sabato 20 giugno 2009

COMUNICATO STAMPA CONTRO LA DECISIONE DELLA CORTE SUPREMA DEGLI STATI UNITI


L'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba esprime il proprio sdegno per la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di rigettare la revisione del processo nei confronti dei Cinque eroi cubani detenuti illegalmente da oltre 10 anni nelle carceri statunitensi.
Una decisione per la quale la Corte Suprema non ha dato motivazione alcuna e che getta una nuova ed ennesima pesante vergogna sulla democrazia statunitense.
La politica estera e le relazioni con Cuba non sono cambiate e la gestione di Obama non si dissocia di molto da quella di Bush. La giustizia statunitense ha perso ancora una volta l'opportunità di porre rimedio a un processo ritenuto ingiusto da giuristi e personalità di tutto il mondo.
Continueremo con la nostra solidarietà a batterci con Cuba per ottenere la liberazione dei Cinque cubani che, come unica colpa, hanno quella di aver difeso il proprio popolo da azioni di terrorismo anticubano provenienti dalla Florida.

La Segreteria Nazionale Leggi tutto...

giovedì 4 giugno 2009

Riammissione dell'isola nell'Osa.

Colloqui Cuba-Usa, la partita si scalda - di Maurizio Matteuzzi da ‘il manifesto’ del 02/06.

Domenica Hillary Clinton ha annunciato il sì dell'Avana alla ripresa dei negoziati interrotti da Bush nel 2003 sui flussi migratori. Oggi in Honduras proverà a resistere alle pressioni di tutti i paesi dell'America latina per il rientro dell'isola nell'Organizzazione degli stati americani.


Più protagonista di così si muore. Al vertice delle Americhe di Trinidad a metà aprile, Obama fu la stella ma Cuba - la sua ammissione nel club dei 34 paesi americani da cui è la sola esclusa - fu il centro di ogni discorso. Oggi e domani a San Pedro Sula, in Honduras, all'assemblea dell'Osa, l'Organizzazione degli stati americani, praticamente l'unico punto all'ordine del giorno è la riammissione di Cuba - che su diktat Usa fu espulsa dal «ministero delle colonie» di Washington nel 1962 -, sostenuta da tutti i paesi eccetto uno (e senza più neanche molta convinzione): gli Stati uniti.
Ma il massimo del protagonismo Cuba lo tocca nel momento in cui nel vertice honduregno ci si scannerà per decidere il suo immediato e incondizionato reintegro in un organismo che l'Avana ha definito «un cadavere politico» e nel quale - l'ha detto prima Fidel, poi Raúl e ancora sabato scorso il Granma - pare non voglia assolutamente saperne di tornare.
Un paradosso solo apparente che mostra, ancora una volta, la centralità continentale di Cuba nonostante in tanti si sforzino di presentarla come un «anacronistico residuato» di un'altra fase storica. Anacronistici in realtà, più che mai in questa fase, appaiono gli Stati uniti del modernissimo Obama e del suo assai più antiquato segretario di stato Hillary Clinton - la moglie del pessimo Bill - con il loro blocco economico e la pretesa di porre sempre pre-condizioni alla sua revoca e alla riammissione dell'isola ribelle nel contesto americano.
La partita fra il regime cubano e la nuova amministrazione Usa è apertissima e da domenica è entrata in una nuova fase. Domenica infatti Hillary Clinton, a San Salvador per l'insediamento di Mauricio Funes, il primo presidente salvadoregno di sinistra (è del Fronte Farabundo Martí), ha annunciato che il governo cubano ha risposto ufficialmente sì alla proposta Obama per la ripresa dei negoziati sull'emigrazione (e del servizio postale diretto). Aggiungendoci anche la disponibilità a discutere sulla lotta al narco-traffico e al terrorismo (nonostante alla fine di aprile proprio il dipartimento di stato di Hillary abbia messo di nuovo Cuba, ridicolmente, nella lista nera dei «paesi terroristi»). «Un passo positivo», di cui Clinton si è detta «molto soddisfatta», nella direzione del «new beginning» proposto da Obama a Cuba. Gli accordi per regolare il flusso migratorio verso gli Usa - mai onorati: prevedevano la concessione di 20 mila visti d'entrata l'anno - furono firmati dall'assatanato Ronald Reagan nel lontano 1984 e poi nel '95 dal piacione Bill Clinton ma nel 2003, in piena «guerra al terrorismo», furono sospesi unilateralmente da George W. Bush.
La Clinton ha detto anche di «aspettare ansiosamente il giorno in cui Cuba, se lo vuole, potrà unirsi di nuovo all'Osa». Ma per farlo dovrà aderire alla «Carta democratica inter-americana» del 2001 - condicio sine qua non anche per essere ammessa ai vertici delle Americhe -, quindi «obbedire ai principi della democrazia e dei diritti umani». Di nuovo con la pretesa di imporre condizioni previe.
Come se gli Usa e l'Osa fossero in grado di imporre condizioni sul tasso di democrazia dei paesi membri. Ha avuto gioco facile il Granma di sabato a scrivere che l'Osa è quello stesso organismo che «stette a guardare i colpi di stato sponsorizzati dagli Stati uniti in Uruguay, Argentina e Cile», lo stesso che «stette zitto davanti alla morte di Salvador Allende, davanti all'assassinio e alla scomparsa forzata di decine di migliaia di sudamericani durante la tenebrosa Operazione Condor». Cuba, terminava il Granma, non vuole rimettere piede in quel «cadavere politico» che resta tale anche se, per la prima volta, alla sua testa c'è un socialista, il cileno Josè Miguel Insulza, e che propone si «smantellare» per fondare al suo posto «una nuova organizzazione di paesi latino-americani e caraibici, senza gli Stati uniti» (a rigore c'è già, l'Unasur).
Nel '62 Cuba fu espulsa e isolata da una succube America latina - unica onorevole eccezione, il Messico - sulla base di una clausola che dichiarava «il marxismo-leninismo incompatibile con il sistema inter-americano». Hillary si presenta in Honduras con una proposta di risoluzione dell'ultimo minuto che affidi all'Osa lo studio del problema e la risposta entro un anno. Ma è un tentativo estremo - fatto anche per assecondare la delegazione della «Resistence Assembly», l'ombrello di 54 diversi gruppi anti-castristi «di dentro e di fuori» l'isola, arrivata a San Pedro Sula - per stoppare altre due bozze di risoluzione che chiedono la riammissione «immediata e senza condizioni» di Cuba.
L'eterna partita Cuba-Usa in ogni caso non si giocherà all'Osa. Dopo i «baby-passi» di Obama in aprile - la liberalizzazione dei viaggi e delle rimesse dei cubano-americani -, ecco la risposta dell'Avana sull'emigrazione, un punto scottante. Tutto lascia credere che la partita continuerà e si allargherà a tutto campo.
Leggi tutto...

martedì 2 giugno 2009

Che fare?

Sotto il peso delle sue bugie lo scorso autunno è crollato anche il muro del capitalismo, e non poteva che finire così. Ma, mentre in America latina con l’ affermarsi del “socialismo del XXI secolo” nella maggior parte dei Paesi cresce la febbre di riscatto, in Occidente i governi stanno tentando di rianimare il libero mercato (privato) pompando ingenti somme di denaro (pubblico) lasciando soli a se stessi milioni di cittadini che, grazie al fallimento di questa idea di società, hanno perso o perderanno ogni mezzo di sostentamento. Gran parte delle persone che si interessano intelligentemente di tale problema, ed in particolare la maggior parte degli intellettuali, nonostante facciano una analisi della situazione molto corretta predispongono soluzioni che sono definite all'interno del sistema esistente, mettendo a loro presupposto quegli stessi caratteri che sono alla base dell'attuale modello e che ostacolano qualunque soluzione migliorativa (in particolare il mercato e i profitti che esso produce viene considerato come situazione di partenza da regolare e non da eliminare nelle attuali forme).

Nell’ attesa di grandi strategie politiche dei movimenti di opposizione (sempre più divisi) si rischia, secondo noi, di perdere l’occasione storica di un’alternativa che la crisi del sistema capitalista ci offre. E’ necessario quindi recuperare da subito il senso dell'agire individuale ovvero la capacità di incidere anche individualmente adottando uno stile di vita conflittuale con la società dei consumi.

-Recuperare il senso dell'agire individuale
Questo sistema avendo destrutturato gli organismi politici e amministrativi cerca un'interlocuzione da persona a persona. La cerca perché ritiene, rispondendo alle medesime logiche che hanno tarpato le sinistre, che l'individuo disorganizzato sia più facile da gabbare che l'individuo organizzato. Ma se l'individuo non organizzato è più cosciente di quanto la sua presenza all'interno di una organizzazione fatta di deleghe possa richiedere e prevedere, il confronto diviene a tutto svantaggio del sistema in quanto, in questa condizione, dovrebbe contrastare non uno ma infiniti leader.

-Tra integralismo e compromesso
Il sistema non funziona ed è facile prendere le distanze da esso, ma se la distanza è troppo profonda si rischia di perdere i contatti con il resto degli individui e di scegliere una pratica persecutoria nei confronti di coloro i quali sono vittime (seppur spesso coscienti) del sistema. E' dunque necessario trovare un fare politico che non avvii forme di integralismo ma che con fermezza manifesti la possibilità di soluzioni diverse senza cedere ai compromessi maggiormente presenti sia nella pratica della relazione che in quella dell'autoreferenzazione.

-La trappola della violenza
Comprendere la situazione, individuare le responsabilità, avere consapevolezza di come la sofferenza dell'intera umanità dipenda dall'interesse di pochi, e di come questi incidano anche a livello minimale sulle quotidianeità e indirizzino fortemente i destini anche personali con strafottenza. E' una consapevolezza irritante, la reazione più immediata è il desiderio di fare pareggiare almeno una volta i conti. Ma i conti non si pareggiano facendo azioni gratuite, o inutilmente plateali e chi non riesce a controllare la propria rabbia deve rimanere a casa. Il perseguimento di una violenza liberatoria e quindi non motivata, non condivisa assemblearmente e unanimemente, non strategica, non specifica e non imprescindibile non solo è inutile ma nocivo. E' nocivo perché militarizza il movimento, perché concentra l'attenzione sull'azione violenta riducendo il significato della conflittualità, perché si presta a favorire un eroismo di piazza e una cultura dell'atto saltuario, raccontabile, letterario (gli eroi giovani). E' nocivo perché spesso è desiderato, voluto, supportato, difeso, promosso dai governi che già in passato, ed in modo particolare in Italia, hanno sperimentato il vantaggio ricavabile dallo spostare l'argomento del contendere sul confronto violento dello scontro.
L'atto violento, se svolto all'interno delle manifestazioni, è un atto autoritario in quanto imposto da una minoranza, non discusso comunemente, ma difeso dalle presenza del corteo; è insulso in quanto gli obiettivi non sono rappresentativi ma solo evocativi; è pericoloso perché attuabile, in quanto svolto in incognito, da chiunque anche per interessi diversi da quelli palesati.
L'azione più forte non è la più violenta.

-La necessità di intelligenza
E' necessario percorrere cammini che non siano prevedibili. Evitare il confronto in terreni scontatamente perdenti ed evitare di cadere in trappole tese. E' necessario assumere atteggiamenti lucidi che promuovano azioni che effettivamente infastidiscano e limitino la prevaricazione di questo modello, azioni che siano comprese e partecipate dalle comunità e dagli individui. Quando Gandhi, sebbene nell'ambito limitato di un movimento per l'indipendenza, individuò nell'acquisizione dei vestiti dagli inglesi uno dei meccanismi per consolidare il potere coloniale, non invitò a distruggere i depositi delle compagnie ma invitò a farsi, come tradizione indiana, i vestiti da soli e quest'azione, sentita e condivisa, iniziò a scardinare il potere costituito. E il colonialismo inglese sugli indiani e nel mondo non era sicuramente meno pesante e invasivo del potere della globalizzazione.

-Azioni coerenti
La limitazione dell'efficacia dei movimenti è connessa anche alla mancanza di coerenza che i suoi appartenenti mostrano. Automobilisti irriducibili, tifosi, puttanieri, accumulatori di denaro, gratuitamente violenti, dogmatici, non possono ipotizzare di scardinare un sistema che si fonda proprio su questo tipo di atteggiamenti. Essere conflittuali comporta anche avere una modalità di vita incoerente con i dogmi della società criticata; comporta avere una omogeneità tra mezzi e fini.

-Ridurre, rallentare, riflettere
Una azione imprescindibile è ridurre i consumi ed in questo gli abitanti del mondo occidentale hanno una grande possibilità di essere attivi. Ridurre gli acquisti riduce la richiesta di merci e l'importanza del mercato, riduce lo spreco di energia; rallentare i tempi delle azioni e degli spostamenti, visto che più velocemente ci si muove e più si consuma: la trappola del tempo è strumento di mercato; riflettere sulle cose che si fanno, su ogni gesto, sul come e il perché si compie. Nell'acquisto operare una distinzione critica tra le merci, boicottare i prodotti non corretti (eticamente, socialmente, ambientalmente), indirizzare il mercato. Acquisire prodotti da soggetti conosciuti, piccoli produttori, e non dalle multinazionali.
Individuare e sostenere delle realtà che per la loro esistenza sono dei limitatori del sistema
Vi è una diffusa serie di azioni che, anche solo per essere attuate, limitano la diffusione del modello. Ad esempio l'autoproduzione dei cibi o la riparazione dei prodotti. Tali azioni possono essere svolte dalle persone più diverse, ma sono intrinsecamente conflittuali, anche senza diretta consapevolezza, nei confronti dei princìpi che regolano questo modello.
Sostenerli è fondamentale.

-Contribuire alla ricomposizione delle comunità
Stare nei luoghi, relazionarsi con essi e con le comunità, utilizzare le capacità tecniche di esse e mettere a disposizione le proprie. Contribuire a renderle autonome o maggiormente indipendenti.

-Confrontarsi, uscire dalle case, parlare, sentire, inventare
Parlare delle cose semplicemente, con chiarezza, stimolando proprio quelle persone che sembrano avere già preso una posizione allineata.
Contribuire a togliere i pregiudizi e le abitudini indotte. Ritornare ad essere soggetti attivi, propositivi, disponibili. La propria presenza, il proprio essere è un elemento politico fondamentale che trova modo di sostenere ipotesi alternative al modello dato se relazionato creativamente e positivamente con altri.
Leggi tutto...