mercoledì 19 ottobre 2011
Venerdì 28 ottobre ore 18:30
Cari compagni,
siete invitati a partecipare all’incontro dibattito che si svolgerà Venerdì 28 ottobre alle ore 18:30 nei locali del Circolo operaio Germontari ARCI di Via Colle Verde 2 ad Ancona dove saranno nostri ospiti il Prof. Jesús R. Pulido Catasus, economista cubano di livello internazionale, professore dell'Università de La Habana impegnato nella realizzazione delle procedure dei Lineamenti per la Politica Economica e Sociale, esperto in tematiche relative alla pianificazione, ai problemi dello sviluppo e all'economia internazionale (ulteriori informazioni nel curriculum allegato). Il Prof. Catasus ci illustrerà inoltre con chiarezza le scelte economiche della Rivoluzione scaturite dal VI Congresso del Partito Comunista di Cuba.
L’economista cubano sarà accompagnato dal Prof. Luciano Vasapollo, docente universitario a ‘La Sapienza’ di Roma, direttore del centro studi Cestes e della rivista PROTEO. Personalità molto nota della sinistra alternativa nell’occasione presenterà il suo ultimo libro “L’economia cubana non è una scienza triste”.
Al termine del dibattito chi vorrà potrà fermarsi per fare insieme una cena con piatti tipici cubani, vino, rum e dolce a soli 15 €.
Info e prenotazioni ai seguenti numeri: 339/8242575 Peppe – 334/5478822 Gianclaudio. Leggi tutto...
Etichette:
iniziative circolo
venerdì 14 ottobre 2011
ROMA - 15 ottobre
La manifestazione del 15 Ottobre a Roma può rappresentare una grande occasione: mettere in campo, dietro lo slogan «United for global change», una mobilitazione continentale e globale per una nuova idea di società, basata sulla giustizia sociale ed ambientale e la democrazia reale.
La scelta del potere è stata chiara: scaricare i costi della crisi sulla vita degli uomini e delle donne rendendola completamente subordinata alle leggi del profitto e, allo stesso tempo, tutelare i privilegi della classe politica, industriale e bancaria, cioè di coloro che sono i principali responsabili della condizione disastrosa che stiamo attraversando.
PARTENZA DA SENIGALLIA - prenotazione obbligatoria 333/1295984 333/8973725 Leggi tutto...
Etichette:
chi siamo
martedì 13 settembre 2011
13 anni d'ingiustizia! Libertà per i 5.
Cari compagni,
ieri 12 settembre si sono compiuti 13 anni dall'arresto dei Cinque compagni cubani, tuttora detenuti nelle carceri degli Stati Uniti.
In tutti questi anni la nostra Associazione ha fatto iniziative di ogni tipo per far conoscere l'ingiusta condanna subita dai Cinque, dopo un processo ritenuto illegale dal Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie delle Nazioni Unite. Anche dieci Premi Nobel, centinaia di parlamentari di tutto il mondo e diverse decine di organizzazioni legali e dei Diritti Umani di varie nazioni, Stati Uniti compresi, hanno richiesto la revisione del processo.
La parte legale del processo è terminata e solo il lavoro della solidarietà li può aiutare. Dobbiamo chiedere a gran voce al Presidente USA Barak Obama la libertà per i Cinque.
Noi del circolo Italia-Cuba di Senigallia organizzeremo nuove iniziative per richiamare l’attenzione sui cinque compagni cubani e chiediamo a tutti le persone che amano la verità e la giustizia che si attivino per far conoscere di più all'opinione pubblica italiana questo caso.
E’ inoltre importantissimo scrivere mail al presidente Obama entrando semplicemente nel sito http://www.whitehouse.gov/contact (vedi le istruzioni sotto riportate). Nella parte messaggio vi invitiamo a scrivere: President Obama, Free the Cuban Five. They are innocent.
Vi ricordiamo che grazie alle centinaia di mail che sono arrivate da tutto il mondo alla Direzione del Carcere dove era detenuto Gerardo è stato possibile farlo uscire dall'isolamento.
Bisogna credere in quello che facciamo quindi al lavoro cari compagni e compagne,solo cosi possiamo aiutare i Cinque.
GRAZIE PER TUTTO QUELLO CHE RIUSCIRETE A FARE PER PORRE FINE A QUESTA INGIUSTIZIA.
HASTA LA VICTORIA SIEMPRE!
Il direttivo del Circolo ‘Sado Sadovski’ Senigallia.
DIFFERENTI FORME PER COMUNICARE CON LA CASA BIANCA
PER TELEFONO: 202-456-1111
SE SI CHIAMA DA FUORI GLI STATI UNITI MARCARE IL CODICE INTERNAZIONALE DEL RISPETTIVO PAESE + 1 (Codice UE) 202.456.1111
PER FAX: 202 456-2461
Se si invia un fax da fuori degli Stati Uniti MARCARE IL CODICE INTERNAZIONALE DEL RISPETTIVO PAESE + 1 (Codice UE) 202-456.2461
PER POSTA ELETTRONICA: HTTP://WWW.WHITEHOUSE.GOV/CONTACT
Istruzioni per le persone che non leggono inglese per inviare un messaggio di posta elettronica al Presidente Obama
vanno riempite solo le domande con un asterisco (*)
Dove dice First Name scrivere il proprio nome
Dove dice Last Name scrivere il cognome
Dove dice E-mail scrivere indirizzo di posta elettronica
IMPORTANTE: “Type” non ha l' asterisco però DOVETE CLICCARE SU “Internacional” PER POTER CONTINUARE.
Dove dice Country scrivere il vostro Paese
Dove dice Subject: scegliete “Foreign Policy”
Dove dice Message scrivere il vostro messaggio che non deve contenere oltre 2.500 caratteri.
Alla fine copiate testualmente la frase CHE appare nello spazio dove dice “type the two words” lasciando uno spazio tra le due parole.
Per inviare il messaggio cliccate su Submit Leggi tutto...
Etichette:
I cinque eroi
lunedì 22 agosto 2011
Domenica 18 settembre visita al Museo F.lli Cervi e al Campo di prigionia di Fossoli.
Domenica 18 settembre 2011
Organizziamo una gita in pullman alla scoperta dei
LUOGHI DELLA MEMORIA
Museo dei Fratelli Cervi Gattatico RE
Ex campo di Prigionia di Fossoli Carpi MO
PROGRAMMA:
06:30 Partenza da Jesi Porta Valle
07:00 Partenza dalla stazione di Senigallia
10:30 Arrivo a Gattatico, visita guidata del Museo Alcide Cervi.
13:00 Pranzo con porchetta nel parco del Museo Cervi.
15:00 Partenza per Carpi
16:00 Visita guidata al campo di prigionia di Fossoli.
18:00 Rientro con sosta in autogrill
21:00 Arrivo a Senigallia
21:30 Arrivo a Jesi
Nella quota di partecipazione di 35 euro (20 euro per i minori di 18 anni) sono compresi:
-Viaggio in pullman gran turismo
-Pranzo con porchetta, salumi, dolce, vino, rum, grappa e bibite!
-Ingresso con visita guidata al Museo Cervi e all’ex campo di prigionia di Fossoli.
Info e prenotazione (entro il 10 settembre) ai seguenti numeri: Peppe 339/8242575 - Maurizio 333/3745938 - Gianclaudio 334/5478822
L’iniziativa è organizzata in collaborazione con l’ANPI, l’ARCI e l’Associazione LIBERA di Jesi, al fine di poter disporre al meglio l’assegnazione dei posti chi volesse partecipare è pregato di prenotare con anticipo e dare conferma entro il 10 settembre.
La gita non si effettuerà nel caso in cui il numero dei partecipanti fosse inferiore a 45.
Leggi tutto...
Etichette:
iniziative circolo
giovedì 11 agosto 2011
E' il capitalismo bellezza!
L’Italia, non da oggi, è di fatto commissariata dalla BCE, sperando che non arrivi il turno del Fondo Monetario Internazionale. La politica in quanto tale non conta più nulla, ogni decisione economica (cioè le uniche decisioni che dettano l’indirizzo di un governo e marcano le differenze fra destra e sinistra) vengono prese direttamente dalla sede della Banca Centrale Europea, nonché dai famigerati mercati. Vediamone le conseguenze.
Quella che salta agli occhi più nettamente è che questa cosiddetta crisi finanziaria, o attacco speculativo all’Italia, ha di fatto sospeso la democrazia nel nostro paese, dopo averlo fatto con la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda e la Spagna (più altre decine di stati “sovrani” in giro per il mondo nelle mani del FMI). I governi in carica non hanno la possibilità di decidere alcunché; proprio come negli anni belli delle dittature latinoamericane, chi decide quali politiche attuare sono alcune strutture economiche controllate dai fondi d’investimento, dalle grandi multinazionali e da alcune grandi banche. E’ in atto un colpo di stato contro la democrazia occidentale, che si sta sperimentando nei paesi più esposti per “sondare” il terreno. La politica, fino a prova contraria, è l’unico strumento che può realizzare lo sviluppo democratico di un territorio. Se la politica non influisce più, se gli si tolgono gli strumenti per governare, ci sono buoni motivi per avere paura. Proprio quella che dovremmo avere tutti noi in questo momento. Abbiamo gridato (giustamente) al fascismo di ritorno nel quale stavamo sprofondando, al neoliberismo che ci governava, a una democrazia svuotata di significato e contenuti. Ma non è niente rispetto a quello che potrebbe accadere se l’Italia accettasse gli aiuti internazionali.
Altro piccolo problema: è stato preparato da mesi il terreno culturale per questo colpo di stato strisciante. Da tempo, e specialmente in questi ultimi giorni, è in atto una equiparazione semantica fra i concetti di “mercato” e “cittadini”. I mercati che bocciano la finanziaria italiana vengono dipinti come insieme di cittadini, risparmiatori, contribuenti, investitori, che bocciano la politica del governo. Un crollo a Piazza Affari viene equiparato ad un sondaggio contro Berlusconi. L’unica soluzione proposta per porre fine a questa ondata speculativa viene individuata nel governo tecnico. E invece i mercati non sono i cittadini, non sono i risparmiatori, non sono gli investitori privati. I mercati azionari non sono formati dai cittadini, il cittadino non investe in borsa. La borsa è il terreno in cui si operano le plusvalenze fra le grandi società azionarie. E’ il terreno della finanza. Il cittadino non ha accesso alla borsa. Tutt’al più, quei pochi cittadini che hanno ancora soldi da parte e intendono investirli in banca comprano i Buoni del Tesoro. Nessuno gioca con la borsa, e soprattutto non sono quelli che determinano perdite o ricavi con le loro vendite. Le borse sono il terreno di caccia dei grandi fondi speculativi, che vendendo o comprando in blocco milioni di euro in titoli determinano le perdite o i guadagni in borsa.
Nessun insieme di cittadini, italiani o esteri, sta bocciando l’Italia. Sono i grandi fondi speculativi, lo ribadiamo per l’ennesima volta, che stanno provando a debilitare il sistema finanziario italiano per poi passare al raccolto, cioè al commissariamento del paese, l’intervento dei fondi salva stati e del FMI, con conseguente svendita e privatizzazione di tutta l’industria nazionale. E’ un gioco che è andato avanti per un secolo intero in altre parti del mondo, dall’Asia all’America Latina all’Africa.
I mercati quindi non sono il termometro dell’opinione pubblica verso il governo. Questa infame ricostruzione ideologica ha però ormai pervaso ogni racconto pubblico di ciò che sta accadendo. Ogni analisi parte dal presupposto che il governo deve dare fiducia ai mercati, oppure sondare l’umore degli investitori, o anche rispondere agli stimoli provenienti dalle borse. E’ una delle più false (e riuscite) intossicazioni della percezione pubblica di ciò che sta accadendo.
Incredibilmente, in questo teatro del non-sense che è l’Italia, tutti questi discorsi che abbiamo fatto li sta facendo il centrodestra, che è costretto a ribattere a tutte le accuse assurde che gli vengono rivolte dal centrosinistra. Nel nostro paese è il centrosinistra il portavoce dei mercati, dei governi tecnici, dei tagli al welfare, dei pareggi di bilancio, della controriforma delle pensioni, della controriforma continua del mercato del lavoro; mentre al centrodestra è lasciato il compito di ribattere politicamente a queste accuse dicendo paradossalmente una parte della verità: l’attacco finanziario all’Italia è appunto fatto dai grossi speculatori internazionali, che non sono i cittadini che hanno paura e vendono azioni, ma sono i fondi d’investimento che muovono milioni di azioni e determinano il quadro finanziario del nostro paese.
Proprio per questa ragione, l’Italia è l’unico paese del mondo che non sta protestando contro la crisi e i suoi effetti, ma avalla unanimemente la cura neoliberista, come la CGIL, che firma senza vergogna il documento di smantellamento dello stato sociale con la Confindustria. Protestano in tutti i paesi d’Europa sotto attacco, tranne che in Italia. La ragione, come abbiamo detto prima, è che il portavoce del governo BCE-FMI è proprio il centrosinistra. A fronte di un centrodestra impegnato a smentire questa falsissima lettura della situazione.
Le opzioni invocate in questi giorni come rimedi necessari per fare fronte alla crisi sono le solite di questo infame trentennio: la riforma del mercato del lavoro, come se non fosse stato riformato a più riprese in questi anni e sempre in chiave neoliberista e precarizzante; l’aumento dell’età pensionabile, da portare a settant’anni; il taglio netto dello stato sociale; e, infine, la cosa più ridicola del mondo: i tagli alla politica e la soppressione delle province. Come se non esistessero le province in tutto il mondo (in Francia hanno addirittura le elezioni cantonali, si avete capito bene, oltre a regioni, dipartimenti e comuni hanno anche i cantoni); come se tagliare cento o duecento deputati sia un possibile palliativo a questa crisi.
Questo è il dramma culturale in cui siamo sprofondati, cercare di uscire dalla crisi chiedendo una “moralizzazione” della politica, senza contare il panorama politico in cui le opposizioni di centrosinistra appoggiano le ricette neoliberiste e il governo di centrodestra che non sa cosa dire. E’ il capolavoro culturale del capitale: quello di comprendere in sé ogni forma di opzione politica presente su un territorio. Destra e sinistra non hanno più ragion d’essere, sono due fazioni politiche del neoliberismo che governa l’Italia. E chi dovrebbe stare all’esterno di questo teatrino neoliberista, tenta di guadagnarsi una sua visibilità cercando l’accordo proprio con chi è complice di tutto ciò che sta accadendo nel nostro paese. Invece di rivendicare, oggi più che mai, una nostra effettiva autonomia politica, ci dibattiamo ancora su quale strategia elettorale portare avanti per abbattere Berlusconi. Stiamo ancora a Berlusconi, non avendo capito che la democrazia in Italia potrebbe non essere più una cosa scontata. da Militant Leggi tutto...
mercoledì 27 luglio 2011
Seguimos en combate!
Oggi è l’anniversario dell’assalto al Moncada, un giorno importante per tutti gli antimperialisti e i rivoluzionari che non hanno abdicato all’idea di fare del mondo un posto più giusto. Il 26 luglio del 1953 a Santiago de Cuba la “generazione del centenario” tentò l’assalto alla caserma Moncada. Quel principio di rivoluzione venne soffocato nel sangue dalle truppe di Batista eppure quei compagni seppero imparare dalla sconfitta e solo tre anni più tardi tornarono ad assaltare il cielo. All’inizio erano solo 82, eppure riuscirono a sconfiggere quello che allora era l’esercito meglio armato dell’America Latina. Chi vuole può! Leggi tutto...
Etichette:
Cuba
domenica 17 luglio 2011
Capitalismo, scenari sempre più cupi.
Da fonti “ufficiali” si conferma che i salari degli operai americani sono in calo dal 2007 (e la classe media piange su un reddito sostanzialmente fermo dal 1973) e questo avrebbe dato ultimamente qualche vantaggio ai profitti societari, in regime di monopolio del sistema. Se un guadagno c’è stato, non ha certamente incentivato gli investimenti ma la tesaurizzazione. Lo stesso vale per l’Europa e il Giappone, mentre — con le meningi sotto sforzo… — persino gli esperti del capitale cominciano ad ammettere che la crisi avrebbe avuto inizio fin dagli anni Settanta ed a causa della tendenziale caduta dei saggi di profitto, come da noi — vetero marxisti — sempre sostenuto.
Ovunque la “domanda” di merci si è forzatamente spenta:soddisfare i bisogni essenziali di miliardi di esser umani non è sicuramente in testa alle preoccupazioni del capitale! I redditi dei salariati e dei pensionati sono in calo, l’occupazione è in molti casi sottoccupazione; la spesa pubblica è in piena crisi, ovunque si taglia e si suona la fanfara di “sudore, sacrifici e sangue” per chi finora non ha conosciuto — in dosi più o meno sopportabili — altro che un simile trattamento. Oggi, ecco la novità!, il tutto sarebbe da “rafforzare”…
Inutile, al di là e al di qua dell’Oceano, il ricorso alle aste truccate di prodotti tossici, o i tentativi di nascondere i cumuli di immondizia finanziaria imbrogliando l’opinione pubblica con gli annunci di fantomatiche nuove regole di trasparenza. Mentre le borse alternano periodi di stasi a periodi in cui divampano falò di centinaia di miliardi di dollari o di euro, la crescita industriale è sempre in frenata e il “panico economico” serpeggia ormai quotidianamente alternandosi, sottovoce, al famoso ritornello: “Tutto va bene, madama la marchesa”. E si piange, a cominciare dagli Usa, attorno ad una produttività dichiarata in stallo, illudendosi che una sua eventuale ripresa possa portare ad un aumento dell’occupazione e dei consumi. Siamo a livelli di imbecillità, o meglio di gangsterismo economico senza precedenti. Persino l’ottimismo dei capitalisti cinesi comincia a venir meno di fronte all’allarme inflazione e ad un rallentamento dei ritmi di crescita.
Per il capitalismo USA, come detto sopra, con un deficit della bilancia commerciale ormai oltre i 50 miliardi di dollari e le sue esportazioni dichiarate “non sufficientemente competitive”, le cose non vanno meglio. In particolare pesano, anche per l’Europa e il Giappone, le importazioni dei barili di petrolio (miliardi dollari che incrementano le riserve valutarie dei paesi produttori e affamatori di masse in miseria) mentre Washington è sempre in polemica con Pechino per una rivalutazione dello yuan, al momento solo frazionale. La disoccupazione mondiale è alle stelle: siamo in presenza di un trend, riguardante in modo specifico la disoccupazione giovanile mondiale, che si traduce in un continuo peggioramento dei livelli di vita, sia presenti che in prospettiva, per una generazione perduta di ragazzi. Proletari, innanzitutto, ma con forti ripercussioni anche nelle classi medie. In questi cupi scenari, il nostro lavoro va intensificato e condotto con una chiara e precisa indicazione: rafforzare la formazione dell’indispensabile partito politico della classe operaia e del proletariato intero. Per il programma del comunismo, oggi di estrema attualità contro il dilagante imbarbarimento economico e sociale. Leggi tutto...
Etichette:
chi siamo
lunedì 11 luglio 2011
sabato 2 luglio 2011
Equa la Festa Jesi
7-8-9 luglio 2011
Ostello Villa Borgognoni - Jesi (An)
Via Crivelli 1 (angolo Via Gramsci)
PROGRAMMA
Giovedì 7 luglio
h.17 Apertura stand espositivi e attività associ-attive permanenti
h.18 Inaugurazione arancione
Laboratorio ritmo musicale, a cura di David Uncini per adulti e bambini (su prenotazione, gruppi max 5/7 pers.). Per info: 328.1446496 trpche@hotmail.it
h.18,30 Presentazione del libro di Marco Boschini e Michele Dotti L'anticasta. l'Italia che funziona, con la partecipazione di Michele Dotti.
Segue il dibattito Cambiare il Paese piuttosto che cambiare Paese, incentrato sulle iniziative e le proposte dell’Associazione Comuni Virtuosi. Intervengono, insieme a Michele Dotti, Alessio Ciacci, assessore all'Ambiente del Comune di Capannori (Lu) e Luca Fioretti, sindaco di Monsano (An). Modera Maria Francesca Alfonsi, giornalista del TGR Marche.
Aperitivo a km 0
h.21 Cena multiculturale
h.22 Concerto Funkastigo Unplugged (genere funky, blues e soul)
Venerdì 8 luglio
h.17 Apertura stand espositivi e attività associ-attive permanenti
h.17,30 Laboratorio ritmo musicale, a cura di David Uncini per adulti e bambini (su prenotazione, gruppi max 5/7 pers.). Per info: 328.1446496 trpche@hotmail.it
h.18,30 Incontro con Marco Bersani (Attac Italia) sul tema "I beni comuni dopo il referendum"
Aperitivo equosolidale
h.21 Cena multiculturale
h.22 Concerto Charango y Tambor (dai ritmi uruguayani a quelli argentini, dai cubani a quelli brasiliani, fino ad arrivare a brani di puro folklore e di musica tradizionale sudamericana)
Sabato 9 luglio
h.10 “Consigli per gli acquisti multiculturali” - tour cittadino nei bazar di quartiere
(su prenotazione; per info: 347.4821202 parisconsuelo@tiscali.it; ritrovo partecipanti in Piazza della Repubblica)
h.13 Pranzo macrobiotico su prenotazione (info: 347.8093140 alessandratd@libero.it)
h.15 Apertura stand espositivi e attività associ-attive permanenti
Seminario per educatori Il metodo strutturale maieutico di Danilo Dolci
(su prenotazione; info: 333.2436825 chiara.stancati@yahoo.it)
h.17 A tutto GAS: esperienze su un nuovo modo di fare spesa
A cura di REES Marche nell'ambito del progetto "Oggi si Acquista Bio", promosso da REES Marche e co-finanziato dalla Regione Marche
Per bambini: lettura animata del libro Re Carognone e l'acqua rubata, di Silvia Forzani (Ed. Girotondo), con a seguire laboratorio. A cura della Libreria Kirikù di Jesi e di Caterina Fantoni, artista anconetana
h.19 Danilo Dolci. Una rivoluzione non violenta. Presentazione della biografia di Danilo Dolci con l’autore Giuseppe Barone, vicepresidente del Centro per lo sviluppo creativo “Danilo Dolci” di Palermo. Letture a cura del Teatro Rebis di Macerata.
“Libera” l'aperitivo
h.21 Cena multiculturale
h.22 Concerto Cherry Cave (genere funky, rythm and blues, soul)
Attività associ-attive permanenti:
- laboratori per adulti e bambini (manipolazione argilla, trottole, happy mais, cucina naturale e ritmo musicale)
- pratiche di benessere fisico e psichico (Metodo Feldenkrais ®, shatsu, Arte di Mahikari, Reiki, massaggio plantare, cristalloterapia, “just scream!” e tai chi chuan-stile yang)
- banchetti associazioni
- cucina etnica, locale e bar equosolidale
- angolo del baratto
- Muito Brasil by www.radiotlt.it (la webradio dei Centri di Aggregazione della Vallesina)
Organizzatore capofila dell'evento: Associazione di volontariato SpaziOstello Onlus Leggi tutto...
Etichette:
iniziative circolo
domenica 19 giugno 2011
6° FESTIVAL ANTIRAZZISTA
“Get up, stand up! Stand up for your rights!”
Bob Marley
I ragazzi dei Filottrano City Rockers, in collaborazione con l’Ass. Kowalsky tornano, per il sesto anno consecutivo, ad invitarvi entusiasticamente al
FESTIVAL ANTIRAZZISTA 2011 che si terrà, come di consueto, nell’area verde di Cantalupo a Filottrano (AN) l’ultimo weekend di Giugno...(24-25-26 Giugno 2011).
Il festival, sempre ad ingresso gratuito,quest’anno dedicato a
BOB MARLEY prevede tre giorni di grande musica, con circa 40 gruppi provenienti da tutta Italia e oltre!
Tanta buona musica, tanti artisti, colore e divertimento per dire sempre con più forza NO al razzismo e alla discriminazione.
Questi sono alcuni nomi dei gruppi partecipanti:
AFRICA UNITE, FOLKABBESTIA, KAOS ONE, THE GANG, NED LUDD, NUJU, SANTERE’ (Brasile), MALAKATON (Spagna), ANIMA EQUAL (Senegal), OFFENDERS (Germania), XIII CHAPTER (Germania), DEVASTED, AVVOLTOI, FOUR BY ART, GLI AMICI DELLO ZIO PECOS, NATURAL DUB CLUSTER, e tutti i gruppi della rete dei Filottrano City Rockers.
All’interno dell'Area Verde saranno presenti banchetti di svariate associazioni culturali e umanitarie come Ambasciata dei Diritti, Ya Basta!, Amnesty International, Anpi, Ass.Joe Strummer Magenta,
Bambini nel deserto,Centro studi libertari"L.Fabbri, Emergency,Gruppo Esperantista Marchigiano, Greenpeace, Italia Cuba, Libera, L.u.p.o., Assemblea permanente Urbino, Jassart...
INFO http://www.filottranocityrockers.it/wp/ Leggi tutto...
Etichette:
iniziative circolo
martedì 14 giugno 2011
Referendum missione compiuta
di Fabrizio Casari
Quattro SI messi insieme fanno un NO enorme. Poche volte, in passato, un quorum aveva così ben rappresentato un giudizio popolare complessivo sul governo, le sue politiche economiche e sociali, il suo conflitto con la Costituzione, prima e oltre che quello con le altre istituzioni dello Stato. Il quorum, atteso e temuto, è arrivato come uno tsunami sui flutti del governo che ha tentato ogni mossa, anche la più furbetta, anche la più indegna, per evitarlo. Non sono servite a nient’altro che a determinare l’entità e il peso della sconfitta dell’Esecutivo. Ventisei milioni di italiani hanno dato inizio alle pratiche di divorzio tra la destra e il Paese.
Questo è l'inizio del post.
Non è bastato il silenzio stampa da parte dei grandi media, siano essi privati o pubblici al servizio di un privato. Non è stato sufficiente nemmeno cercare di disincentivare l’affluenza alle urne con inviti diretti a non votare, spalmati in lungo e largo dalle dichiarazioni del Premier fino alle previsioni del tempo del Tg minzoliniano. E nemmeno l’ultimo, disperato tentativo d’includere gli italiani residenti all’estero con la speranza di aumentare ulteriormente la soglia del quorum è andato fallito.
Il popolo italiano, attivatosi sui territori, nei posti di lavoro, sulla rete web, è sceso in campo nel vero senso della parola, riscoprendo il gusto e il piacere della mobilitazione, dello schierarsi contro un pacchetto di misure che sono state considerate inique, sbagliate, pericolose per tutti e convenienti solo per lobbies e cricche che perseguono i loro interessi in spregio a quelli collettivi.
Il risultato straordinario ottenuto pone alcune riflessioni, che riguardano tutto lo schieramento politico, siano essi di governo o d’opposizione. Il Governo può solo ammettere la sconfitta: suoi erano i provvedimenti sottoposti al giudizio popolare, sue le scelte politiche che li avevano proposti, sua l’ideologia che li aveva ispirati. E, ancor più, indicano con chiarezza che il “tocco magico” del Premier è ormai un pallido ricordo.
Berlusconi, infatti, appare ora come un re Mida alla rovescia, tale è ormai il sentimento generale di ripudio che il popolo italiano gli tributa ad ogni apertura di urne, siano esse destinate al voto amministrativo o a quello referendario. Già il cavaliere aveva miseramente perso il referendum sulle modifiche costituzionali e quelli di ieri sono voti che raccontano, definitivamente, l’irrilevanza delle indicazioni del capo del governo sul tessuto del Paese.
Ha invitato a non votare e gli italiani sono corsi a votare. Ha chiesto di sostenerlo nella sua guerra alla Costituzione - e, di conserva, alla magistratura - e gli italiani gli hanno risposto che sono dalla parte della Carta e dei doveri che essa impone a tutti, uomini di Stato in primo luogo. Impossibile non leggere una batosta per il Governo e impossibile anche non vedere il tramonto di Berlusconi che del governo è Alfa e Omega. Ha fatto molti danni e molti ancora può farne, ma nessuna proposta che giunge da Berlusconi ha ormai un quoziente di gradimento sufficiente a proporlo come guida politica del Paese e, forse, dello stesso PDL. Il paese, come ha giustamente commentato Bersani, ha divorziato da Berlusconi. Berlusconi non è più maggioranza, non incarna più il senso comune degli italiani.
Ma i messaggi arrivano chiari anche all’opposizione, in particolare al PD, che ai referendum non aveva creduto sin dall’inizio, nel timore che il mancato raggiungimento del quorum potesse produrre una vittoria di Berlusconi di cui davvero non c’era bisogno. Ma, soprattutto, la lezione che il centrosinistra deve trarre da questa battaglia vinta è che nonostante 17 anni di berlusconismo, il tessuto democratico di questo paese tiene. E non solo quello che si manifesta nelle istituzioni che resistono ai golpe striscianti della maggioranza, ma quello che vive nel cuore della società italiana, che al momento buono sa riscoprire il valore determinante della sua capacità di mobilitazione e, quindi, della sua capacità di determinare una nuova fase politica.
Associazioni di ogni tipo, articolate su tutto il territorio, organizzazioni sociali, gruppi d’iniziativa e forze politiche, che in questi lunghissimi e difficilissimi anni ha lavorato sul territorio, nelle scuole, nei posti di lavoro, nella comunicazione online, in condizioni di cattività, senza risorse se non quelle provenienti dalla loro volontà di non mollare, hanno costituito il collante fondamentale che, insieme alla forza elettorale dei partiti d’opposizione, ha creato i presupposti prima politici, poi numerici, per proporre la sconfitta del Governo. Per ribaltare, insomma, i rapporti di forza elettorali.
Ora, senza voler togliere importanza agli aspetti tattici dello schieramento antiberlusconiano, senza voler ridurre il peso preponderante che una nuova legge elettorale potrebbe avere nel decidere le prossime elezioni, si deve passare dalle schermaglie parlamentari, dai riposizionamenti più o meno settimanali, a un messaggio chiaro: la sinistra, i democratici, hanno voglia di rimettersi in gioco, di uscire dalla sbornia qualunquistica di questi ultimi 17 anni e vogliono farlo sulla base di parole d’ordine precise. La sinistra tutta, complessivamente intesa, non può essere espunta dalla costruzione dell’Italia post-berlusconiana perché, semplicemente, o la sinistra ha voce determinante in questo processo o, semplicemente, questo processo non inizierà.
Proprio quel terreno così fertile di volontà di partecipazione politica da parte di milioni di italiani, che negli ultimi anni avevano disertato le urne ricche di personaggi troppo somiglianti tra loro, dev’essere quindi il tavolo su cui scrivere l’agenda politica dell’opposizione ed il suo programma di governo. Più che dedicarsi all’annoso (e soprattutto noioso) discettare sull’eventualità del coinvolgimento di Casini, il PD deve assumere una nuova direzione di marcia: il popolo italiano, a maggioranza, ha deciso che la destra berlusconiana è inadatta a governare. Aprire il confronto con questo popolo, permettergli di prendere la parola e contribuire a forgiare il programma politico per l’oggi e per il domani, é la base indispensabile per proporre un cambio di prospettiva politica, una nuova fase storica per questo Paese. Ce n’è un grande bisogno.E questo è il resto. Leggi tutto...
venerdì 3 giugno 2011
12-13 Giugno, nessuno può chiamarsi fuori da questa sfida.
50% più uno. Sta lì il segreto del quorum, in quel ‘più uno’. Il ‘più uno’ può nascondersi nel vicino di pianerottolo cui non hai ricordato la data del voto, nella zia alla quale non hai spiegato che le centrali non stanno solo in Giappone ma le vogliono portare anche in Italia. O nell’amico che non hai accompagnato al seggio prima di andare al mare. Allora forza: tutti a caccia del ‘più uno’.
La ricetta è semplice:
1) presto ai seggi: vai a votare nelle prime ore di domenica 12 giugno: se i primi dati sull’affluenza sono buoni anche gli indecisi si decideranno;
2) informazione a domicilio: se vai a cena da un amico scarica un volantino da internet e mettilo nelle cassette delle lettere del condominio;
3) mail : spedisci a tutta la tua rubrica e condividi coi tuoi amici un promemoria per il referendum (un volantino, un video che ti piace, una foto…);
4) taxi referendario: quando vai al seggio passa a prendere un amico, accompagna qualcuno che non ha la macchina o ha problemi ad andare a votare;
5) fantasia: telefonate, sms, cene referendarie, manifesti, fai tu.
Grazie per tutto ciò che riuscirai a fare. Leggi tutto...
domenica 1 maggio 2011
1° Maggio, non solo scampagnate
Primo Maggio, Festa dei Lavoratori.
Dopo che i politici hanno trasformato il 25 aprile, il giorno dedicato alla Liberazione dal fascismo e dal nazismo, nel triste palco per proclami imperialisti e guerrafondai non permettiamo che venga snaturato anche il 1° maggio. Oltre alla gita fuori porta ricordiamo la sua origine storica e prepariamo lo SCIOPERO GENERALE del 6 maggio prossimo per rilanciare la centralità e la dignità del lavoro e del lavoratore contro le semplificazioni e mistificazioni delle destre e purtroppo di buona parte della sinistra che lo hanno ridotto a mero ingranaggio della grande macchina economica.
Leggi tutto...
Dopo che i politici hanno trasformato il 25 aprile, il giorno dedicato alla Liberazione dal fascismo e dal nazismo, nel triste palco per proclami imperialisti e guerrafondai non permettiamo che venga snaturato anche il 1° maggio. Oltre alla gita fuori porta ricordiamo la sua origine storica e prepariamo lo SCIOPERO GENERALE del 6 maggio prossimo per rilanciare la centralità e la dignità del lavoro e del lavoratore contro le semplificazioni e mistificazioni delle destre e purtroppo di buona parte della sinistra che lo hanno ridotto a mero ingranaggio della grande macchina economica.
Leggi tutto...
Etichette:
chi siamo
lunedì 25 aprile 2011
sabato 23 aprile 2011
Il volto nuovo di Cuba
di Fabrizio Casari
Lo si può obiettivamente definire un Congresso straordinario quello che ha appena celebrato il Partito Comunista di Cuba. Straordinario perché straordinarie sono le misure che ha adottato e straordinario perché ha raccolto una sfida per il futuro che, piaccia o no, lontano dalle letture stereotipate e ignoranti che la stampa italiana propone, prefigura un’evoluzione autentica, profonda, del sistema socialista. Magari non sarà di moda, non catturerà gli elogi delle major della comunicazione, ma raccoglie e valorizza le istanze popolari del Paese: che, alla fine, è quello che conta.
Il Congresso si è tenuto in concomitanza con il 50esimo anniversario della fallita invasione mercenaria alla Baia dei porci e, forse, non poteva esserci data più simbolica per indicare una nuova fase. Cinquant’anni fa la resistenza popolare che ricacciò in mare i mercenari aprì la strada al carattere socialista della Rivoluzione e oggi, le misure adottate, sembrano voler ratificare per il futuro la medesima scelta.
L’indicazione che viene da questa terza fase della vita della Rivoluzione cubana è che si negoziano politiche e forme dell’organizzazione sociale, non i princìpi. Il disegno del nuovo corso cubano risiede fondamentalmente nell’adeguamento del progetto economico e sociale della Rivoluzione alle condizioni generali internazionali e interne. Proiettare il socialismo dalla storia passata e presente a quella futura è la scommessa e cambiare il modello per rafforzare il sistema è il modo di vincerla. Il preambolo del progetto è, infatti, la sua stessa sostanza: il sistema socialista si evolve per vincere. Si deve cambiare il modello per rivitalizzare il sistema e si deve mantenere il sistema per far vivere Cuba.
Il piano di riassetto economico dell’isola era stato ampiamente esposto dal documento che convocava il Congresso. Ne avevamo già scritto su Altrenotizie al momento della sua diffusione (http://www.altrenotizie.org/esteri/3595-cuba-socialismo-del-terzo-millennio.html). Averlo sottoposto al giudizio popolare in lungo e largo del Paese per cinque mesi ha prodotto diverse modifiche al testo originario, ma la sostanza dell’operazione politica è stata confermata. E qui, davvero, non si può non cogliere un elemento di merito sul piano della democrazia reale: sarebbe interessante verificare in quali dei paesi che si autocelebrano democratici (e magari accusano Cuba di non esserlo) i piani di riforme economiche sono sottoposti al vincolante vaglio popolare.
Questa è l’essenza delle riforme approvate e, in questo senso, esse aprono la strada al cambiamento compatibile. Compatibile, sì, perché sono riforme che partono non da teorie economiche astratte, ma che si misurano con la situazione concreta del Paese.
Nascono dall’individuazione dei bisogni e anche dei limiti sin qui palesati; si proiettano sull’esigenza di crescita interna in base alle necessità e alle possibilità concrete. Non hanno riferimenti dottrinari, dal deciso sapore teologico, sbertucciati da teorie universitarie; non obbediscono cioè ai modelli predefiniti - imperanti quanto fallimentari - ma, sfida nella sfida, propongono una “via cubana” per l’economia di Cuba.
Un modello adatto all’isola, cucito su misura delle esigenze interne, perché quello vigente è incompatibile con il quadro generale. Si vuole superare un’identità dogmatica - e in ultima analisi inefficace - che persisteva a dispetto delle profonde modificazioni nella realtà nella quale vive. Cuba ha scelto di adeguare e non di cancellare, di riformare e non di abdicare, di evolversi e non di cristallizzarsi.
La riforma del mercato del lavoro è certamente il fatto nuovo, che rompe schemi consolidati e apre scenari diversi da quelli ipotizzati fino a pochi anni orsono e determina comunque la necessità di formare diverse generazioni di cubani a un nuovo modello di sviluppo. L’intenzione chiara è quella di far funzionare ciò che non funziona, giacché l’inefficienza e la disorganizzazione diventano insopportabili in un’economia già prostrata dal blocco economico statunitense lungo più di cinquant’anni e che ha rappresentato l’impossibilità per Cuba di programmare la sua economia come qualunque altro paese del mondo.
L’economia pianificata e i rigidi piani quinquennali cedono ora progressivamente il posto a un’idea dinamica e d’aggiornamento costante del processo di crescita economica. Agricoltura, edilizia, trasporti, falegnameria, servizi generali alla cittadinanza e al turismo, sono le aree dove maggiormente verranno indirizzati gli sforzi di modernizzazione e trasformazione. Apertura alle piccole imprese, preferibilmente su base cooperativa ma non solo; cessione di sovranità dall’alto verso il basso nella regolamentazione della legge della domanda e dell’offerta, nell’obiettivo di ridisegnare la mappa dei bisogni della popolazione e del loro soddisfacimento; abolizione sostanziale del valore assistenziale del salario per trasformarlo in elemento di valore concreto rispetto all’opera sostenuta ed al valore sociale che essa rappresenta.
I passi sono diversi e gradualmente verranno effettuati. La restituzione della terra ai privati si prevede che impiegherà 130.000 nuovi contadini e saranno quasi 200.000 le licenze di commercio destinate alle piccole aziende, dove verranno allocati i circa 2 milioni di lavoratori (su un totale di 5) che usciranno dal settore pubblico per entrare in quello privato. Oltre a ciò, l’emersione legale delle attività fino a ieri svolte illegalmente, eliminerà il mercato parallelo esistente, dove tanto per le prestazioni come per i materiali si trova tutto quello che ufficialmente non c’è e che, alterando in profondità il dato ufficiale, produce ricadute fortemente negative per la pianificazione l’organizzazione del mercato interno. L’obiettivo finale è ridurre al minimo la distanza tra domanda di beni e servizi alla cittadinanza e la loro offerta.
Dallo sviluppo del settore privato, che si prevede possa portare al 40% del Pil nei prossimi cinque anni, giungeranno sia i risparmi derivanti dalla minore inefficienza, sia le risorse (sotto forma d’imposte) che verranno utilizzate per il mantenimento dello stato sociale, già di per se alleggerito dalla progressiva eliminazione delle forme generalizzate di sussidi che, pure se insufficienti, rappresentano comunque un macigno per l’economia del Paese.
La caratteristica storica principale del sistema cubano è stata, infatti, quella di riuscire a sostenere un livello di welfare state senza uguali al mondo. Al mantenimento di questo sono state dedicate risorse infinite e per questo sono state affrontate e sostenute difficoltà crescenti, nel convincimento che l’egualitarismo dovesse essere il tratto identitario del modello. Da oggi, alla luce dell’impossibilità di continuare a sostenere economicamente quel modello, ma nella volontà decisa di mantenere il sistema, si cambia.
La via scelta è quella della trasformazione di un’economia rigidamente ed esclusivamente statale, in un’economia mista (pubblica e privata) che generi il gettito fiscale per la copertura del welfare. Verrà aperta la strada ai capitali privati dall’estero, fondamentali per finanziare l’aggiornamento tecnologico e delle infrastrutture necessario a recuperare quote di produzione, tanto per l’export come per il consumo interno. Sarà lecito il profitto e la tassazione dello stesso, che servirà a dotare la fiscalità generale delle risorse finanziarie di cui ha bisogno per la gestione ordinaria e straordinaria del Paese.
Dove si potrà e dove si vorrà, i dipendenti di ieri potranno essere i soci di domani. Uguali opportunità e uguali diritti; valore del lavoro e quindi del salario sono i nuovi parametri di un’organizzazione sociale capace di proiettare il paese verso la stabilità economica. E questa che, insieme alla sovranità politica, garantisce l’indipendenza e lo sviluppo, sinonimi veri dell’uguaglianza tra tutti i cubani.
La riorganizzazione della società cubana è un altro dei passi verso una nuova Cuba. L’elemento “politico” più importante sembra quindi essere quello del ristabilimento dei ruoli nella società cubana. Si tratta di una trasformazione determinante, anche sotto l’aspetto della battaglia contro l’inefficienza e la corruzione, che sposta l’asse dell’equilibrio della società cubana su parametri diversi, ridisegnando la mappa delle forze sociali che agiscono nel tessuto del Paese.
La nuova articolazione delle forze sociali sull’isola sarà motore e misura del cambiamento. Le diverse componenti sulle quali si articola la società cubana avranno compiti diversi perché diverse sono le ragioni sociali su cui si fondano e avranno ruoli diversi perché diversi saranno i campi nei quali si cimenteranno. Quando Raul afferma che “bisogna togliere al partito le funzioni che non gli competono”, si capisce che la sovrapposizione e la mescolanza tra Partito e Stato é destinata a essere superata da una divisione chiara per ruoli diversi.
Il partito, infatti, perno centrale della direzione politica, viene sollevato dalla direzione della gestione amministrativa. Pur mantenendo il suo ruolo di collante sociale e politico, di luogo di elaborazione d’idee e proposte che però, sotto il profilo della gestione economica e amministrativa, sarà lo Stato a dover gestire.
In simultanea con la progressiva riduzione del peso del partito nella gestione amministrativa, emerge con evidenza il ruolo delle Forze Armate, che dall’inizio degli anni ’90 sono impegnate seriamente anche nelle attività economiche. Analisti improvvisati da un tanto al chilo, ritengono che in questo risieda la prova di un riassetto dei poteri funzionale al nuovo gruppo dirigente che ha nei militari il nuovo fulcro. Ma una simile lettura è come minimo superficiale, legata a un’interpretazione politicista e tutta avvitata sulle suggestioni eurocentriche dell’organizzazione sociopolitica. E’ invece opinione diffusa, a Cuba, che siano proprio quelle gestite dalle FAR le attività economiche più efficienti. Del resto é questa una caratteristica peculiare di Cuba, che anche qui si rivela Paese assolutamente diverso dagli altri.
E risulta chiaro come la difesa dell’indipendenza, della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale di Cuba passi anche dalla sua capacità di far evolvere la sua economia; l’indipendenza politica non è sufficiente se non c’è quella economica. Difendere il Paese dalle aggressioni esterne, quindi, deve accompagnarsi anche con la difesa del suo modello sociale ed economico dall’erosione costante, che potrebbe altrimenti generare fenomeni d’implosione interna non meno minacciosi dell’aggressione imperiale a stelle e strisce.
E’ qui che va collocata la nuova centralità delle FAR nel processo di rilancio dell’economia. Il recupero della capacità produttiva si fonda su una diversa organizzazione del mercato del lavoro e Cuba dovrà tornare a produrre per poter di nuovo esportare. Ma non potrebbe determinarsi una battaglia vincente contro l’assenza di disciplina lavorativa e per la gestione efficace delle risorse se l’interprete migliore di queste dinamiche fosse confinata nel suo esclusivo ruolo istituzionale. Sprechi, inefficienze e abusi possono essere fortemente ridotti proprio attraverso politiche premianti e calibrate sulle necessità del consumo interno oltre che da una disciplina maggiore. Le inefficienze e gli abusi, infatti, prosperano nell’illegalità, che dapprima trasforma i diritti in privilegi e poi i privilegi in diritti acquisiti.
L’egualitarismo assoluto, icona ideologica dell’apparenza, può diventare sostanza proprio nello smascheramento della diseguaglianza intrinseca e la denuncia della sua insopportabilità é condizione primaria per affermare l’uguaglianza nei fatti. I diritti sono collettivi, le responsabilità sono (anche) personali. Non più il livellamento salariale al netto di qualunque differenza nella responsabilità sociale dell’impiego; non più la garanzia di uno stipendio a prescindere dallo svolgimento delle mansioni per le quali quello stipendio si riceve. Le politiche salariali premianti saranno la base concettuale sulla quale restituire efficienza e disciplina lavorativa. Lo Stato dovrà riprogrammare quanto e cosa produrre e, quindi, la forza lavoro necessaria allo scopo. Affidare ai privati la produzione dei servizi destinati al consumo interno è un’utile primo passo verso la modernizzazione del Paese in un contesto di rinnovamento senza abiure.
Per chi quindi si affretta a dipingere la fine del socialismo, nascondendo nelle righe la sua personale aspirazione e per chi (dalla parte talmente opposta che finisce per congiungersi alla precedente) inorridisce di fronte al cambiamento che minerebbe l’essenza socialista dell’isola, si prevedono delusioni a raffica.
L’aspetto più netto della nuova identità socialista di Cuba è quello d’identificare l’esercizio della democrazia con un sistema valoriale che propone uguali diritti, uguali doveri e uguali responsabilità.
Che traccia il cammino collettivo intendendo la società non più come somma numerica d’individui forzatamente uguali e nella sostanza diversi, ma come dimensione armonica delle diverse individualità che nello sforzo comune diventa sostanziale uguaglianza, garantendo ognuno per garantire tutti e non più tutto a tutti a prescindere dal contributo di ognuno verso il bene comune.
Il nuovo obiettivo è raggiungere gli obiettivi. La nuova dottrina è l’abolizione delle dottrine. La riforma del modello sarà la base del rafforzamento del suo sistema. E’ un vento nuovo dal sapore antico quello che soffia sul Malecon. Il socialismo è entrato nel terzo millennio e, stando a ciò che si vede, non ha alcuna intenzione di uscirne. Leggi tutto...
Etichette:
Cuba
martedì 19 aprile 2011
Comunicato stampa dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba sull’articolo della giornalista Diana Alfieri pubblicato sul quotidiano "Il Giornale" del 15 aprile 2011, in merito alle celebrazioni del 50° anniversario della fondazione dell’Associazione Nazionalele di Amicizia Italia-Cuba e della vittoria del popolo cubano contro l’invasione di Playa Giron.
L’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba celebra orgogliosamente i suoi primi 50 anni di solidarietà con la Rivoluzione cubana e non si sorprende nel leggere l’articolo della signorina Diana Alfieri che ripropone fedelmente il clichè di un giornalismo cortigiano, prezzolato e senza nessuna etica professionale.
L’articolo apparso sul quotidiano “Il Giornale” è con tutta evidenza scritto con livore e furore ideologico probabilmente per compensare il vuoto di contenuto che lo
contraddistingue. Comunque, visto che l’articolo è anche offensivo, vorremmo ricordare alla “signorina giornalista” un paio di cose che le sfuggono, forse (speriamo) a causa della sua giovane età. Quando si cita un cognome, vedi nel titolo “… tra gli ospiti la Faranda…”, dovrebbe essere citato anche il nome per non creare confusione tra i lettori, visto che tale cognome è riconducibile, se non lo si spiega, ad una nota persona condannata in passato per azioni terroristiche, che nulla ha a che vedere con l’Avvocatessa Tecla Faranda.
In merito alla seconda ospite del convegno, la dr.ssa Silvia Baraldini, la giornalista dovrebbe ricordare alcune cose ai lettori del quotidiano sul quale scrive. Silvia Baraldini ha scontato molti anni in un carcere di massima sicurezza degli Stati Uniti non per aver fatto evadere un terrorista, bensì per non aver dichiarato chi erano coloro che commisero l’azione criminosa di cui è stata ingiustamente accusata. Mettere poi in discussione la salute della Signora Baraldini è un atto vigliacco e prepotente, cosa della quale l’autrice dell’articolo dovrebbe vergognarsi. Inoltre è bene ricordare alla “giornalista” che concorsero all’estradizione di Silvia Baraldini diverse concause, non per ultima la strage del Cermis (20 morti causati dall’idiozia di un pilota USA su un aereo militare statunitense), per la quale il nostro Paese non ha potuto/saputo fare giustizia.
Ed ora veniamo alle celebrazioni.
L’Associazione Italia-Cuba nasce nel 1961 quando gli USA aggredirono
militarmente la giovane rivoluzione guidata dai “barbudos” che avevano
cacciato il dittatore Fulgencio Batista che tanta morte e miseria
aveva provocato nell’isola con il beneplacito dei governi statunitensi
dell’epoca. Ricordiamo alla signorina che ci furono manifestazioni di
appoggio e solidarietà con la giovane rivoluzione in tutta la nostra
penisola e che proprio a Milano venne ucciso per mano della
polizia lo studente Giovanni Ardizzone. A Cuba Giovanni Ardizzone
è molto amato e ricordato: a lui da molto tempo è dedicata la
Facoltà Universitaria di Medicina ospitata presso l’ospedale dell'Isola
della Gioventù, ed una sua foto è esposta nell’aula magna di Nueva
Gerona.
La CGIL di Milano come tante altre organizzazioni sindacali del
nostro paese ha contatti da molti anni con la CTC, il sindacato cubano,
che fa parte della O.I.L., (Organizzazione Internazionale del Lavoro).
Pertanto c’è poco da essere sorpresi per i rapporti che ha il più
grande sindacato italiano visto che da molti anni questo è impegnato
in progetti di solidarietà nel sud dell’isola.
La giornalista si prende gioco anche del rappresentante del governo
cubano in Italia, la Signora Ambasciatrice Carina Soto Aguero,
ci chiediamo se usa lo stesso stile quando si rivolge ad altri
ambasciatori di altri paesi. “…. Non ti curar di loro ma guarda e passa…..” scriveva Dante Alighieri perché effettivamente la Rivoluzione Cubana ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà la storia, il presente e
il futuro, mentre i mediocri continueranno a raccontare menzogne allora
come ora.
L’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba esprime tutta
la sua solidarietà al Segretario della Camera del Lavoro di Milano
Onorio Rosati per il vile attacco giornalistico a lui rivolto per
aver deciso di ospitare i festeggiamenti del 50° anniversario della
vittoria di Playa Giron e della fondazione dell’Ass.ne Italia-Cuba.
La nostra Associazione nel compiere mezzo secolo di vita riafferma il
suo impegno nel difendere la Rivoluzione cubana che continua nella
costruzione di una società socialista, avanzando nello sviluppo e
nell'aggiornamento del modello economico da seguire,e consolidando
le conquiste raggiunte ---
Segreteria Nazionale della Associaziazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba --
Leggi tutto...
Etichette:
chi siamo
domenica 17 aprile 2011
Resteremo umani ....Ciao Vik
La cosa che principalmente accomuna Cuba e Palestina, è la manipolazione e censura dei mezzi d’informazione occidentale che portano come grave conseguenza l’effetto dell’isolamento e della non denuncia delle violazioni, violenze, attacchi terroristici e soprusi a cui sono sottoposti, ormai da anni ed anni, il popolo cubano ed il popolo palestinese, a causa dello strapotere espansionistico ed imperialistico degli Stati Uniti d’America, che a loro volta, finanziano ed appoggiano anche Israele, nel caso specifico della Palestina.
A Cuba innumerevoli attacchi sono stati perpetrati dai gruppi terroristi cubano americani finanziati dal governo degli Stati Uniti. Tutti i paesi occidentali , con il loro silenzio, sono complici di questa politica aggressiva statunitense. Le persone che la stampa presenta come “dissidenti” politici sono invece mercenari finanziati dagli USA per rovesciare lo stato cubano e creare instabilità nel popolo cubano.
Nel caso della Palestina sono in corso innumerevoli aggressioni di Israele sul popolo palestinese, non si tratta di un occupazione ma di uno sterminio di un intera popolazione e di una guerra impari, fatta di bombardamenti con bombe al fosforo bianco, per es. come accade a Gaza, in cui spesso le vittime sono bambini palestinesi. I coloni e l’esercito israeliani si impossessano delle terre, delle case, dei luoghi di culto dei palestinesi, distruggono, incendiano ed uccidono sotto gli occhi di tutto il mondo, con il tacito consenso della stampa che non denuncia i gravi crimini commessi e mostra Israele come uno stato che si difende invece da attacchi palestinesi che vengono falsamente dipinti come terroristici.
Vogliamo ricordare Vittorio Arrigoni il pacifista anti-imperialista ucciso ieri con le sue stesse parole, tratte dal blog guerrillaradio.iobloggo.com su cui ha continuato a scrivere fino al momento di esser rapito:
“Guerriglia alla prigionia dell'Informazione. Contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile. La brama di Verità prima di ogni anelito, l'abrasiva denuncia, verso la dissoluzione di ogni soluzione precostituita, L'infanticidio di ogni certezza indotta. La polvere nera della coercizione entro le narici di una crisi di rigetto. L'abbuffata di un pasto nudo, crudo amaro quanto basta per non poter esser digerito”.
Leggi tutto...
Etichette:
chi siamo
martedì 22 marzo 2011
Comunicato stampa dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia - Cuba
“ Quando l’ipocrisia comincia a essere di pessima qualità, è ora di incominciare a dire la verità.” Bertolt Brecht
Non siamo mai stati dalla parte del colonnello Gheddafi e, per il nostro modo di pensare, non lo saremo mai.
Ma non siamo mai stati né mai lo saremo dalla parte di chi, facendosi scudo con la propria ipocrisia, vuol far credere di avere a cuore la protezione della vita del popolo libico: meschini interessi economici per il dominio del petrolio mascherati da preoccupazione per i diritti umani.
La recente storia ci ha insegnato che coloro che oggi si ergono a portabandiera dei diritti dei popoli sono gli stessi che per anni hanno massacrato civili in tutto il mondo. Dal sostegno a tutte le dittature nell’America Latina agli eccidi perpetrati contro il popolo palestinese. Dai bombardamenti indiscriminati sulle città irakene alle stragi di innocenti civili in Afghanistan. E la lista potrebbe continuare.
Eppure, ad esempio, esistono risoluzioni delle Nazioni Unite che nessuno dei nostri governanti ha mai chiesto fossero rispettate: di condanna per l’occupazione dei territori palestinesi; di condanna (diciannove risoluzioni) per l’illegale blocco a Cuba; contro i paesi che ospitano o sostengono i terroristi. Per quale motivo?
Ai nostri governanti piace molto riempirsi la bocca con la parola pace. Ricordiamo loro che il primo passo per avere la pace nel mondo è quello della non-ingerenza nei fatti interni di una nazione e il secondo è quello di utilizzare i propri eserciti solo per difendere i confini nazionali, a meno che non vi sia una richiesta di aiuto da parte di un governo legittimo.
Segreteria Nazionale
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
Leggi tutto...
Etichette:
chi siamo
martedì 15 marzo 2011
Libertà per i cinque con Silvia Baraldini.
di Marcello Pesarini
“I cinque compagni possono essere liberati come fu per me. Una pressione continua, convinta, da parte dei compagni e dei democratici di tutto il mondo può influenzare il governo USA: non provarci sarebbe sbagliato”. Dalle parole di Silvia Baraldini, all’assemblea organizzata da Italia-Cuba ad Ancona per la liberazione dei 5 cubani detenuti nelle prigioni USA dal 12 settembre 1998 con l’accusa di spionaggio, quando stavano cercando di sventare gli attentati dei cubani anticastristi viventi negli USA, ricaviamo una conferma della necessità di unire cuore e ragione nel nostro impegno.
L’iniziativa, introdotta dalla presentazione di Albina Caldarelli, segretaria del circolo di Senigallia, entra con le sue parole nella “Isla”: i gemellaggi tra i coordinamenti regionali dell’associazione e le province cubane sono testimonianze di cooperazione nelle quali gli aiuti per superare il “bloqueo” permettono ad uno dei sistemi sanitari più avanzati e capillari del mondo di continuare nel suo servizio verso la popolazione cubana, ma anche verso i cooperanti. Giulia Torbidoni, collaboratrice del Manifesto, introduce Silvia ricordando come lei sia stata una delle prime vittime, sempre negli USA, della legislazione Rico nata contro le trame mafiose, durante la sua militanza rivoluzionaria. Ora è lei, la donna condannata ingiustamente a 43 anni di carcere duro nel 1983, tornata a finire di scontare la sua pena in Italia solo nel 1999, e liberata grazie all’indulto nel 2006, che si emoziona parlando di Assata Shakur, la militante nera alla cui liberazione aveva contribuito, a ringraziare quella donna, perché con le sue azioni ha reso utili e significative anche quelle di Silvia. Nell’emozione del suo racconto trova spazio la condanna alla stupidità delle istituzioni totali come le carceri, che se indirizzate solo ad annullare il detenuto non solo sono incostituzionali ( vedi art.27, rieducazione) ma non rispondono neanche al bisogno sempre più indotto di sicurezza. Si collega alla situzione marchigiana Marcello Pesarini dell’Osservatorio marchigiano sulle carceri, citando la scuola di approfondimento aperta da Ristretti Orizzonti e leggendo un brano di Graziano Scialpi, detenuto morto recentemente, spesso accusato di simulazione. Silvia risponde alle domande di chi si chiede perché mai gli USA siano considerati in Italia come patria della democrazia, e le fa eco Roberto Mancini, capogruppo di Partecipazione a Senigallia, insegnante fra gli insegnanti che difendono e vogliono riproporre la scuola pubblica come investimento verso le nuove generazioni e verso la democrazia: la libertà e la dignità non si mettono sulla bilancia con nulla, sono intoccabili. Proseguono i racconti, gli scambi di regali, anche la sciarpa dell’associazione polisportiva Assata Shakur da anni attiva in Ancona nell’antirazzismo, le domande irrisolte, i salti di generazione, ma lei si alza, prima di dare spazio alla cena sociale, e ci ricorda: il 5 di ogni mese scrivete alla Casa Bianca per chiedere la liberazione di Ramon, Renè, Fernando, Gerardo, Antonio, perché se gli USA vedono che il movimento non è episodico ne possono tenere conto. Lo dovremmo fare per le cose a cui teniamo di più in questo momento: essere costanti e, quando non va bene, interrogarci sul perché. Grazie, Silvia. Leggi tutto...
Etichette:
I cinque eroi,
iniziative circolo
giovedì 10 marzo 2011
13 anni d'ingiustizia!
Silvia Baraldini ad Ancona per parlare dei 5 cubani imprigionati da 13 anni negli Usa
Sabato 12 marzo, alle 18, al circolo Germontari l’incontro con l’attivista italiana
Silvia Baraldini ad Ancona. Sabato prossimo, 12 marzo, alle ore 18, l’attivista italiana per i diritti civili dei neri, studiosa ed esperta del continente americano, sarà al circolo operaio Germontari – Arci (via colle verde, 2 – zona Grazie), per parlare della vicenda dei 5 cubani antiterroristi, da tredici anni rinchiusi ingiustamente nelle prigioni statunitensi. L’iniziativa è stata organizzata dal circolo “Sado Sadovski” di Senigallia dell’Associazione nazionale di amicizia Italia – Cuba e sarà l’occasione per parlare, a partire dalla vicenda dei 5 cubani e di Silvia Baraldini, di carcere e ingiusta detenzione.
La vicenda inizia nel 1998 quando 5 cittadini cubani vengono incarcerati negli Usa con l’accusa di cospirazione. I cinque si trovavano a Miami per monitorare le attività dei gruppi terroristi che risiedono e operano dalla Florida contro l’isola delle Antille. Nel 2005 la storia dei cubani viene esaminata da un Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite che, a conclusione delle indagini, definisce la loro detenzione “arbitraria e in contrasto con l’articolo 14 della Convenzione internazionale dei diritti civili e politici della quale fa parte gli Stati Uniti”. Non solo. Secondo l’Onu, il processo con cui sono stati condannati non si è svolto “con le norme del processo giusto” e, quindi, il governo degli Usa deve “adottare i mezzi necessari per porre rimedio a questa situazione”. L’anno seguente, anche la Corte d’Appello di Atlanta ha chiesto l’annullamento del processo del 1998. Ad oggi, però, i 5 cubani sono ancora imprigionati negli Stati Uniti.
Una vicenda, quella dei 5 cubani, che si accosta a quella di Silvia Baraldini. Membro del partito rivoluzionario delle Black Panther Party che lottava per i diritti civili dei neri, fu condannata nel 1983 a 43 anni di reclusione per concorso in evasione, associazione sovversiva e ingiuria al tribunale per non avere denunciato gli altri membri del movimento comunista “19 maggio” di cui faceva parte.
Una pena considerata da molti sproporzionata e ingiusta. Alla Baraldini, inoltre, venne applicata la legge Rico, usata nei casi di mafia, che prevedeva di fare scontare a una singola persona le accuse contestate all’intero gruppo di appartenenza.
Dopo 16 anni di carcere negli Stati Uniti, nel 1999 Silvia Baraldini è tornata in Italia grazie all’impegno dell’allora ministro di Grazia e Giustizia Oliviero Diliberto. Nel 2006, per effetto dell’indulto, è stata scarcerata, anticipando di 2 anni l’uscita di prigione.
Dunque, l’ingiusta detenzione sarà al centro dell’incontro di sabato pomeriggio. Tema a cui si aggiungerà la riflessione sull’attuale situazione delle carceri italiane, tra sovraffollamento e difficoltà di garantire i diritti fondamentali ai detenuti.
All’incontro interverranno anche Roberto Mancini, capogruppo di Partecipazione al Comune di Senigallia e Marcello Pesarini dell’Osservatorio permanente sulle carceri.
La serata si concluderà con una cena (€ 20) il cui ricavato andrà a sostegno della campagna di informazione sul caso dei 5 cubani. (Info e prenotazioni ai numeri 333 3806715 – 335 423701 – 339 8242575 – 333 3745938)
Leggi tutto...
Etichette:
I cinque eroi,
iniziative circolo
domenica 6 marzo 2011
E' scomparso Alberto Granado.
Nel 1951 Alberto Granado, con l'amico Ernesto Guevara, salì su una vecchia moto e partì per un viaggio attraverso l'America latina che avrebbe segnato il destino di entrambi, mettendoli di fronte al degrado e alla miseria di tanta parte della popolazione. Al loro ritorno, Ernesto avrebbe imboccato la strada dell'impegno rivoluzionario e Alberto si sarebbe dedicato alla cura dei lebbrosi. Si ritrovano nel 1961 nella Cuba conquistata da Fidel Castro, dove il comandante Che Guevara si era ormai stabilito. All'invito del compagno, Alberto lasciò il suo lavoro all'università di Caracas e si trasferì nell'isola, dove aprì una scuola di medicina e partecipò con entusiasmo alla costruzione di una nuova società.
Alberto Granado è scomparso oggi all'Avana all'età di 88 anni. Leggi tutto...
Etichette:
Cuba
mercoledì 2 marzo 2011
Le affermazioni di Vendola viste da una cubana in italia
di Lioneisy Savon
Pensavo di scrivere anch'io un post sull'argomento, ma vedo che sono stata anticipata e la cosa non può che farmi piacere. Quindi diffondo sotto, sperando di fare cosa gradita, il comunicato dell'Associazione Italia-Cuba, che commenta in modo particolarmente chiaro e deciso le ultime parole di Niki Vendola su Cuba. Ciò che mi preoccupa, e lo ritengo piuttosto allarmante per il futuro della democrazia italiana, è che se uno come Vendola, che è una persona onesta, intelligente e che stimo, la pensa così su Cuba, non oso immaginare come la pensino tutti quei politici italiani che non stimo affatto.
Lasciatemi quindi rivolgere alcune parole a loro, a quei politici e intellettuali italiani, specie di sinistra, che a volte con troppa leggerezza criticano Cuba. Smettetela di guardarci dall'alto in basso, chi è costretto a difendersi quotidianamente dagli attacchi di un gigante come quello statunitenste, non ha tante frecce al proprio arco e fa di necessità virtù. C'è molto ma molto di peggio al mondo contro cui scagliarsi. Informatevi prima di parlare. Se c'è un paese dove pace, libertà e indipendenza sono fattivamente perseguite e difese con le unghie e i denti, quella è Cuba. E' molto facile, quanto immorale, con i vostri canoni e cannoni di giudizio da salotto, sparare a zero su un paese autarchico che pur nelle difficoltà e ostacoli artificiali a cui è continuamente e sadicamente sottoposto dall'esterno, sopravvive con dignità. I cubani, se andiamo in profondità, sono più liberi di molti italiani. La vostra è il più delle volte una falsa ricchezza e di conseguenza una falsa libertà. Noi siamo poveri ma generosi, solidali e onesti. Noi che, nonostante un embargo economico che dura da 40 anni, stiamo in piedi grazie all'orgoglio combattivo e imperterrito del nostro Lider Maximo e del nostro multietnico popolo creolo.
Comunicato stampa dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba in risposta alle affermazioni di Nichi Vendola su Cuba
In alcuni quotidiani del 28 febbraio 2011 sono stati pubblicati stralci dell’intervento di Nichi Vendola alla Convention (sic!) di SEL al Palatenda di Roma. In uno di questi passaggi sono riportate le seguenti parole: “Io che ho amato il volto del Che dico che libertà e democrazia sono temi che devono valere anche per Cuba, se non ora, quando?”.
Dispiace constatare, una volta ancora, che un politico di professione, per di più di sinistra, dimostri una così scarsa conoscenza riguardo a questi due concetti, quando si parla di Cuba.
Il popolo cubano ha conquistato la propria libertà il 1° gennaio 1959, dopo una lotta di trent’anni contro il colonialismo spagnolo, poi di altri sessant’anni contro i governi o i dittatori imposti dagli Stati Uniti.
Il sistema democratico cubano ha il suo fondamento nella Costituzione della Repubblica di Cuba, approvata il 15 febbraio 1976 attraverso un referendum - con voto libero, uguale, diretto e segreto - dal 97.7 % dei voti della popolazione cubana. Lo scrutinio ha riportato questo risultato: su 5.602.973 elettori, 5.473.534 hanno votato “sì” e 54.070 “no”.
Dalla Costituzione deriva la Legge Elettorale che stabilisce che ogni cittadino cubano può essere eletto Delegato a un’Assemblea Municipale o a un’Assemblea Provinciale purché abbia compiuto 16 anni. Per essere eletto Deputato all’Assemblea Nazionale (Parlamento) occorre che abbia compiuto 18 anni.
Il Partito Comunista di Cuba non partecipa alle elezioni e non propone candidati.
La democrazia cubana è un sistema che garantisce ai propri cittadini non solo la possibilità di eleggere e di essere eletti, ma anche un ruolo attivo nella proposizione, nella scelta e nel controllo dell'operato dei propri rappresentanti istituzionali.
Ogni carica istituzionale, a qualsiasi livello, decade al termine di un mandato stabilito da una Costituzione approvata direttamente dal popolo cubano. Attraverso il processo elettorale i cittadini cubani possono decidere di confermare o di sostituire i propri rappresentanti.
L’aspetto economico non incide minimamente sul risultato delle elezioni, in quanto ogni candidato non deve spendere neppure un centesimo per la propria propaganda elettorale. Inoltre, chi viene eletto non ha nessun tornaconto economico dato che continua a percepire lo stesso stipendio, come se si trovasse al suo posto di lavoro.
La presenza di un cospicuo numero di donne elette al Parlamento – il 43 % nelle elezioni di gennaio 2008 – costituisce un indice di emancipazione e di uguaglianza nella società cubana, percentuale che pone Cuba ai primissimi posti nel mondo tra i paesi con maggiore presenza femminile nel Parlamento.
La partecipazione in massa dell’elettorato a tutte le elezioni dal 1976 fino a oggi – una trentina tra Nazionali, Provinciali e Municipali - sempre di gran lunga oltre il 95 % degli aventi diritto al voto pur non essendo obbligatorio andare a votare, dimostra che la trasparenza, la legalità e l’attaccamento del popolo a questo sistema sono inequivocabili.
I risultati delle ultime elezioni del 20 gennaio 2008 comprovano la solidità della Rivoluzione: le schede depositate nelle urne sono state 8.231.365 pari al 96.9 % degli aventi diritto al voto. Di queste, le schede ritenute valide sono state il 95.3 %, quelle bianche il 3.7 % e quelle annullate solamente l'1 %.
Il signor Vendola ha tutto il diritto di non gradire il sistema vigente a Cuba, ma lasci almeno al popolo cubano il diritto di stabilire se la propria sia una società libera e democratica.
Segreteria Nazionale
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba Leggi tutto...
lunedì 28 febbraio 2011
Ancona 12 marzo incontro con Silvia Baraldini.
Invitiamo gli iscritti, i simpatizzanti ed i cittadini tutti
SABATO 12 MARZO
c/o Circolo operaio GERMONTARI–ARCI Via colle Verde, 2
ZONA GRAZIE ANCONA
ad un dibattito politico e ad una cena sociale con
SILVIA BARALDINI
Programma della serata:
Ore 18:00 dibattito con l’attivista italiana simbolo della lotta anticapitalista, bandiera dei movimenti antagonisti, comunisti e libertari che ha trascorso più di 16 anni nelle carceri USA sul tema
13 anni di ingiustizia!
L’odissea dei 5 antiterroristi cubani
dal 12 settembre 1998 tenuti prigionieri negli USA.
Introduce: ALBINA CALDARELLI segretaria del circolo Italia-Cuba
coordina: GIULIA TORBIDONI giornalista, collaboratrice de “il manifesto”
intervengono: ROBERTO MANCINI capogruppo di Partecipazione al comune di SENIGALLIA
MARCELLO PESARINI osservatorio permanente sulle carceri MARCHE onlus
Ore 20:30 cena di finanziamento della campagna d’informazione sui 5
Info e prenotazioni cena (entro il 10 marzo) ai numeri:
Albinella 333 3806715 - Rosalba 335 423701 - Giuseppe 339 8242575 - Maurizio 333 3745938 Leggi tutto...
Etichette:
I cinque eroi,
iniziative circolo
venerdì 11 febbraio 2011
Cuba, ora, può entrare in linea con il mondo.
Leonardo Padura Fuentes*, L'Avana
Il cavo di fibra ottica che permetterà la connessione piena di Cuba al sistema mondiale di telecomunicazioni ha cominciato la sua strada sul fondo del mar dei Caraibi. Dalle coste del Venezuela fino a una spiaggia sud-orientale dell'isola, il cavo dovrà percorrere milleseicento chilometri, un progetto che costerà più di sessantatre milioni di dollari.
I benefici pratici dell'operazione, tuttavia, sono garantiti: una volta connessa attraverso il cavo, Cuba cesserà di dipendere dalla più costosa e lenta comunicazione satellitare e fruirà di una velocità di trasmissione pari a 320 gigabytes in ciascuna delle due paia di fibra ottica, per cui aumenterà di tremila volte la sua capacità di trasmettere dati, voci e immagini. Inoltre, il paese potrà ricevere segnali telefonici e televisivi.
Questo progetto, sostenuto dai governi di Cuba, Venezuela e Giamaica, fa parte del «Sistema internazionale di telecomunicazioni Alba I» ed è uno dei vari programmi di collaborazione fra i paesi della regione affiliati nel blocco dell'«Alternativa bolivariana per le Americhe». La conclusione di questo impegno è prevista per i primi mesi delle seconda metà dell'anno e allora si produrrà la scintilla che metterà le telecomunicazioni cubane al livello oggi esistente in quasi tutto il pianeta. Ovvero «in linea con il mondo», secondo lo slogan dell'Impresa cubana delle telecomunicazioni.
Intorno a questi fatti e dati concreti, cominciano allora a sorgere i più diversi interrogativi rispetto al modo in cui la nuova capacità di connessione sarà amministrata dalle autorità dell'isola, vista la problematica relazione esistita finora fra la società cubana e la connessione al cyberspazio.
Il primo paradosso viene dalla quantità di computer privati che esistono a Cuba, probabilmente una delle più basse al mondo in rapporto all'alto livello educazionale e informatico su cui conta il paese. Solo fino a tre anni fa, l'acquisizione di un computer e relative componenti presenti sul mercato delle vendite al minuto, era proibita per i cittadini cubani, anche se la loro importazione era già consentita dopo essere stata limitata per lungo tempo (come anche l'uso dei telefoni cellulari). Questa barriera, via via aggirata attraverso strade alternative come quella di acquisire un computer tramite uno straniero residente nell'isola, o tramite una istituzione cubana con licenza di accedervi, o per mezzo di qualche impresa a capitale misto, aveva (e ha) come secondo inconveniente il fatto che un computer arrivi a vendersi a prezzi (più di cinquecento pesos convertibili, più o meno quattrocento euro) che risultano impossibili per la maggioranza dei cittadini che dipendono da un salario statale pari più o meno a venticinque pesos convertibili mensili (venti euro).
Ancor più complesso è stato - ed è - il rapporto fra i cubani e le comunicazioni per via digitale. Fino a quando non si produrrà la connessione del cavo di fibra ottica, il paese continuerà a dipendere unicamente dal satellite, più caro e lento, dal momento che il ricorso alla fibra ottica era stato impedito anch'esso dall'embargo imposto dagli Stati uniti (il cavo che unisce Miami a Cancún, in Messico, passa a soli trenta chilometri dalle coste cubane). Questa realtà pratica e tecnologica è stata quella che ha impedito, finora, la possibilità di un maggiore accesso dei cubani ai benefici di internet e alla comunicazione attraverso la posta elettronica, a cui il governo ha dato un «uso sociale» privilegiando istituzioni e centri di lavoro rispetto a individui e privati.
E' per questa ragione che solo attraverso un account e un server intestati a un'istituzione dello stato o del governo o a una entità riconosciuta, i cubani possono avere accesso a diversi tipi di comunicazione, che vanno dalla posta elettronica con o senza uscita internazionale, o dall'ingresso a una rete interna (intranet) fino all'entrata nella rete internazionale, ma solo nel caso di persone (fra anch'io) a cui è stato permesso per ragioni di lavoro.
La nuova situazione che si aprirà una volta avviata la connessione di Cuba al cavo di fibra ottica, cambierà radicalmente (o almeno di tremila volte ) lo stato di cose attuale e, potenzialmente, potrà consentire l'accesso alla rete a tutti coloro che sono interessati (e che hanno la possibilità materiali di farlo), una volta superate le difficoltà tecnologiche che lo impedivano. Quindi, molto presto il rapporto dei cubani con la comunicazione digitale dipenderà solo dalla volontà politica con cui il governo affronterà queste realtà e le relative sfide che un accesso aperto all'informazione e alle comunicazioni implicano per un paese come Cuba.
Per una società moderna e contemporanea, il pieno ingresso ai canali informativi della rete è, più che una comodità, una necessità in cui si misura il suo sviluppo. Il mondo di oggi ha superato l'era industriale per entrare in una nuova tappa storica, l'era digitale, nella quale molti codici economici, sociali e anche politici si vanno trasformando, rivedendo, disfacendo, e l'uso delle comunicazioni cibernetiche disimpegna un ruolo decisivo in questo processo di carattere globale.
Nel pieno della politica di riordianemento economico che si è avviata a Cuba, con le conseguenti modificazioni che l'economia (meno centralizzata, più aperta agli investimenti stranieri, con notevole partecipazione del capitale privato) provocherà nella sfera sociale, l'entrata completa dei cittadini cubani nella trama delle comunicazioni digitali rappresenta (e sempre ha rappresentato) un passo avanti per il presente e per il futuro economico e sociale del paese...
Intanto, il cavo si avvicina all'isola e, insieme a lui, fatti incontesabili e domande a cui rispondere.
* Scrittore e giornalista cubano
**©Ips-il manifesto. Leggi tutto...
Etichette:
Cuba
lunedì 31 gennaio 2011
L'attualità di Marx.
Un operaio FIAT che lavora alla catena di montaggio percepisce mediamente un salario lordo mensile di 1750 euro. Il che equivale a dire che quell’operaio a fine anno si mette in tasca (si fa per dire) approssimativamente 22750 euro (tredicesima compresa). Stando ai dati sulla produttività FIAT, il nuovo totem padronale a cui sacrificare i diritti e salari, quello stesso operaio lavorando 40 ore a settimana nello stabilimento di Mirafiori in un anno costruisce l’equivalente di 24 Punto. Mettiamo ora il caso che al nostro operaio durante l’anno preso in esame non vengano fatte pagare le tasse (per par condicio con i padroni che lo fanno sistematicamente), che riesca a non spendere per (sopra)vivere nemmeno un centesimo del suo salario e che dopo tante rinunce decida di comprare le automobili che ha materialmente prodotto. Col suo salario annuale quante Punto riuscirà ad acquistare? Stando ai prezzi di listino attuali ognuna delle 24 macchine che lui ha prodotto vengono vendute a 11.900 euro (modello base), per cui a conti fatti non se ne potrebbe portare a casa nemmeno 2 (per la precisione 1,91). E le altre 22 che fine fanno? Ovviamente se le intasca il padrone perchè quello è il plusvalore che è riuscito ad estorcere a quell’operaio. Ora, sempre stando ai dati diffusi da Marchionne nello stabilimento polacco di Tichy, quello che questa estate veniva agitato come uno spauracchio su cui far convergere gli investimenti in caso di mancato accordo a Pomigliano, un operaio in un anno produce circa 98 Fiat-500. Rifacciamo dunque gli stessi conti visti prima tenendo però presente a quanto corrisponde il salario annuo lordo di un operaio polacco con una discreta anzianità (32523 Zloty = 8400 euro) e quant’è il prezzo di listino del modello base della Fiat-500 in Polonia (50500 Zloty = 13043 euro). Quindi a fine anno l’operaio polacco di auto se ne potrebbe comprare al massimo 0,5, mentre la quota di plusvalore estorta dal padrone sale a 96,5 automobili. Questa differenza del livello di sfruttamento (dietro cui ci sono ritmi più o meno intensi, orari più o meno lunghi, turni più o meno umani…) è il portato di decenni di lotte operaie, di scontro tra Capitale e Lavoro, ed è proprio questo il gap che Marchionne si propone di colmare. Al di la della falsa retorica efficientista e modernizzatrice l’orizzonte verso cui muove l’ad della FIAT è quello della completa restaurazione del modello ottocentesco delle relazioni industriali, e nel far questo il buon Marchionne si pone di fatto come testa di ponte per il resto del padronato italiano. Questo spiega anche il valore e la centralità non solo e non prettamente simbolica dello scontro in atto alla FIAT, e spiega pure l’importanza che assume in questo momento lo sciopero di ieri al di la delle sigle e delle appartenenze sindacali. Uno sciopero di categoria che dev’essere interpretato come un passaggio verso lo sciopero generale (e generalizzato).
PS prima che qualche purista del marxismo si risenta è ovvio che la definizione del concetto di plusvalore che abbiamo fornito è estremamente semplificata e rozza, del resto è anche vero che tutti gli esempi lo sono. Leggi tutto...
Etichette:
chi siamo
domenica 16 gennaio 2011
Seremos como el Che! Grazie compagni di Mirafiori.
Davanti a tutti i pericoli, davanti a tutte le minacce, le aggressioni, i blocchi, i sabotaggi, davanti a tutti i seminatori di discordia, davanti a tutti i poteri che cercano di frenarci, dobbiamo dimostrare, ancora una volta, la capacità del popolo di costruire la sua storia. Ernesto 'Che' Guevara (da Opere, v. 3, pt. 1)
Nonostante il ricatto di Marchionne, la campagna mediatica monocorde e l’appoggio bipartisan di PD e PDL GLI OPERAI DI MIRAFIORI HANNO VOTATO NO. Su 5139 votanti 2735 si sono espressi per il SI, 2325 per il NO, mentre le schede bianche o nulle sono state 79. Ma se a questi numeri sottraiamo il voto dei colletti bianchi, dei capi, degli ingegneri, dei cronometristi, insomma di chi campa sulle spalle di chi lavora, allora la situazione si ribalta. Perchè, dati alla mano, gli impiegati hanno votato compatti per il SI, 421 contro 20. Per cui se sottraiamo questi numeri a quelli complessivi si possono facilmente esplicitare i dati del voto operaio: 2305 NO e 2314 SI. Crediamo che questo sia un risultato enorme, soprattutto se si considerano le condizioni di ricatto in cui è maturato, un punto da cui ripartire. Per il padronato e per i suoi servi si tratta invece di una vittoria di Pirro, uno smacco. Perchè al di la delle dichiarazioni di facciata questi signori sanno bene che in una situazione del genere la fabbrica è difficilmente governabile. Perchè anche chi ha votato a favore dell’accordo lo ha fatto perchè costretto dalla paura e perchè il sindacalismo giallo ha dimostrato ancora una volta di non rappresentare o controllare quasi nessuno. L’imperatore Marchionne sarà quindi costretto a fare i conti con i ribelli, come nella cartografia dell’antica Roma negli uffici del Lingotto dopo Pomigliano compariranno leoni anche sopra Mirafiori, per indicare che quella fabbrica non è stata pacificata, che dentro ci sono operai che hanno lottato e che continueranno a farlo.Venceremos!
Dal sito www.ilmanifesto.it – di Rocco Di Michele.
Il risultato che il “fronte del no”, prima del voto, avrebbe sottoscritto senza problemi come una vittoria. Ma che dopo i quattro seggi del reparto montaggio – i “no” avevano prevalso in modo decisamente inatteso col 53% – suona come una beffa. Alla fine i “sì” hanno prevalso solo grazie al voto degli impiegati (421 favore, 20 contro), i meno toccati dall”accordo” nelle condizioni di lavoro.
La conclusione è giunta verso le sette di mattina, dopo una lunga notte in cui le operazioni sono andate decisamente a rilento anche a causa del “giallo” della sparizione di 58 schede al seggio numero 8, uno dei quattro del reparto montaggio. Poi si è visto che in realtà la commissione elettorale aveva sbagliato al momento della vidimazione delle schede, timbrandone appunto 58 in più. Questo dato cambia anche quello sull'affluenza: invece del 96,07% registrato inizialmente, in totale ha votato il 94,89 degli aventi diritto (5,154 lavoratori).
Dunque, come ha detto a caldo il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Airaudo, «bisogna apprezzare il grande coraggio e l'onestà di una grandissima parte dei lavoratori di Mirafiori che hanno detto di no all'accordo. Gli operai delle linee di montaggio hanno detto di no. Di fatto sono stati decisivi gli impiegati che a Mirafiori sono in gran parte capi e struttura gerarchica».
Come e meglio di Pomigliano (dove i “no” avevano raggiunto un 36% impensabile all'inizio), il risultato non permette a Marchionne di prendere cappello e chiudere la fabbrica, ma gli consegna un corpo sociale che nella sua maggioranza “vera” (gli operai di linea, quelli che “fanno” la macchina) non è affatto piegato al suo volere e lo ha detto con forza.
Per poter dare una valutazione seria di questo risultato occore ricordare che il fronte dei sindacati pro-accordo (Fim Cisl, Uilm, Ugl, Fismic) aveva prima di ieri il 71% dei voti nelle Rsu, mentre il “fronte del no” (Fiom, in primo luogo, più Cobas e Usb) soltanto il 29. Si è quindi verificato un “quasi” perfetto rovesciamento degli equilibri interni a questa fabbrica, da molti anni dipinta come “rassegnata” e ormai estranea al conflitto sociale.
Se riguardiamo il film dei giorni scorsi, fino al voto, dobbiamo ricordare le centinaia di persone, uomini e donne spesso in lacrime, che spiegavano alle telecamere che avrebbero detto “sì” solo perché messi di fronte a un ricatto in piena regola, un autentico “o la borsa o la vita”. Dobbiamo quindi sapere tutti – Marchionne, i “sindacati complici”, l'inguardabile classe politica di questo paese – che persino in questo microcosmo di 5.400 persone messe con le spalle al muro non trova “consenso” autentico uno imbarbarimento delle vite e un annullamento dei diritti che vuol riportare il lavoro nelle condizioni degli inizi dell'800.
Di fatto dunque, e non per paradosso, si tratta del risultato peggiore possibile per i sostenitori di questa “modernizzazione” a rovescio: dovete fare quel che avete detto, ma sapendo di avere la maggioranza contro. Qui, nel paese del bunga-bunga e dell'affidarsi a qualche santo.
Da questo dato prende una spinta decisiva anche tutto il movimento che va preparando lo sciopero generale dei metalmeccanici del 28 gennaio: “vincere è possibile”, come aveva spiegato Maurizio Landini prima del voto. Bisogna smetterla di farsi inchiodare dalla paura e dal pessimismo sistematico. In fondo, ci sono già riusciti a Tunisi...
Leggi tutto...
Nonostante il ricatto di Marchionne, la campagna mediatica monocorde e l’appoggio bipartisan di PD e PDL GLI OPERAI DI MIRAFIORI HANNO VOTATO NO. Su 5139 votanti 2735 si sono espressi per il SI, 2325 per il NO, mentre le schede bianche o nulle sono state 79. Ma se a questi numeri sottraiamo il voto dei colletti bianchi, dei capi, degli ingegneri, dei cronometristi, insomma di chi campa sulle spalle di chi lavora, allora la situazione si ribalta. Perchè, dati alla mano, gli impiegati hanno votato compatti per il SI, 421 contro 20. Per cui se sottraiamo questi numeri a quelli complessivi si possono facilmente esplicitare i dati del voto operaio: 2305 NO e 2314 SI. Crediamo che questo sia un risultato enorme, soprattutto se si considerano le condizioni di ricatto in cui è maturato, un punto da cui ripartire. Per il padronato e per i suoi servi si tratta invece di una vittoria di Pirro, uno smacco. Perchè al di la delle dichiarazioni di facciata questi signori sanno bene che in una situazione del genere la fabbrica è difficilmente governabile. Perchè anche chi ha votato a favore dell’accordo lo ha fatto perchè costretto dalla paura e perchè il sindacalismo giallo ha dimostrato ancora una volta di non rappresentare o controllare quasi nessuno. L’imperatore Marchionne sarà quindi costretto a fare i conti con i ribelli, come nella cartografia dell’antica Roma negli uffici del Lingotto dopo Pomigliano compariranno leoni anche sopra Mirafiori, per indicare che quella fabbrica non è stata pacificata, che dentro ci sono operai che hanno lottato e che continueranno a farlo.Venceremos!
Dal sito www.ilmanifesto.it – di Rocco Di Michele.
Il risultato che il “fronte del no”, prima del voto, avrebbe sottoscritto senza problemi come una vittoria. Ma che dopo i quattro seggi del reparto montaggio – i “no” avevano prevalso in modo decisamente inatteso col 53% – suona come una beffa. Alla fine i “sì” hanno prevalso solo grazie al voto degli impiegati (421 favore, 20 contro), i meno toccati dall”accordo” nelle condizioni di lavoro.
La conclusione è giunta verso le sette di mattina, dopo una lunga notte in cui le operazioni sono andate decisamente a rilento anche a causa del “giallo” della sparizione di 58 schede al seggio numero 8, uno dei quattro del reparto montaggio. Poi si è visto che in realtà la commissione elettorale aveva sbagliato al momento della vidimazione delle schede, timbrandone appunto 58 in più. Questo dato cambia anche quello sull'affluenza: invece del 96,07% registrato inizialmente, in totale ha votato il 94,89 degli aventi diritto (5,154 lavoratori).
Dunque, come ha detto a caldo il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Airaudo, «bisogna apprezzare il grande coraggio e l'onestà di una grandissima parte dei lavoratori di Mirafiori che hanno detto di no all'accordo. Gli operai delle linee di montaggio hanno detto di no. Di fatto sono stati decisivi gli impiegati che a Mirafiori sono in gran parte capi e struttura gerarchica».
Come e meglio di Pomigliano (dove i “no” avevano raggiunto un 36% impensabile all'inizio), il risultato non permette a Marchionne di prendere cappello e chiudere la fabbrica, ma gli consegna un corpo sociale che nella sua maggioranza “vera” (gli operai di linea, quelli che “fanno” la macchina) non è affatto piegato al suo volere e lo ha detto con forza.
Per poter dare una valutazione seria di questo risultato occore ricordare che il fronte dei sindacati pro-accordo (Fim Cisl, Uilm, Ugl, Fismic) aveva prima di ieri il 71% dei voti nelle Rsu, mentre il “fronte del no” (Fiom, in primo luogo, più Cobas e Usb) soltanto il 29. Si è quindi verificato un “quasi” perfetto rovesciamento degli equilibri interni a questa fabbrica, da molti anni dipinta come “rassegnata” e ormai estranea al conflitto sociale.
Se riguardiamo il film dei giorni scorsi, fino al voto, dobbiamo ricordare le centinaia di persone, uomini e donne spesso in lacrime, che spiegavano alle telecamere che avrebbero detto “sì” solo perché messi di fronte a un ricatto in piena regola, un autentico “o la borsa o la vita”. Dobbiamo quindi sapere tutti – Marchionne, i “sindacati complici”, l'inguardabile classe politica di questo paese – che persino in questo microcosmo di 5.400 persone messe con le spalle al muro non trova “consenso” autentico uno imbarbarimento delle vite e un annullamento dei diritti che vuol riportare il lavoro nelle condizioni degli inizi dell'800.
Di fatto dunque, e non per paradosso, si tratta del risultato peggiore possibile per i sostenitori di questa “modernizzazione” a rovescio: dovete fare quel che avete detto, ma sapendo di avere la maggioranza contro. Qui, nel paese del bunga-bunga e dell'affidarsi a qualche santo.
Da questo dato prende una spinta decisiva anche tutto il movimento che va preparando lo sciopero generale dei metalmeccanici del 28 gennaio: “vincere è possibile”, come aveva spiegato Maurizio Landini prima del voto. Bisogna smetterla di farsi inchiodare dalla paura e dal pessimismo sistematico. In fondo, ci sono già riusciti a Tunisi...
Leggi tutto...
Etichette:
chi siamo
Iscriviti a:
Post (Atom)