venerdì 19 marzo 2010
Ma !?! ... anche a Cuba si vota?
Juan Marrero - Cubadebate.cu
A qualcuno nel mondo deve avergli suonato strano l’annuncio del Consiglio di Stato Della Repubblica di Cuba che ha convocato per Domenica 25 Aprile le elezioni delle 169 Assemblee Municipali del Poder Popular.
Questo è perfettamente comprensibile in quanto è uno dei componenti principali della guerra mediatica contro la Rivoluzione Cubana, che puntualmente nega o ignora la realizzazione di elezioni democratiche: le parziali, ogni 2 anni e mezzo, per eleggere i delegati, e le generali, ogni 5 anni, per eleggere i deputati nazionali delle assemblee municipali.
Cuba entra nel suo tredicesimo processo elettorale dal 1976 con la partecipazione entusiasta e responsabile di tutti i cittadini maggiori di 16 anni. In questa occasione si tratta di elezioni parziali.
Con la disinformazione e l’esclusione delle elezioni a Cuba dall’agenda informativa, i padroni dei grandi mezzi di comunicazione hanno cercato di accreditare il sinistro messaggio che i dirigenti a Cuba non sono eletti dal popolo. Fortunatamente negli ultimi anni, soprattutto dopo l’irruzione del Web, il controllo mediatico si è ridiensionato velocemente e la verità sulla raltà cubana, nel campo delle elezioni e in altri settori, è venuta fuori.
Non dare informazione sulle elezioni, sulla salute, l’educazione, la sicurezza sociale e altri temi importanti, è un ordine che viene dai potenti padroni del mondo capitalista, che temono la propagazione dell’esempio cubano a fronte della finzione di democrazia e libertà che essi stessi vendono e hanno venduto per secoli.
Apprezziamo, altresì, che l’implacabile scorrere del tempo è contrario a quelli che alzano questo muro di silenzio. Alcuni analisti “a pagamento” e politici difensori degli interessi dei nemici del popolo continuano ad affermare che “sotto la dittatura dei Castro a Cuba non c’è democracia, né libertà, né elezioni libere”. Si tratta di una menzogna che si ripete frequentemente, per onorare il pensiero di un ideologo nazista: “una menzogna ripetute mille volte si tramuta in verità”.
Voglio solamente commentare in questo articolo, il più brevemente possibile, quattro tappe del processo elettorale a Cuba, ovviamente suscettibili di miglioramenti, che marcano la differenza sostanziale con il meccanismo delle elezioni nelle cosiddette “democrazie rappresentative”. Questi aspetti sono : 1) Registro Elettorale, 2) Assemblee di nomina dei Candidati o Delegati, 3) Propaganda Elettorale, 4) Votazione e Scrutinio.
Il Registro Elettorale è automatico, universale, gratuito e pubblico. Quando viene al mondo, un cubano non solo ha diritto a ricevere educazione e salute gratuitamente, ma anche la certezza che al compimento dei 16 anni di età verrà iscritto automaticamente nel Registro Elettorale. Nessuno viene escluso per motivi di razza, sesso, religione o opinioni politiche. A nessuno viene chiesto un centavo per essere iscritto e men che meno viene sottosposto a pesanti pratiche burocratiche come esigere foto, timbri o impronte digitali. Il Registro è pubblico e si espone nei luoghi maggiormente frequentati dalla gente di ogni circoscrizione.
Tutto questo meccanismo garantisce che ogni cittadino possa esercire il suo diritto di eleggere o essere eletto e impedisce la possibilita di frodi, che sono molto comuni nei Paesi cosiddetti democratici. La base di queste frodi è che la immensa maggioranza degli elettori non sanno chi ha il diritto di votare, questo è appannaggio solo di pochi, e per questo ci sono morti che votano varie volte o, come succede negli Stati Uniti, numerosi cittadini vengono esclusi dal processo elettorale perchè già condannati da qualche tribunale, anche se hanno scontato la loro pena.
Quello che più differenzia le elezioni cubane dalle altre sono le assemblee di nomina dei candidati. In altri paesi l’essenza del sistema democratico è che i candidati sono designati dai partiti e che la lotta sia tra vari partiti e vari candidati. A Cuba non è cosí. I candidati non escono da nessuna macchinazione politica. Il Partito Comunista, forza dirigente della società e dello Stato, non è un’organizzazione con propositi elettorali. Non propone, non elegge, non revoca nessuno delle migliaia di uomini e donne che occupano ruoli rappresentativi nello Stato Cubano. Tra i suoi scopi non c’è, e mai ci sarà, quello di occupare banchi nelle Assemblee Municipali o nell’Assemblea Nazionale del Poder Polular. In ogni processo elettorale sono stati proposti ed eletti numerosi militanti del Partito Comunista, perchè i loro concittadini li hanno considerati persone con merito e capacità, non per la loro militanza.
I cubani e le cubane hanno il privilegio di proporre i loro candidati sulla base dei loro meriti e capacità, in assemblee di quartiere o di area, sia nelle città che nelle campagne. In queste assemblee si vota per alzata di mano e risulta “proposta” la persona che ottenga il maggior numero di voti. In ogni circoscrizione elettorale ci sono varie aree di nomina e la Legge Elettorale garantisce che almeno 2 candidati, fino ad un massimo di 8, possano apparire sulle schede per le elezioni del prossimo 25 Aprile.
Altro vantaggio del processo elettorale cubano è l’assenza della costosa e rumorosa propaganda, la commercializzazione presente in altri Paesi, dove c’è la corsa all’accaparramento di fondi. Nessuno dei candidati a Cuba può fare propaganda in suo favore e, ovviamente, nessuno ha bisogno di essere ricco o disporre di fondi o aiuti economici per farsi conoscere.
L’ultima caratteristica che vogliamo commentare è la votazione e lo scrutinio pubblico. A Cuba il voto non è obbligatorio. Come stabilisce l’Art. 3 della Legge Elettorale, è libero, segreto e ogni elettore ha diritto ad un solo voto. Quindi nessuno ha niente da temere se non si presenta al seggio il giorno delle elezioni o se consegna la sua scheda in bianco o annullata. In molti paesi il voto è obbligatorio e la gente va a votare per evitare multe, denunce o addirittura per evitare di perdere il posto di lavoro. Mentre in altri paesi, incluso gli Stati Uniti, la filosofia è che la maggioranza non voti, a Cuba è garantito che chi vuole votare possa farlo. Nelle elezioni fatte a Cuba dal 1976 ad oggi, in media, hanno votato il 97% degli elettori.
La conta dei voti è pubblica e possono essere presenti tutti i cittadini che lo desiderino, nonchè la stampa nazionale e straniera. Inoltre gli eletti sono tali solo se raggiungono il 50% dei voti validi, rendono conto ai loro elettori e possono essere revocati in qualsiasi momento del loro mandato.
La mia aspirazione è che, avendo spiegato semplicemente queste caratteristiche, un lettore non informato sulla realtà cubana risponda a qualche elementare domanda, come queste: Dove c’è maggior trasparenza elettorale e maggior libertà e democrazia? Dove si sono raggiunti i migliori risultati elettorali: in paesi con molti partiti politici, molti candidati e molta propaganda elettorale o nella Cuba di cui non si parla o quando se ne parla lo si fa per manipolare la sua realtà da parte dei grandi media monopolizzati da un pugno di imprese e magnati?
E aspiro, inoltre, a che un giorno, almeno nella grande stampa, cessi il muro di silenzio che si è alzato sulle elezioni a Cuba, o su altri importanti temi come la salute pubblica e l’educazione, e questo possa rappresentare per altri paesi che lo meritano un maggior rispetto e un futuro con più libertà e democrazia. Leggi tutto...
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Cuba
mercoledì 10 marzo 2010
Risposta del Direttivo Nazionale alla nostra lettera sul caso Zapata.
Cari compagni del Direttivo del Circolo di Senigallia,
ieri nella riunione della Segreteria Nazionale abbiamo preso in esame la vostra lettera e, dopo averla dibattuta, sono stato incaricato di scrivervi la risposta.
La nostra opinione è che per redigerla vi siate basati su notizie non corrispondenti al vero, dato che Orlando Zapata Tamayo non ha ricevuto condanne per motivi di opinione, ma per reati comuni.
La sua attività delinquenziale inizia molti anni fa. Durante gli anni '90 e nei primi anni del 2000 è processato varie volte e condannato per disturbo all'ordine pubblico, danni, resistenza, violazione di domicilio, lesioni lievi, truffa (due volte), lesioni gravi (quando ha prodotto con un machete una ferita e una frattura lineare al cranio del cittadino Leonardo Simón).
Viene liberato su cauzione l'11 marzo 2003 e viene di nuovo arrestato il 20 dello stesso mese, quando viene condannato a tre anni, tenendo conto dei precedenti, per "vilipendio al Capo dello Stato" (in Italia la condanna per questo reato va da 1 a 5 anni).
Pur coincidendo le date del suo ultimo arresto con l'incarceramento dei 75 cosiddetti "dissidenti", il suo nome non fa parte di questa lista.
Da questo momento accumula in carcere, a più riprese, diversi anni di pena per indisciplina e azioni violente all'interno del carcere con aggressioni fisiche ai funzionari penitenziari.
Pretende di indossare un'uniforme bianca anziché quella di tutti gli altri carcerati, vuole una cucina per prepararsi in cella i cibi che gli portano dall'esterno, un televisore e un cellulare (tutte cose che gli altri carcerati - e non solo a Cuba - non hanno). Per questi motivi inizia uno sciopero della fame il 18 dicembre 2009 e, nonostante l'assistenza medica ricevuta sia all'interno del carcere, sia all'Ospedale Provinciale di Camagüey, sia all'Ospedale Nazionale dei Reclusi di La Habana, muore il 23 febbraio.
Riguardo l'assistenza ricevuta, c'è un video in Youtube con la testimonianza dei medici che l'hanno assistito e con la testimonianza della madre di Orlando Zapata Tamayo che ringrazia tutto il personale medico per quello che hanno fatto per cercare di tirar fuori suo figlio da questa assurda storia.
Il link per vedere questo video è: http://www.youtube.com/watch?v=b8kfIpv5VMU
E' successo in passato anche a personaggi famosi - ricordo ad esempio il Premio Nobel Saramago e lo scrittore Eduardo Galeano - di prendere per buone notizie che vengono fatte circolare unicamente per screditare la Rivoluzione cubana. Nel nostro lavoro di solidarietà con Cuba tutti i giorni ci imbattiamo in qualcosa di simile.
Per questo non solo occorre sviluppare sia la capacità di discernere ciò che è falso da ciò che è vero, ma anche l'immediata ricerca di fonti diverse da quelle dei soliti mezzi di comunicazione che rispondono a interessi opposti ai valori portati avanti dalla Rivoluzione cubana.
C'è un bellissimo detto al riguardo: "La menzogna può correre per cent'anni, la verità l'acciuffa in un secondo".
Un saluto a tutti voi.
Sergio Marinoni - a nome di tutta la Segreteria Nazionale Leggi tutto...
ieri nella riunione della Segreteria Nazionale abbiamo preso in esame la vostra lettera e, dopo averla dibattuta, sono stato incaricato di scrivervi la risposta.
La nostra opinione è che per redigerla vi siate basati su notizie non corrispondenti al vero, dato che Orlando Zapata Tamayo non ha ricevuto condanne per motivi di opinione, ma per reati comuni.
La sua attività delinquenziale inizia molti anni fa. Durante gli anni '90 e nei primi anni del 2000 è processato varie volte e condannato per disturbo all'ordine pubblico, danni, resistenza, violazione di domicilio, lesioni lievi, truffa (due volte), lesioni gravi (quando ha prodotto con un machete una ferita e una frattura lineare al cranio del cittadino Leonardo Simón).
Viene liberato su cauzione l'11 marzo 2003 e viene di nuovo arrestato il 20 dello stesso mese, quando viene condannato a tre anni, tenendo conto dei precedenti, per "vilipendio al Capo dello Stato" (in Italia la condanna per questo reato va da 1 a 5 anni).
Pur coincidendo le date del suo ultimo arresto con l'incarceramento dei 75 cosiddetti "dissidenti", il suo nome non fa parte di questa lista.
Da questo momento accumula in carcere, a più riprese, diversi anni di pena per indisciplina e azioni violente all'interno del carcere con aggressioni fisiche ai funzionari penitenziari.
Pretende di indossare un'uniforme bianca anziché quella di tutti gli altri carcerati, vuole una cucina per prepararsi in cella i cibi che gli portano dall'esterno, un televisore e un cellulare (tutte cose che gli altri carcerati - e non solo a Cuba - non hanno). Per questi motivi inizia uno sciopero della fame il 18 dicembre 2009 e, nonostante l'assistenza medica ricevuta sia all'interno del carcere, sia all'Ospedale Provinciale di Camagüey, sia all'Ospedale Nazionale dei Reclusi di La Habana, muore il 23 febbraio.
Riguardo l'assistenza ricevuta, c'è un video in Youtube con la testimonianza dei medici che l'hanno assistito e con la testimonianza della madre di Orlando Zapata Tamayo che ringrazia tutto il personale medico per quello che hanno fatto per cercare di tirar fuori suo figlio da questa assurda storia.
Il link per vedere questo video è: http://www.youtube.com/watch?v=b8kfIpv5VMU
E' successo in passato anche a personaggi famosi - ricordo ad esempio il Premio Nobel Saramago e lo scrittore Eduardo Galeano - di prendere per buone notizie che vengono fatte circolare unicamente per screditare la Rivoluzione cubana. Nel nostro lavoro di solidarietà con Cuba tutti i giorni ci imbattiamo in qualcosa di simile.
Per questo non solo occorre sviluppare sia la capacità di discernere ciò che è falso da ciò che è vero, ma anche l'immediata ricerca di fonti diverse da quelle dei soliti mezzi di comunicazione che rispondono a interessi opposti ai valori portati avanti dalla Rivoluzione cubana.
C'è un bellissimo detto al riguardo: "La menzogna può correre per cent'anni, la verità l'acciuffa in un secondo".
Un saluto a tutti voi.
Sergio Marinoni - a nome di tutta la Segreteria Nazionale Leggi tutto...
lunedì 1 marzo 2010
Con i migranti...siempre!
Perché il Primo Marzo
Se vi guarderete intorno, in questi giorni di fine febbraio e nel primo giorno di marzo, vedrete qualcosa di nuovo muoversi tra le vostre strade, nelle vostre piazze, nei mercati, dentro le scuole, nelle università. In tutto il paese, da Palermo a Venezia, da Treviso a Bari, da Trieste a Roma, una moltitudine di persone e di gruppi si sta organizzando per Esserci.
Questa idea nasce da lontano: il primo maggio del 2005 i Latinos negli Stati Uniti decisero di scioperare tutti insieme per protestare contro le condizioni di clandestinità cui erano costretti. Fu così che l'economia del paese più potente del mondo si fermò per 24 ore e i migranti si riversarono nelle piazze affermando la propria fondamentale presenza. A distanza di cinque anni anche anche l'Europa vivrà “un giorno senza di noi”. In Francia e in Spagna, in Grecia e qui in Italia, il primo marzo del 2010 sarà una giornata particolare.
Non si tratta soltanto di una protesta: non siamo semplicemente “contro”. Odiamo il razzismo e la xenofobia, combattiamo le leggi discriminatorie che sempre più restringono l'accesso ai diritti, escludendo milioni di persone che vivono su questo territorio solo in base al fatto che non sono formalmente dei cittadini italiani.
Ma la nostra presenza è molto di più: vogliamo essere l'ipotesi possibile di una società diversa, che non ha paura dei cambiamenti anche se sono profondi, l'umanità che si nutre delle differenze e cerca un linguaggio comune. Abbiamo voglia di aspettare il futuro guardando i nostri figli crescere insieme dentro scuole che non dividano i bambini su base etnica. Vogliamo che chi nasce e cresce in Italia venga riconosciuto come italiano e non rischi, dopo 18 anni di vita qui, di venire deportato in un paese che non ha mai visto. Vogliamo che la sicurezza esista per tutti, e che sia quella che solo i diritti e la libertà dallo sfruttamento possono portare. Vogliamo che chi fugge dalla guerra trovi asilo, ma anche che chi non ha voglia di fuggire non sia costretto a farlo.
Vogliamo che il diritto di restare non sia subordinato a un punteggio da raggiungere come una concessione, ma vada semplicemente vissuto ogni giorno nella costruzione di una quotidianità comune. Vogliamo che dell'immigrazione si smetta di parlare solo per strumentalizzarla e creare paura e allarme. Vogliamo che nessun uomo possa venire imprigionato solo perché “straniero”, come accade in Italia con i Centri di Identificazione e di Espulsione, o rimandato in un paese in cui troverà tortura e morte, come succede in Libia con i respinti nel Mediterraneo, o in Afghanistan dopo che anche dal porto di Ancona si respingono i profughi.
Vogliamo fermare l'erosione dei diritti e delle libertà che parte dai migranti e raggiunge tutti gli altri, perché la precarietà ci accomuna tutti e solo insieme possiamo combatterla. Vogliamo smettere di essere valutati solo come forza lavoro e in base al tornaconto economico di una società in crisi che ha bisogno sempre di lavoratori a basso costo e consumatori e mai di donne e di uomini.
Per questo il primo marzo non faremo la spesa, non telefoneremo, non spediremo i soldi a casa e chi potrà non manderà i bambini a scuola e non andrà a lavoro. Scompariremo per un giorno dalla sfera economica in cui sono confinate le vite precarie di questo paese, e appariremo nella sfera pubblica, dove le nostre azioni e le nostre opinioni possano contare e rappresentarci, diventare visibili e organizzate.
Ci vedrete tutti con qualcosa di giallo addosso, un palloncino, un nastro legato al braccio. Anche se dovremo andare a lavoro saremo parte di questo percorso. E dal giorno dopo continueremo insieme ad agire da cittadini che stanno già costruendo una società diversa. Leggi tutto...
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