lunedì 1 marzo 2010

Con i migranti...siempre!


Perché il Primo Marzo
Se vi guarderete intorno, in questi giorni di fine febbraio e nel primo giorno di marzo, vedrete qualcosa di nuovo muoversi tra le vostre strade, nelle vostre piazze, nei mercati, dentro le scuole, nelle università. In tutto il paese, da Palermo a Venezia, da Treviso a Bari, da Trieste a Roma, una moltitudine di persone e di gruppi si sta organizzando per Esserci.
Questa idea nasce da lontano: il primo maggio del 2005 i Latinos negli Stati Uniti decisero di scioperare tutti insieme per protestare contro le condizioni di clandestinità cui erano costretti. Fu così che l'economia del paese più potente del mondo si fermò per 24 ore e i migranti si riversarono nelle piazze affermando la propria fondamentale presenza. A distanza di cinque anni anche anche l'Europa vivrà “un giorno senza di noi”. In Francia e in Spagna, in Grecia e qui in Italia, il primo marzo del 2010 sarà una giornata particolare.
Non si tratta soltanto di una protesta: non siamo semplicemente “contro”. Odiamo il razzismo e la xenofobia, combattiamo le leggi discriminatorie che sempre più restringono l'accesso ai diritti, escludendo milioni di persone che vivono su questo territorio solo in base al fatto che non sono formalmente dei cittadini italiani.
Ma la nostra presenza è molto di più: vogliamo essere l'ipotesi possibile di una società diversa, che non ha paura dei cambiamenti anche se sono profondi, l'umanità che si nutre delle differenze e cerca un linguaggio comune. Abbiamo voglia di aspettare il futuro guardando i nostri figli crescere insieme dentro scuole che non dividano i bambini su base etnica. Vogliamo che chi nasce e cresce in Italia venga riconosciuto come italiano e non rischi, dopo 18 anni di vita qui, di venire deportato in un paese che non ha mai visto. Vogliamo che la sicurezza esista per tutti, e che sia quella che solo i diritti e la libertà dallo sfruttamento possono portare. Vogliamo che chi fugge dalla guerra trovi asilo, ma anche che chi non ha voglia di fuggire non sia costretto a farlo.
Vogliamo che il diritto di restare non sia subordinato a un punteggio da raggiungere come una concessione, ma vada semplicemente vissuto ogni giorno nella costruzione di una quotidianità comune. Vogliamo che dell'immigrazione si smetta di parlare solo per strumentalizzarla e creare paura e allarme. Vogliamo che nessun uomo possa venire imprigionato solo perché “straniero”, come accade in Italia con i Centri di Identificazione e di Espulsione, o rimandato in un paese in cui troverà tortura e morte, come succede in Libia con i respinti nel Mediterraneo, o in Afghanistan dopo che anche dal porto di Ancona si respingono i profughi.
Vogliamo fermare l'erosione dei diritti e delle libertà che parte dai migranti e raggiunge tutti gli altri, perché la precarietà ci accomuna tutti e solo insieme possiamo combatterla. Vogliamo smettere di essere valutati solo come forza lavoro e in base al tornaconto economico di una società in crisi che ha bisogno sempre di lavoratori a basso costo e consumatori e mai di donne e di uomini.
Per questo il primo marzo non faremo la spesa, non telefoneremo, non spediremo i soldi a casa e chi potrà non manderà i bambini a scuola e non andrà a lavoro. Scompariremo per un giorno dalla sfera economica in cui sono confinate le vite precarie di questo paese, e appariremo nella sfera pubblica, dove le nostre azioni e le nostre opinioni possano contare e rappresentarci, diventare visibili e organizzate.
Ci vedrete tutti con qualcosa di giallo addosso, un palloncino, un nastro legato al braccio. Anche se dovremo andare a lavoro saremo parte di questo percorso. E dal giorno dopo continueremo insieme ad agire da cittadini che stanno già costruendo una società diversa.

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