lunedì 20 aprile 2009

Trinidad, quando gli assenti rubano la scena.



Per la serie “quando gli assenti rubano la scena”, CUBA è stata la grande protagonista dell’inizio del 5° Vertice delle Americhe, in corso di svolgimento a Port of Spain (Trinidad y Tobago).
Quando la presidentessa argentina, Cristina Fernández - nel discorso d’apertura - ha chiesto agli Stati Uniti d’eliminare l’embargo contro la Isla Grande, ha raccolto l’ applauso di tutti i presenti.
“Il blocco alla fraterna Cuba è un anacronismo e chiediamo che sia eliminato”, ha affermato la presidentessa aggiungendo che la nazione dei Caraibi ha manifestato la sua totale apertura per parlare con gli Stati Uniti di tutte le questioni: “Per cui crediamo d’essere di fronte ad una seconda opportunità di costruire una nuova relazione che non si deve lasciar sfuggire”, ha aggiunto.
Il presidente del Nicaragua Daniel Ortega è intervenuto a nome dei paesi dell’America Centrale.
“Mi rifiuto di chiamare Vertice delle Americhe questa riunione che presenta due grandi assenze e non si sta bene in uno scenario dove non sono presenti Cuba e Puerto Rico”, ha detto.
Ortega ha segnalato la storica generosità e gli aiuti senza condizioni del popolo e del Governo cubani, dati alle nazioni latinoamericane e sopratutto la posizione solidale del leader della Rivoluzione, Fidel Castro.
“L’unico delitto che ha commesso Cuba è lottare per l’indipendenza e la sovranità dei popoli e per questo viene punita”, ha rimarcato Ortega che ha ricordato la condanna unanime dell’America Latina e dei Caraibi al blocco degli Stati Uniti contro l’Isola, in Brasile, nel dicembre scorso.
A questo proposito ha altresì ricordato la posizione del VII Vertice Straordinario dell’ALBA - appena conclusosi a Cumaná - dov’è stata espressa la comune condanna del blocco, da inserire nel documento finale dell’appuntamento di Trinidad y Tobago.
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha assicurato che il suo governo sta cercando d’indirizzare le relazioni tra gli Stati Uniti e Cuba verso una nuova direzione (ma non ha toccato il tema del blocco che è stato imposto da Washington nel 1962 e che rappresenta il principale ostacolo alle relazioni tra le due nazioni).
«So che dovremo fare un lungo viaggio per superare decenni di diffidenza, ma ci sono importanti passi che possiamo fare insieme verso un nuovo giorno», ha detto Obama.
Lunedì scorso Obama - compiendo un primo passo di avvicinamento - aveva rimosso alcune restrizioni (numero di viaggi e importo delle rimesse), finora imposte agli abitanti originari dell’isola che vivono negli Stati Uniti. Raul Castro giovedì si era detto disposto ad aprire un dialogo con Washington purché su un piano paritario.
Obama ha chiesto poi di non incolpare il suo paese per tutti i problemi dell’emisfero occidentale, quando una crisi globale sorta nel nord danneggia le nazioni dell’area.
Anche con il presidene venezuelano Hugo Chavez c’è stato un segno di distensione. Nel salone Jade dell’hotel Park Hyatt Regency della città, prima dell’apertura dei lavori del summit, Obama si è avvicinato a Chavez per presentarsi. «Ci siamo stretti la mano come si fa tra signori, no? - ha commentato il presidente del Venezuela - Apprezzo il gesto di avvicinarsi direttamente, un gesto di grande delicatezza che certo non potevo respingere», ha aggiunto Chavez, definendo Obama «un uomo intelligente» e sottolineando l’importanza delle parole pronunciate dal leader della Casa Bianca su un avvicinamento all’America Latina.
«Ho approfittato dell’occasione - ha poi commentato Chavez - e gli ho detto la stessa cosa che dissi otto anni fa a George Bush stringendo anche a lui la mano sempre in occasione di un vertice delle Americhe: «I want to be your friend. Credo che si sia trattato di un bel momento».

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