.7 % dei voti della popolazione cubana. Lo scrutinio ha riportato questo risultato: su 5.602.973 elettori, 5.473.534 hanno votato “sì” e 54.070 “no”.

Dalla Costituzione deriva la Legge Elettorale che stabilisce che ogni cittadino cubano può essere eletto Delegato a un’Assemblea Municipale o a un’Assemblea Provinciale purché abbia compiuto 16 anni. Per essere eletto Deputato all’Assemblea Nazionale (Parlamento) occorre che abbia compiuto 18 anni.

Il Partito Comunista di Cuba non partecipa alle elezioni e non propone candidati.

La democrazia cubana è un sistema che garantisce ai propri cittadini non solo la possibilità di eleggere e di essere eletti, ma anche un ruolo attivo nella proposizione, nella scelta e nel controllo dell'operato dei propri rappresentanti istituzionali.

Ogni carica istituzionale, a qualsiasi livello, decade al termine di un mandato stabilito da una Costituzione approvata direttamente dal popolo cubano. Attraverso il processo elettorale i cittadini cubani possono decidere di confermare o di sostituire i propri rappresentanti.

L’aspetto economico non incide minimamente sul risultato delle elezioni, in quanto ogni candidato non deve spendere neppure un centesimo per la propria propaganda elettorale. Inoltre, chi viene eletto non ha nessun tornaconto economico dato che continua a percepire lo stesso stipendio, come se si trovasse al suo posto di lavoro.

La presenza di un cospicuo numero di donne elette al Parlamento – il 43 % nelle elezioni di gennaio 2008 – costituisce un indice di emancipazione e di uguaglianza nella società cubana, percentuale che pone Cuba ai primissimi posti nel mondo tra i paesi con maggiore presenza femminile nel Parlamento.

La partecipazione in massa dell’elettorato a tutte le elezioni dal 1976 fino a oggi – una trentina tra Nazionali, Provinciali e Municipali - sempre di gran lunga oltre il 95 % degli aventi diritto al voto pur non essendo obbligatorio andare a votare, dimostra che la trasparenza, la legalità e l’attaccamento del popolo a questo sistema sono inequivocabili.

I risultati delle ultime elezioni del 20 gennaio 2008 comprovano la solidità della Rivoluzione: le schede depositate nelle urne sono state 8.231.365 pari al 96.9 % degli aventi diritto al voto. Di queste, le schede ritenute valide sono state il 95.3 %, quelle bianche il 3.7 % e quelle annullate solamente l'1 %.

Il signor Vendola ha tutto il diritto di non gradire il sistema vigente a Cuba, ma lasci almeno al popolo cubano il diritto di stabilire se la propria sia una società libera e democratica.

Segreteria Nazionale

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